Il Tar Liguria ha accolto ricorso della società Marzo Srl di Antonio Marzo (rappresentante degli autotrasportatori), annullando la deliberazione con la quale il consiglio comunale aveva bocciato la proposta di variante del piano regolatore per la realizzazione di un capannone per lo smistamento merci a Piani. Il Comune di Imperia è stato inoltre condannato al pagamento di 3 mila euro di spese legali.
Una sentenza che, certamente, è destinata a provocare polemiche e discussioni.
All’origine del provvedimento del Tar Liguria, in particolare, due motivi.
– Il parere preventivo del Consiglio comunale non era richiesto.
– Nessuna motivazione sorregge il dissenso manifestato sulla base dell’esito della votazione. L’impugnata deliberazione consiliare è irrimediabilmente viziata sotto il profilo della carenza di motivazione e della contraddittorietà intrinseca, poiché la decisione negativa si pone in aperto (e immotivato) contrasto con le argomentazioni favorevoli sviluppate nella parte motiva dell’atto.
LA SENTENZA DEL TAR LIGURIA
– Sotto il profilo procedurale, si rileva che l’obbligo di acquisire l’assenso preliminare del Consiglio comunale, nel caso di interventi urbanistico-edilizi in variante agli atti di pianificazione territoriale e agli strumenti urbanistici comunali vigenti od operanti in salvaguardia, discende dalla previsione di cui all’art. 10, comma 4, della l.r. Liguria 5 aprile 2012, n. 10, come modificato dall’art. 41 della l.r. 18 novembre 2016, n. 29.
L’art. 46, comma 2, della l.r. n. 29/2016, stabilisce, però, che ‘le modifiche all’articolo 10 della l.r. 10/2012 apportate dall’articolo 41 della presente legge non si applicano ai procedimenti in corso attivati sulla base di istanze presentate allo SUAP prima della data di entrata in vigore della presente legge’.
Nel caso in esame, l’istanza era stata presentata allo SUAP del Comune di Imperia in data 1° marzo 2016 e, pertanto, doveva essere applicata la precedente versione dell’art. 10 citato, secondo la quale lo SUAP, accertata la procedibilità dell’istanza entro trenta giorni dal ricevimento, convoca entro i successivi dieci giorni la conferenza di servizi in seduta referente.
Il parere preventivo del Consiglio comunale non era quindi richiesto nel procedimento de quo.
– Non vale obiettare, come fa la difesa del Comune, che l’intervento in variante avrebbe dovuto comunque essere sottoposto all’esame dell’organo consiliare, sicché non sarebbe rilevante il momento in cui, in presenza di una pratica già compiutamente istruita, viene formulato l’assenso (o il dissenso) di tale organo: la necessaria procedimentalizzazione del potere amministrativo implica, infatti, l’illegittimità degli atti che si discostano dall’ordine procedimentale precisamente disegnato dal legislatore.
– Non è neppure condivisibile l’affermazione secondo cui la volontà già manifestata dal Comune renderebbe scontato l’esito negativo di un nuovo procedimento e, quindi, inutile l’invocata pronuncia di annullamento: anche prescindendo dalla fisiologica possibilità di mutamento delle maggioranze, la stessa natura discrezionale della scelta rimessa all’organo elettivo si frappone a qualsivoglia prognosi in tal senso.
E’ indubbia, perciò, la sussistenza dell’interesse del privato alla corretta riedizione del potere amministrativo.
– Nel merito, si rileva che gli elementi indicati nella motivazione dell’impugnata deliberazione consiliare risultavano obiettivamente favorevoli all’approvazione dell’intervento in variante, in coerenza ai contenuti della relazione predisposta dagli uffici.
In particolare, nella quarta pagina di tale atto, si afferma che ‘le zone omogenee di PRG compatibili con l’intervento (e cioè le zone DM/DAM della Valle Caramagna, Valle Impero e alta Valle Prino) sono carenti dei requisiti infrastrutturali necessari per tale tipo di attività produttiva’, mentre ‘la zona in oggetto è raggiungibile da una rete viabilistica di adeguata sezione, posta in prossimità dello svincolo autostradale di Imperia ovest, lungo la sponda sinistra del torrente Prino e senza l’attraversamento di nuclei storici’.
A fronte di tali considerazioni, nessuna motivazione sorregge il dissenso manifestato sulla base dell’esito della votazione (12 voti contrari, 9 favorevoli e 3 astenuti).
L’impugnata deliberazione consiliare, pertanto, è irrimediabilmente viziata sotto il profilo della carenza di motivazione e della contraddittorietà intrinseca, poiché la decisione negativa si pone in aperto (e immotivato) contrasto con le argomentazioni favorevoli sviluppate nella parte motiva dell’atto.
Anche a tale riguardo, risultano prive di consistenza le eccezioni sollevate dalla difesa comunale, con riferimento alla natura discrezionale del provvedimento impugnato e all’asserita possibilità di trarre le motivazioni del dissenso dalla discussione svoltasi nel corso della seduta consiliare.
L’ampia discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione nella materia de qua non la dispensa, infatti, dall’onere di fornire una specifica motivazione delle scelte urbanistiche che interessano aree determinate.
I contenuti del dibattito consiliare, infine, non sono stati riprodotti o fatti oggetto di richiamo nel contesto dell’atto deliberativo (e neppure negli scritti difensivi), sicché va esclusa la possibilità di ‘estrapolarne’ la motivazione della contestata scelta negativa, tanto più che le variegate opinioni espresse in tale contesto rendono obiettivamente impossibile una ragionata ricostruzione delle ragioni del dissenso.
Per tali motivi, è fondata e deve essere accolta la domanda di annullamento proposta dalla ricorrente.
Non può essere accolta, invece, l’istanza di risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, poiché essenzialmente fondata sulla prospettazione della colpa dell’amministrazione, ma non corredata di elementi atti ad orientare la quantificazione dei pregiudizi economici fatti oggetto di generica allegazione.
Le spese di giudizio (3 mila euro, ndr) vanno poste a carico dell’Amministrazione soccombente e sono equitativamente liquidate in dispositivo”.