Al termine della lezione tenuta presso il Polo Universitario di Imperia, il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti ha risposto alle domande di alcuni attivisti della neonata Scorta Civica Imperia, Marina Salvaterra e Orlando Botti, in merito alla diatriba sulla necessità o meno di dotare il Pm palermitano Nino Di Matteo, condannato a morte da Salvatore Riina, del “bomb-jammer”, emettitore di segnali in grado di bloccare la trasmissione di onde elettromagnetiche nel raggio di alcune centinaia di metri e di annullare l’eventuale innesco a distanza di ordigni esplosivi.
Proprio oggi, giovedì 3 aprile, davanti alle Prefetture di numerose province italiane, si è tenuto un sit-in per chiedere al Ministro dell’Interno Angelino Alfano una risposta immediata in merito alla concessione del dispositivo ‘bomb-jammer’ al magistrato Nino Di Matteo. Un’iniziativa promossa dal Movimento Agende Rosse, a cui hanno aderito diverse associazioni tra cui Antimafiaduemila, l’Associazione Nazionale Familiari Vittime di mafia, l’associazione “un’altra storia” di Rita Borsellino e il centro studi “Paolo Giaccone”.
Le sembra normale che in un paese democratico il Pm Di Matteo, per motivi di sicurezza, non possa presenziare a un processo?
“Sicuramente è una singolarità. Sicuramente una cosa non accettabile, però evidentemente ci sono stati dei motivi che hanno sconsigliato che Di Matteo intervenisse all’udienza. Non è accettabile in uno Stato normale, in uno Stato democratico, spero che sia stata un’eccezione che conferma invece la regola per i Pm di intervenire a tutte le udienze dei processi. Credo sia stato un caso eccezionale che spero non abbia a ripetersi“.
In merito alla richiesta di dotare Di Matteo del sistema di controllo “Bomb Jammer”, strumento che monitora l’area circostante per segnalare ordigni esplosivi, Roberti ha aggiunto: “Io credo che il collega Di Matteo sia ben tutelato. Se poi altri non la pensano così, io rispetto le opinioni altrui, ma mi tengo le opinioni mie. Per me il collega Di Matteo è ben tutelato, lui e gli altri colleghi della Procura di Palermo. Lo Stato fa uno sforzo notevole per assicurare l’incolumità e la sicurezza dei magistrati. Io sono sempre stato un fautore della necessità di proteggere i magistrati che fanno certe indagini, a prescindere da eventuali minacce esplicite e ritengo che sia compito degli organi di sicurezza individuare i magistrati sovraesposti indipendentemente, ripeto, dalle minacce esplicite, analizzando le vicende processuali per le quali si impegnano. Io, che la penso così, dico che oggi i magistrati italiani, quelli più sovraesposti, come Di Matteo ed altri, sono ben tutelati. Bomb jammer? Evidentemente si è ritenuto che fosse eccessivo. Io non ho partecipato a quella decisione. Siccome credo che ci siano stati dei tecnici, persone nelle quali ripongo la mia fiducia, che hanno deciso il livello, di tutela di Di Matteo, credo che proteggere Di Matteo come è stato protetto per soli due giorni Obama forse sarebbe eccessivo“.