Non si può guardare al futuro, se non si conosce la storia del nostro passato”. Lo ha detto il Sindaco Claudio Scajola, questa mattina, nell’ambito delle celebrazioni ufficiali del Giorno dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, quest’anno in concomitanza con la ricorrenza del centenario della fine della prima guerra mondiale.
Per l’occasione, la Prefettura di Imperia, d’intesa con le Forze armate, le Forze di polizia, il Comune di Imperia, la Provincia di Imperia, i Vigili del Fuoco, l’Ufficio Scolastico provinciale e le Associazioni Combattentistiche e d’Arma, ha dato impulso e coordinato l’organizzazione delle commemorazioni.
La cerimonia
Piazza della Vittoria
Uno schieramento interforze, composto da militari dell’Esercito italiano, della Capitaneria di porto – guardia costiera, dell’Arma dei Carabinieri e della specialità Carabinieri forestali e della Guardia di Finanza, nonché da agenti della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria, ha reso gli onori militari. Schierati anche i gonfaloni della Provincia di Imperia, decorata di medaglia d’oro al Valor Militare, e del Comune di Imperia ed i labari delle associazioni combattentistiche d’arma.
Successivamente cerimonia dell’alza bandiera, accompagnata dall’esecuzione dell’Inno nazionale, e Onori ai Caduti di tutte le guerre.
Comune di Imperia
Presso la sala del Consiglio ha aperto le celebrazioni il Sindaco della Città di Imperia, Claudio Scajola, cui ha fatto seguito l’intervento del Prefetto della provincia, Silvana Tizzano. La cerimonia si è conclusa con l’orazione ufficiale commemorativa della ricorrenza a cura dell’ex Sindaco e presidente della Provincia di Imperia Luigi Sappa.
4 Novembre: Claudio Scajola
“La Grande Guerra è un evento che ha segnato, forse più di tutti, in modo profondo il ‘900 e ha cambiato completamente gli equilibri politici e sociali. Da quel momento, il 4 novembre è stata onorata come festa della Forze Armate, come festa dell’Unità Nazionale. Quella è stata sempre la data da tutti riconosciuta per un ringrazimento ai numerosi caduti di quella tremenda guerra. Anche la nostra terra ha dato un contributo di sangue altissimo.
Questa era terra di reclutamento per gli alpini e per la marina. Quel conflitto si svolse nel modo più cruento, complicato e difficile. Il contributo altissimo di vittime imperiesi lo si deve a quei giovani, molti di loro non sono più tornati, che come alpini furono reclutati per estendere i nostri confini e arrivare alla completezza della nostra Italia. Tanto è vero, anche se oggi è un pò in disuso, che per molti anni si è chiamata la quarta guerra di indipendenza, per raggiungere la completezza dei confini del nostro Paese.
La cosa che colpisce di questi anniversario è che, sia nel sistema liberale, sia sotto la dittatura, sia con la Repubblica, è l’unica festa nazionale riconosciuta sempre da tutti e mai dimenticata. Anche se è vero che questa festa, dal 1976, non è più giorno festivo e dunque viene traslata alla prima domenica di novembre. E’ una combinazione, ma ci riempie tutto di felicità, che il centenario capiti proprio in un giorno festivo. Chissà che questo non possa essere visto come un favorevole evento che possa farci sperare in un futuro più sereno per il nostro Paese. Oggi con questa ricorrenza è doveroso, nel ricordare i tanti caduti, avere un pensiero di attenzione e di vicinanza a tutte le Forze armate per i compiti che svolgono con difficoltà, affermando un concetto fondamentale in una democrazia evoluta, il senso del dovere. Viva l’Italia“.
“Io credo che non ci possa mai essere un futuro se non si conosce e non si vive la storia passata. La Prima Guerra Mondiale ha rappresentato una grande svolta. E’ cambiata poi la storia politica e sociale. Ai nostri giovani forse sfugge l’importanza che ha avuto quel conflitto nel cambiare la storia dell’Europa e del Mondo. Certo ha contribuito ad avere meno interesse per questa ricorrenza il fatto che non sia più festività. Dobbiamo cercare di ricordarla, cercando di coinvolgere maggiormente i giovani. Non si può guardare al futuro, se non si conosce la storia del nostro passato”.
4 Novembre: Luigi Sappa
“L’Italia era in procinto di scendere in guerra a fianco dei francesi, degli inglesi, dei belgi, dei serbi e dei russi, contro gli imperi centrali, per riportare entro i confini della Patria gli ultimi territori asserviti all’Austria, con l’acquisizione di Trento e Trieste. Momenti di forti contrapposizioni ideologiche, tra gli interventisti, che avendo prevalso sui neutralisti, ritenevano che l’impresa fosse il coronamento di un lungo e glorioso compimento del percorso risorgimentale dell’unificazione nazionale e di illusioni collettive, come quelle di un conflitto breve o di una partecipazione limitata che risultasse territorialmente remunerativa al netto di pochi danni collaterali.
Eppure, non poche erano le ricadute, anche sul piano economico locale, che avrebbero dovuto far aprire la mente di molti. Come quella del crollo improvviso dell’economia turistica rivierasca e del brusco interrompersi delle esportazioni floricole e olearie verso gli imperi centrali come Francia e Inghilterra. Purtroppo così non fu e nessuno seppe intuire la reale portata dell’impegno bellico verso cui ci si indirizzava.
Il clima umano e politico dell’epoca, ottimamente ricostruito da Barbara Tuchman nel libro ‘I cannoni d’agosto’, che le valse il premio Pulitzer nel 1963, è un precipitare di tutte le crisi internazionali, senza che le stesse parti in causa siano in grado di dirigerle, controllarle e tanto meno di arrestarle. Qualcosa di tristemente replicato e di rivissuto in altri momenti della storia recente e contemporanea dell’umanità.
Una riflessione che alla fine enuclea nei fatti, per certi passaggi della vicenda umana, una sorte di marcia dei folli, di cieco procedere dell’irrazionale, in cui i governi, o semplicemente le classi dirigenti hanno consapevolmente operato scelte politiche contrarie agli interessi generali pur di conseguire il mito della convenienza, pur di mantenersi all’interno di un impenetrabile power sistem consolidato, anche quando questo si avviava a stritolare le sue componenti migliori, lanciate o comunque indotte verso l’autodissoluzione.
Il dibattito alimentato sulla stampa locale tra Porto Maurizio e Oneglia, finchè la censura non intervenne per impedirlo, può costituire ancora oggi un esempio di capacità collettiva a prevedere o meglio o tirarsi fuori da concetti e processi decisionali di vasta portata politica e potrebbe fornire validi motivi di meditazione a noi uomini di questo scorcio di ventunesimo secolo”.