“Johnathan Richman’s smile”. È questo il titolo del nuovo disco del chitarrista e cantautore imperiese Marco Puglisi, la prima opera firmata con il suo soprannome “Puglia”.
La presentazione ufficiale dell’album è in programma per sabato 24 novembre alle 20 da Za’ Records in via Caboto a Porto Maurizio.
Marco Puglisi si è raccontato a ImperiaPost, spiegando i retroscena che hanno portato alla composizione di “Johnathan Richman’s smile”.
Marco Puglisi, in arte “Puglia” e il suo nuovo album
Quando ti sei avvicinato alla musica?
“Tutta la mia carriera e produzione si svolge tra le mura di questo antico borgo, ovvero Imperia, spesso all’interno di Arci e centri sociali. Posso dire di essere appassionato di musica da sempre. Ho iniziato, però, a imbracciare gli strumenti musicali e a suonare compagni di scuola solo alle superiori, e da lì non ho più smesso”.
Come mai hai scelto di presentarti come “Puglia”?
“Questo è il mio primo album ufficiale a nome “Puglia”, il mio soprannome. Tutti mi conoscono così. In passato ho già creato altre produzioni, pubblicate online, ma sempre con altri pseudonimi. Questa volta ho deciso di espormi, di farmi riconoscere”.
Com’è nata l’idea dell’album?
“Tutto è nato dalle chiacchierate insieme ai ragazzi della Cooperativa La Fenice, che si occupa di adolescenti in difficoltà, con cui ho un legame da diverso tempo. Sapevano della mia passione per la musica e un giorno mi hanno chiesto: ‘Ti va di produrre un disco con il nostro appoggio?’. Io ho accettato e da lì è iniziato il progetto, terminato con l’incisione del disco presso una sala di registrazione professionale, “Onda Studio” di Francesco Genduso, che ho avuto a disposizione per una settimana. Le canzoni sono nate senza molta premeditazione, sono state create in studio da me, con la collaborazione di Francesco, che ha suonato la batteria.
Ringrazio anche Marco Donatiello, che ha seguito il backstage, ha realizzato le foto, la copertina e ha curato i social”.
Puoi spiegarci il titolo dell’album?
“È un omaggio all’omonimo cantante e musicista statunitense, fondatore dei “The Modern Lovers” e poi solista dagli anni 70-80 ai giorni nostri. Mi è sempre piaciuto il fatto che, in un epoca in cui il dark predominava sui costumi musicali, lui aveva uno spirito più genuino, un rock spensierato degli anni 50-60.
Nel mio disco, quindi, ho provato a riportare questa atmosfera, questo spirito naïf ispirandomi in particolare agli anni 60 americani e inglesi, senza una sola sonorità predominante.
Canto in inglese perché secondo me è la lingua regina del rock”.
Hai ricevuto un omaggio anche dal maestro Bruno Ramella?
“Sì, mi sono svegliato ieri mattina e ho visto che aveva pubblicato un disegno. Sono subito andato a vedere perché lo ammiro molto e ci conosciamo da tantissimo tempo. Con grande stupore ho così scoperto che aveva raffigurato proprio me, è stata una bellissima sorpresa”.