Una vetta da 4.810 metri, paesaggi mozzafiato e grande preparazione. Sono queste le caratteristiche dell’impresa compiuta dall’imperiese Andrea Amelio, ex pallanuotista della Rari Nantes Imperia, oggi centrovasca allo Sporting Club Quinto, con sede a Genova, e geologo libero professionista.
Dedicandosi alla sua passione per l’alpinismo, Andrea, quasi 32enne, negli anni ha scalato diverse vette intorno ai 4 mila metri e, questa volta, ha deciso di affrontare la più alta di Europa, quella del Monte Bianco.
L’intervista ad Andrea Amelio
Come mai la decisione di cimentarsi in questa impresa?
“Sono diverse estati, circa dal 2010, che ogni anno organizziamo una “spedizione” su una vetta di 4 mila metri. Ad esempio siamo andati diverse volte sul gruppo Monte Rosa e in Svizzera.
Avevamo sempre in testa il monte Bianco, meta classica, prima o poi dovevamo farla. Così lo scorso aprile scorso abbiamo subito prenotato e ci siamo organizzati.
Eravamo in 4, tra cui anche Giacomo Strafforello e Marco Ventura, tutti imperiesi”.
Come si è svolto nel dettaglio il percorso?
“Siamo partiti il 4 agosto diretti a Saint Gervais, in Francia. Da lì abbiamo preso il trenino a cremagliera verso il Nido dell’Aquila a 2.300 metri, dove inizia il percorso a piedi. Abbiamo seguito la via normale francese, fino ad arrivare a quota 3mila dove è iniziato a vedersi piccolo ghiacciaio da attraversare. Siamo quindi passati dal famoso e pericoloso Dome Du Gouter, dove si scaricano pietre con frequenza. Abbiamo percorso la cresta alla cui sommità si trova il rifugio Gouter a 3.800 metri. Per percorrere questo primo tratto ci abbiamo impiegato 5 ore.
Dopo la cena alle 18.30, siamo andati a riposare e ci siamo svegliati alle 2 di mattina. Siamo partiti alle 3 dal rifugio organizzati in 2 cordate da 2 persone. Si parte così presto perché bisogna camminare con le temperature ancora basse per evitare rischi. Siamo arrivati alla vetta alle 7 spaccate”.
Qual è stata la parte più difficile?
“Sicuramente quest’ultimo tratto, è stato davvero impegnativo. Siamo arrivati in cima dopo molte fatiche, in particolare a causa dell’ossigeno sempre più rarefatto e ogni passo diventava sempre più faticoso, essendo la quota decisamente alta, 4.810 metri, e il dislivello di 2.500 metri. Inoltre, il rifugio dove abbiamo dormito si trova a 3.800 metri, quindi il fisico non ha avuto il tempo di abituarsi”.
Com’è stato l’arrivo in vetta?
“È stata un’immensa soddisfazione. La vista era splendida, si vedeva tutto il gruppo del monte Bianco. C’era leggermente foschia essendo mattino presto, ma ci siamo fermati un po’ per goderci il panorama, non è uno spettacolo che si vede tutti i giorni”.
Consigli utili per gli appassionati di montagna?
“Per affrontare un percorso di questo tipo, è sicuramente necessario un buon allenamento. Ci vuole una gamba preparata, andando a correre e a camminare con regolarità, e il fisico abituato a queste altitudini, iniziando con vette gradualmente sempre più alte. In ogni caso, sono esperienze che ripagano di ogni fatica”.
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