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LA SVOLTA. DA CUNEO A SULMONA:GLI ANNI IN CARCERE DEL PENTITO GIANNI CRETAROLA:”A CUNEO COMANDAVANO I CALABRESI”

In breve: La lunga testimonianza di Gianni Cretarola continua davanti al presidente Luppi e agli avvocati. Il nuovo punto che si affronta è il trasferimento da Sanremo, il 10 gennaio del 2005 a Cuneo con la condanna di 10 anni e quattro mesi.

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Imperia – La lunga testimonianza di Gianni Cretarola continua davanti al presidente Luppi e agli avvocati. Il nuovo punto che si affronta è il trasferimento da Sanremo, il 10 gennaio del 2005 a Cuneo con la condanna di 10 anni e quattro mesi.

Qui incontro Carmine Pioli di Sinopoli legato agli Alvaro che mi chiede se conosco Antonio Palamara e rispondo di sì, spendo la mia amicizia con lui e Carmine si mette subito a disposizione per tutto ciò che mi poteva servire all’interno del carcere. Da quel momento fra me e lui è nata una sintonia, un’amicizia che dura negli anni e che sfocia poi in altri atti criminosi nel cacere” racconta Cretarola.

Entro anche in contatto con la famiglia Crea, di Stilo a Reggio Calabria, dopo la partenza di Pioli per il carcere di Alessandria. Dentro al carcere io ero completamente indisciplinato e incline ad atti violenti: ero contro le forze dell’ordine perchè erano lo Stato e io l’antistato. Odiavo gli altri carcerati perchè non facevano parte del mio clan e insieme a Aurelio Crea eravamo poi in isolamento. Non avevamo ancora fatto lo scantonamento, ossia una serie di domande a cui un affiliato sa rispondere solo fino al grado che gli appartiene. Ad esempio chiedono come si riconosce un giovane d’onore e la risposta giusta è “Con una stella d’oro in fronte, una croce da cavaliere sul petto e una palma d’oro in mano“.

Gianni Cretarola venne poi trasferito al carcere di Cuneo, poi a Ivrea nel 2006 e, sempre nel 2006 ad Alessandria dove era detenuto Carmine Pioli: “Sapevo che lui era lì e chiedo alla polizia penitenziaria di farmelo incontrare. Una volta che ci siamo incontrati Pioli ha chiesto al brigadiere di farmi andare in camera con lui e Adolfo Crea ed ha acconsentito. In quel momento comandavano i calabresi in carcere, per questo ce lo hanno permesso, ma Pioli mi ha subito raccomandato di fare il bravo”.

Io, Carmine Pioli e un altro detenuto abbiamo poi aggredito un carcerato rumeno che si era rifiutato di prendere in cella un altro detenuto. Lo abbiamo picchiato e siamo stati condannati per lesioni gravissime. Dopo 15 giorni di isolamento siamo stati tutti trasferiti e poi io sono stato mandato nel carcere di Sulmona nel 2007″.

Nel carcere esiste una politica ‘ndranghetista da seguire, bisogna legare dei rapporti, creare degli agganci per lo spaccio, la compravendita di armi e il controllo del territorio. Ci sono delle strutture della ‘ndrangheta sempre in carcere, i contatti vengono portati avanti dai familiari e le ambasciate si svolgono all’aria aperta o tramite persone prossime di libertà o con un permesso. Però è meglio usare un familiare, non una donna che rimaneva separata dalle questioni malavitose. Nel carcere di Rebibbia sfruttavamo anche l’aiuto di guardie carcerate”.

Per quanto riguarda la mia affiliazione c’era in carcere Gattini Francesco uno dei santisti, dei 33 capi della ‘ndrangheta che si era proposto per essere il mio garante. Antonio Palamara seppi, tramite Massimiliano Sestito, che era d’accordo, così Rocco Fedele venne incaricato di portare l’ambasciata”

 

 

 

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