Siamo arrivati alla dodicesima puntata di “MusicaPost”, la rubrica di ImperiaPost in collaborazione con il discografico imperiese di fama internazionale Stefano Senardi.
Cos’è MusicaPost?
Si tratta di uno spazio in cui Senardi presenta una proposta musicale ai lettori, attraverso una “lezione” di ascolto della musica, facendo scoprire i retroscena, la storia e le leggende che si nascondono dietro i brani e gli artisti che li creano, sfruttando sua la grande esperienza maturata negli anni.
Dopo aver approfondito la “Summer of Love”del 1967, “Islands” dei King Crimson, “Manhole” di Grace Slick, “Remain in Light” dei Talking Heads,“Bryter Layter” di Nick Drake, “Rock Bottom” di Robert Wyatt, “Astral Weeks” di Van Morrison, “The Freewheelin” di Bob Dylan, “Tapestry” di Carole King , “Closing Time” di Tom Waits e “So” di Peter Gabriel, è arrivato il momento di passare alla musica italiana.
Come primo artista, la scelta di Senardi non poteva che ricadere su uno dei grandi simboli della musica italiana, ovvero il genovese Fabrizio De Andrè.
“Inizierei con quello che ritengo il grande poeta della musica italiana – afferma Senardi – un artista straordinario che ha saputo non solo regalarci opere di vera letteratura e poesia, ma ha saputo evolversi negli anni e anche accompagnarsi con artisti straordinari.
Ho scelto di parlare di De Andrè anche perché ho saputo che la Regione Liguria ha deciso di aprire con un finanziamento del ministro della Cultura la Casa dell’Autore in zona Boccadasse a Genova, frequentata tradizionalmente da cantautori. Lo vedo come un inizio di qualcosa che può essere importante per la musica, così come l’intenzione del club Tenco, del cui direttivo faccio parte, di introdurre la canzone d’autore tra gli insegnamenti scolastici in alcune scuole”.
Quali artisti hanno affiancato De Andrè nel suo percorso artistico?
“Fabrizio è sempre riuscito ad affiancarsi a grandi strumentisti e arrangiatori come Piovani, Pagani, Bubola, Fossati e Piero Milesi. Quest’ultimo era un mio caro amico scomparso prematuramente. Questi artisti e musicisti hanno dato un grande contributo all’opera letteraria di De Andrè.
Senza tutti questi grandi musicisti, la sua letteratura avrebbe avuto un limite. La sua intelligenza e sensibilità si nota proprio in questo, nella ricerca di persone che lo potessero accompagnare e arricchire la parte scritta”.
Di quale album parliamo in particolare oggi?
“Sono tanti i suoi album che mi piacciono, tra quelli che ho ascoltato di più ci sono “Rimini”, ispirato alla musica americana, e il celeberrimo “Crueza de ma”, giudicato da uno dei più grandi geni musicali, David Byrne, come uno dei 10 album più importanti e significativi della world music a livello mondiale
Oggi, però, voglio parlare de “Le nuvole”, un album importante, del 1990. Viene pubblicato da De Andrè dopo 6 anni di silenzio, Crueza è del 1984. Lo realizza con la collaborazione e l’affiatamento di Mauro Pagani. Mentre in Crueza è chiara la netta distinzione tra Fabrizio che scrive i testi e Pagani che si occupa di musica e arrangiamenti, qui invece si percepisce il lavoro a quattro mani. Ha funzionato il lavoro di squadra. Uno insieme all’altro si trasferiscono suggerimenti”.
Cosa contraddistingue la scrittura del testo?
“Nella parte letteraria, ci sono momenti divertenti e interessanti per l’uso che fa delle varie lingue. C’è il napoletano corretto della “Nova Gelosia”, ripresa da un canto popolare della tradizione napoletana del 18esimo secolo, dove la lingua viene rispettata.
C’è un voluto napoletano maccheronico in “Don Raffaè”, scritto da Massimo Bubola, per sottolineare gli aspetti ironici dei personaggi, più caratterizzati. C’è l’italiano altissimo con vocaboli straordinari scelti. Per il genovese, Fabrizio si è affiancato nei due brani a “Mégu megùn“ e per “’Â çímma“ si è affiancato a Ivano Fossati, genovese doc.
