Grande partecipazione oggi, domenica 1 luglio, a Nava, per il 69° Raduno degli Alpini, organizzato dalla sezione Ana di Imperia. Alle 10, dopo l’ammassamento fissato alle 9.15, si è tenuta la sfilata fino al Sacrario, terminata con l’alzabandiera. Successivamente si è tenuta la celebrazione della Messa. Hanno poi preso la parola l’ex Sindaco di Pornassio Raffaele Guglierame, il presidente dell’associazione Alpini di Imperia Vincenzo Daprelà, il Generale Marcello Bellacicco, vice comandante delle Truppe Alpine, e, a chiudere, l’orazione ufficiale del presidente nazionale dell’Associazione Alpini Sebastiano Favero.
Al termine della cerimonia, come da tradizione, l’onore ai Caduti e al generale Emilio Battisti, le cui spoglie sono raccolte nel Sacrario del Colle di Nava.
Raffaele Guglierame (ex Sindaco Pornassio)
“Questo raduno che vuole essere principalmente un pellegrinaggio in segno di doveroso riconoscimento e gratitudine per tutti gli alpini, ed in particolare per gli alpini della divisione Cuneense, che terminarono il loro calvario tra i ghiacci, le nevi e il gelo della steppa di Russia, che contò ben 13.470 caduti. Nonché per onorare il loro ultimo comandante Generale Emilio Battisti, le cui spoglie riposano nel sacrario di Nava. La cerimonia odierna ha per noi, abitanti di questo lembo lontano a cavallo tra Liguria e Piemonte, un grande significato, in quanto vi è un forte legame che unisce le penne nere a questo territorio. Territorio da sempre zona di reclutamento alpino e dove purtroppo, in molte delle nostre case, trova posto una penna nera mozza, appartenente a tutti quei giovani che hanno risposto con fervore alla chiamata della Patria ed hanno lottato fino a scarificare la vita nell’adempimento del dovere”.
Vincenzo Daprelà (Presidente Associazione Nazionale Alpini Imperia)
“I nostri reduci sono saliti fin quassù per ricordare i compagni caduti e per rimanere un pò accanto alle spoglie del Generale Emilio Battisti, ultimo comandante della Divisione Cuneense, che dal 1983 ha voluto riposare qui per essere simbolicamente vicino ai suo alpini rimasti in terra di Russia”.
Generale Marcello Bellacicco (vice comandante Truppe Alpine e Comandante della Divisione alpina “Tridentina”)
“Quando vengo a manifestazioni come queste sono due le domande che mi pongo, sempre. La prima è un pensiero, di come soldati chiamati alle armi, quindi non volontari, siano stati capaci di compiere delle gesta che hanno dell’incredibile. Ora io sono un professionista, 40 anni di servizio quest’anno. Credo di avere fatto la mia parte sino ad ora. Sono stato impegnato in operazioni, anche dure. Ho dovuto accompagnare salme degli alpini agli aerei di rientro in Italia, quindi credo di averne viste. Però credetemi, questa domanda di come hanno fatto persone portate via dalle loro case, ad andare in Russia a combattere, a morire, a soffrire, è una costante per me. Perché l’hanno fatto? La risposta è una sola, quel senso del dovere che evidentemente loro sentivano fortissimo. Ma il senso del dovere da dove arriva? Devo perchè? Loro sentivano il dovere, perché avevano prestato un giuramento, avevano detto alla patria ‘si, obbedisco’. E qui c’è la seconda domanda. Chi sono questi caduti? Noi ne siamo degni? Questo senso del dovere ce l’abbiamo? La risposta che mi dò, da comandanto moderno degli Alpini, è quella affermativa. Però è un senso del dovere che scatta prima. Perché i ragazzi che vedete schierati qui, in abiti, decidono di servire di loro spontanea volontà. Non sono obbligati, perché oggi poche cose ormai sono sotto l’aurea dell’obbligo. E allora loro decidono di prestare un giruamento, di servire la patria, di servire il cittadino”.
Sebastiano Favero (presidente Associazione Alpini)
“Il mandato che ha questa nostra associazione nazionale Alpini è quello di non dimenticare. Dobbiamo gridarlo con forza, soprattutto alle nuove generazioni. Dire loro che non si può e non si deve dimenticare. Dire loro che a quei ragazzi di allora , che hanno lasciato la loro vita nelle steppe in Russia, ma anche quelli che 25 anni prima hanno lasciato la loro vita sulle montagne e sulle pianure dell’Italia della Prima Guerra Mondiale, dobbiamo riconsocenza profonda. Per dire loro che abbiamo l’obbligo di mantenere un’identità, una capacità di riconoscerci, per dire che noi abbiamo ancora il coraggio di usare una parola difficile, ma necessaria qualche volta, che sono le armi, non per attaccare, ma per difendere i nostri valori, per difendere la nostra patria, la nostra millenaria civiltà cristiana. Questo è quello che ci viene chiesto, questo è quello che noi vorremmo che anche i giovani di oggi facessero. E allora, è per questo che da sempre questa nostra associazione è cocciutamente, testardamente convinta, che l’art. 52 della Costituzione debba essere anche oggi applicato. Che sia necessario un periodo obbligatorio per i giovani, al servizio della patria, al servizio degli altri, gratuitamente. Saper donare, saper dare”.
Cerimonia