Non bastavano i danni diretti all’agricoltura, la crisi economica e i problemi sanitari e di sicurezza stradale: a minacciare il lavoro delle centinaia di aziende agricole della Liguria è anche l’emergenza legata alla presenza di caprioli, cinghiali e ungulati in genere, che stanno letteralmente falcidiando i raccolti e le coltivazioni.
La denuncia di Aldo Alberto, presidente regionale della CIA
«La pesantezza della situazione ormai travalica il comparto agricolo e interessa in misura sempre più significativa la condizione di vita di molte realtà del nostro entroterra», denuncia Aldo Alberto, presidente regionale della Confederazione Italiana degli Agricoltori, che chiama a raccolta i sindaci della Liguria per individuare soluzioni il più possibile efficaci e tempestive.
«Oltre ai danni sempre maggiori inferti al settore primario, scarsamente riconosciuti e tardivamente rifusi, a soffrire del fenomeno sono anche le infrastrutture civili e la circolazione, come d’altra parte è bene evidente a molte amministrazioni locali – spiega il presidente di Cia Liguria -. Negli ultimi anni è venuto meno il controllo della fauna selvatica e l’attività venatoria ordinaria, così come le altre forme di prevenzione fin qui adottate, non sono più sufficienti a contenere entro certi limiti il proliferare di diverse specie».
«È una situazione che Cia Liguria denuncia ormai da anni, ma rispetto alla quale le risposte fino ad oggi sono state inadeguate: le politiche di difesa attiva dei terreni mediante barriere elettriche o fisiche, proposte dalla Regione e adottate dagli agricoltori, si sono spesso rivelate inefficaci, soprattutto nel contrasto a daini e caprioli. Per questo – annuncia Alberto – Cia ha deciso di appellarsi a tutti i sindaci della Liguria attraverso una serie di incontri sul territorio che prenderanno il via già nei prossimi giorni.
«Riteniamo utile aprire un confronto, a partire proprio dai soggetti istituzionalmente responsabili del territorio, per concertare le azioni più adeguate con cui mettere un freno al proliferare delle specie selvatiche, avendo sempre come priorità la tutela delle attività agricole, il governo del territorio e l’incolumità di abitanti e fruitori dell’entroterra», conclude Alberto.