Una vicenda giudiziaria che sembra non concludersi mai quella di Salvatore Ventura, 50 anni, indagato per i reati di danneggiamento seguito da incendio (in concorso con la sua compagna A.D.S., che gli aveva fatto da “palo”) e tentata estorsione continuata, per aver appiccato il fuoco a un portone di Via Belgrano dove le vittime, l’architetto Paola Muratorio e l’ing. Domenico Muratorio, più volte minacciate, hanno uno studio professionale.
Minacce telefoniche dopo la scarcerazione e la concessione dell’obbliga di dimora e l’obbligo di firma
La caccia all’uomo aveva condotto gli Agenti della Polizia di Stato a Genova, ove il predetto si era “rifugiato”; da lì l’applicazione di una misura cautelare meno afflittiva di quella in carcere, ritenuta sufficiente da G.I.P. genovese ma non da quello imperiese, successivamente interpellato perché territorialmente competente.
Neanche 10 giorni fa infatti il soggetto era stato tradotto in carcere, proprio in esecuzione del provvedimento del Giudice Imperiese. Dopo l’interrogatorio di garanzia, però, lo stesso G.I.P. aveva accolto la richiesta della difesa di concedere nuovamente all’arrestato l’obbligo di dimora in un comune dell’entroterra genovese, sottoponendolo anche all’obbligo di firma giornaliero.
Tuttavia questa misura si è rivelata del tutto inadeguata a far si che l’arrestato si astenesse dal continuare a perseguitare le sue vittime, dal momento che ha continuato ad avanzare telefonicamente le sue richieste estorsive con toni minatori.
Considerati questi nuovi elementi, il Giudice imperiese non ha potuto far altro che aggravare la misura cautelare e disporre che il Ventura fosse nuovamente condotto in carcere; i poliziotti della Squadra Mobile imperiese hanno tempestivamente eseguito la disposizione dell’Autorità Giudiziaria, rintracciando l’uomo nel comprensorio del comune in cui si trovava ed associandolo al carcere genovese di Marassi, dove, probabilmente, questa volta resterà a lungo.