Questa collaborazione è il preludio all’ultimo album ufficiale di fatto, scritto a 4 mani con Ivano Fossati, “Anime Salve”.
Oltre all’attenzione per le lingue, c’è un’impegno quasi maniacale per la musica.
“Sì. Ad aprire l’album è “Ottocento”, dove suona una grandissima orchestra composta da 50 elementi. Alcuni dei più bravi strumentisti italiani, non lesinava su questi aspetti. Così come nella ricerca del singolo vocabolo ci poteva perdere anche giornate, anche nei suoni il suo procedimento era meticoloso.
Ci sono tanti generi musicali. Oltre all’orchestra c’è il canto Jodel in tirolese, interpretato da uno specialista dello jodel alla fine di Ottocento. C’è il canto lirico, tramite un modo di cantare falsamente, pieno di citazioni importanti, ma è un falso romanticismo e poi se la prende con modernità e consumismo che stanno rovinando il mondo”.
Qualche dettaglio sui singoli brani?
“ Il disco parte con ouverture che si chiama “Le nuvole”, ripreso dalla commedia di Aristofane. De Andrè le interpreta in modo diverso. In Aristofane le nuvole erano qualcosa di negativo che inducevano i giovani alla ribellione, lui invece le vede qualcosa che ci impedisce di fare questo salto. Le guardiamo sperando che piova, siamo schiacciati tra terra e cielo, sono un limite. Ne approfitta per sottolineare la critica a tutti quelli che hanno paura delle novità.
L’andamento di “Ottocento” è quello di un testo ironico che critica i tempi moderni, l’800 era il secolo cattolico borghese delle grandi utopie, ma anche del colonialismo e guerre.
Per quanto riguarda “Don Raffaè”, la canzone del famoso caffè servito in un carcere italiano, nel 1992 ne ho pubblicato una versione duettata di De Andrè con Roberto Murolo, maestro della canzone napoletana.
Sia in “Mégu megùn” sia in “’Â çímma” c’è attenzione ai singoli vocaboli per realizzare particolari descrizioni che non hanno niente da invidiare alla grande letteratura italiana del 900″.
Aneddoti legati alla sua esperienza personale?
“Io ho avuto la fortuna di frequentare per 30 anni Fernanda Pivano, molto amica di De Andrè. Lei lo aveva introdotto alla nuova letteratura americana per comporre i testi della Antologia di Spoon River senza staccarsi dalle intenzioni dell’autore.
La Pivano diceva: “Non è vero che Fabrizio è il Dylan italiano, è Bob che è il De Andrè americano”, esagerando un po’ per l’affetto per entrambi gli amici. Per De Andrè era impossibile non avere attrazione a causa del suo carisma e della sua capacità di coinvolgere.
Una volta abbiamo passato l’intera giornata sul terrazzo della sua casa a Milano per parlare di un progetto. Lui viveva di notte. Quando si metteva in moto era straordinario, divorava un libro al giorno, gli piaceva divertirsi. Quando apriva bocca era come essere a una affascinante lezione all’università.“.
Tracce
- Le nuvole
- Ottocento
- Don Raffaè (testo: Fabrizio De André/Massimo Bubola)
- La domenica delle salme
- Mégu megùn (testo: Fabrizio De André/Ivano Fossati)
- La nova gelosia (Anonimo napoletano, XVIII secolo) – 3:04
- ’Â çímma (testo: Fabrizio De André/Ivano Fossati)
- Monti di Mola
Ecco le altre puntate di MusicaPost:
- N°1 Summer of Love
- N°2 King Crimson – Islands
- N°3 Manhole – Grace Slick
- N°4 Talking Heads – Remain in Light
- N°5 Nick Drake – Bryter Layter
- N°6 Robert Wyatt – Rock Bottom
- N°7 Van Morrison – Astral Weeks
- N°8 Bob Dylan – The Freewheelin
- N°9 Carole King – Tapestry
- N°10 Tom Waits – Closing Time
- N°11 Peter Gabriel – So