“I Mendaighini negli ultimi nove anni sono diminuiti di circa il 20%; da 231 nel 2009 agli attuali 187. Nello stesso lasso di tempo le attività commerciali e turistiche sono passate da 9 a 5. Vi erano due macellerie, oggi neppure una; due Bar/Ristoranti-Pizzeria, presto chiuderà la sola che è sopravvissuta al disastro Monesi – Così in una lettera Rinaldo Sartore, dell’Associazione “Monesi Borgo Antico”, a seguito della notizia della chiusura dell’unica pizzeria “U Tecciu” di Mendatica.
“Io sono convinto che il diritto di critica si acquisisca solo dopo aver suggerito alternative e sopra tutto aver collaborato al miglioramento di quanto si intende criticare. Ovvero, “la più piccola delle azioni è sempre meglio della più nobile delle intenzioni” Credo pure di aver compiuto almeno una piccola azione a favore di Mendatica, e sono anche orgoglioso d’esser ligure “il popolo indomito che osò ribellarsi all’antico impero romano” quindi spero che Mendatica e Monesi abbiano ancora la speranza di sopravvivere alla rianimazione.
Si, ma a due condizioni: che le cure siano adeguate e tempestive; che il paziente collabori. La prima condizione non è stata perseguita; non è solo la mia opinione ma è innegabile che dopo sedici mesi dalla frana, (320 giorni lavorativi) si sentano ripetere sempre gli stessi annunci senza che nel frattempo sia stata posata una sola prima pietra allo scopo di evitare il totale isolamento e la inagibilità di tutti i fabbricati indistintamente.
Il chilometro di deviazione, a monte dell’abitato di Monesi di Mendatica, per ricollegare la s.p.100, non è ancora stato appaltato. La chiusura dell’unico bar-pizzeria a Mendatica è una conseguenza, prevedibile e prevista; difatti a giugno 2017 scrissi “Monesi, dopo il diluvio le somme urgenze” dove riportai le preoccupazioni di Walter, titolare di un noto ristorante-simbolo di Monesi e il rischio di chiusura nel caso non si fosse recuperata la viabilità.
A inizio settembre ’17 improvvisamente, con un provvedimento beffardo, le province di Cuneo e Imperia, comproprietarie del ponte sul Rio Bavera, ne decretarono la chiusura totale. Quel ponte era sorvegliato speciale dal 2007 e nove mesi dopo l’alluvione, a sorpresa, i tecnici si accorsero che si doveva vietare ogni transito; pedoni compresi.
Non fu presa in considerazione alcuna alternativa come se isolare totalmente la stazione sciistica che per oltre sessant’anni è stata la principale fonte di reddito, non solo per Mendatica, ma per tutta l’alta valle Arroscia, fosse cosa di poco conto.
Oggi dopo che Monesi è rimasta isolata e interdetta per un anno e mezzo, cosa ci si poteva aspettare?
La collaborazione del paziente è stata elusa da chi avrebbe dovuto rappresentarlo e difenderlo fingendo che il malato grave non fosse tale.
Un atteggiamento paradossale da parte di chi si prodiga a minimizzare le gravi responsabilità degli amministratori pubblici con sviolinate che possono essere utili solo a chi spera di ottenere benefici personali ma inutili alla bisogna, anzi, dannose.
Ciò che è rimasto del carattere indomito dei liguri, pare voglia ripetere la farsa che vide, nel 1912, l’orchestra del Titanic suonare per oltre un’ora e mezza dopo la nota, fatale collisione facendo trovare impreparati passeggeri ed equipaggio nel momento dell’inabissamento.
Un simile atteggiamento ha nulla a che fare con l’ottimismo; molto con la presunzione e la demenza. Occorre ricordare che non risulta che la regione Liguria abbia ancora ottenuto, dal governo, la Dichiarazione di Calamità Naturale per Monesi.
Inoltre l’assessore regionale Giacomo Giampedrone non ha ancora sciolto la prognosi e, per tanto, il paziente è ancora in pericolo di vita malgrado i numerosi “Annunci in Corso” tipo “inizio lavori a primavera -quale?- appena si sarà sciolta la neve” promessa fatta dalle autorità a gennaio 2017 e ripetuta a all’inizio di quest’anno”.