La guerra commerciale tra Cina e USA sarà uno degli eventi principali di questo 2018. I rapporti commerciali tra le due potenze sono tanto logorati che ci vorranno anni per tornare alla situazione iniziale.
Riuscire a trovare il filo in una vicenda tanto complessa è un’impresa difficile, dato il ritmo con cui gli eventi vanno ad accavallarsi.
In queste settimane la Cina ha chiesto al WTO di sanzionare gli USA per le illegittime politiche anti dumping, mentre Trump ha annunciato nuovi dazi, dazi ai quali Pechino ha rilanciato lo stesso giorno. In aggiunta è stato anche rispedito al mittente il tentativo americano di avviare un tavolo di trattative.
Solo questo potrebbe dare l’idea dell’escalation che va attuandosi.
La tedesca TradeMachines ha provato a riassumere quanto accaduto finora in un report di recente pubblicazione.
L’inizio della vicenda viene fatto risalire addirittura al 2001, anno di accesso da parte della Cina al mercato globale. Da allora l’America avrebbe visto un costante aumento del deficit commerciale con i partner d’Oriente, generando risentimento nelle industrie locali (e paura per i posti di lavoro).
Le decisioni di applicare dazi sui beni cinesi ha però una risonanza che coinvolge i governi delle maggiori potenze mondiali, portandoli a decisioni più dettate dalla volontà di rappresaglia che esigenze di mercato.
Il report di TradeMachines, iniziando dalla definizione dei termini utilizzati, chiarisce perché Washington stia andando verso questo tipo di politiche e perché le motivazioni alla base di queste decisioni andrebbero viste sotto una prospettiva diversa.
Per fare un esempio, non si può non tener conto del fatto che da quel fatidico 2001 la Cina abbia ramificato i rapporti commerciali sul suolo americano, rapporti che, una volta rescissi, andrebbero a mettere in pericolo posti di lavoro degli stessi statunitensi.