IMPERIA – Si è tenuta questa mattina in piazza De Amicis la festa organizzata dalla CGIL, CISL e dalla UIL in occasione della ricorrenza del primo maggio. Tema centrale degli interventi dei rappresentanti sindacali l’annunciata chiusura del pastificio Agnesi. Una delegazione dei lavoratori ha partecipato all’evento chiedendo alle istituzioni di fare tutto il possibile per cercare di preservare i posti di lavoro. Sono intervenuti Stefania di Michele segretaria Cisl Imperia Savona, Francesco Rossello segretario regionale della CGIL, il sindaco Carlo Capacci e Pietro Lai segretario provinciale della Feneal Uil. Quest’ultimo ha messo l’accento anche sulle centinaia di posti di lavoro persi nel settore dell’edilizia nel 2013 di cui nessuno ha parlato.
L’intervento di Stefania Di Michele (CISL).
“La direzione Agnesi – ha detto Stefania Di Michele – ha comunicato ufficialmente che il pastificio Agnesi, uno degli ultimi presidi della dieta mediterranea qua a Imperia chiude, entro la fine dell’anno. Lascerà per strada circa 150 lavoratori, facendo mancare così il reddito alle loro famiglie e anche a tanti lavoratori dell’indotto. Questo Primo Maggio per Imperia deve essere una data importante, da cui reagire e ripartire. La questione del lavoro diventa, per noi, Cgil, Cisl e Uil, in assoluto il problema principale da affrontare e risolvere immediatamente. Crediamo sia il caso di trovare strumenti adeguati per riportare il lavorando nelle nostre zone, sapendo che occorrono imprenditori disposti a investire. Basta poco per far ripartire una buona fetta di economia provinciale. Sicuramente bisogna dare slancio alle numerosissime aree ferme al palo e utilizzare tutte le risorse disponibili per mettere in sicurezza l’intero territorio. Voglio concludere dicendo a chi un lavoro ce l’ha, di essere orgoglioso del proprio lavoro, qualunque esso sia, e chi un lavoro non ce l’ha ha il mio incoraggiamento a non arrendersi”.
L’intervento di Francesco Rossello (segretario regionale CGIL)
“Abbiamo perso in questi sei anni il 30% del nostro peso industriale. Ci sono aziende, industrie, che piano piano, una dopo l’altra, mese dopo mese, anno dopo anno, sono fallite, hanno chiuso, per un numero pari al 30% del nostro sistema industriale ed è un pezzo di sistema industriale che non recupereremo più. Il problema è quale tipo di sviluppo vogliamo? Questo punto diventa centrale. Dovremo inventarci qualcosa. Da questo punto di vista chiediamo che i Governi facciano la loro parte. L’Agnesi è solo l’ultima di una serie di aziende destinate a chiudere che si identificano in maniera forte con il territorio nel quale producevano. Non si perdono solo i posti di lavoro. Viene recisa quella che è l’arteria culturale di una società. La fusione dell’azienda con il territorio è una fusione culturale. Critichiamo spesso i governi, i sindacati, ma io la prima forte parola di critica vorrei spenderla per un soggetto che troppo poco spesso viene chiamato in causa, che è la classe imprenditoriale di questo paese. Imprenditori che con l’arrivo della crisi hanno smesso di investire sull’innovazione, sul lavoro, sull’impresa.
Io credo che mai come oggi sia fondamentale celebrare la festa del lavoro per quello che è il suo vero significato. Attraverso le condizioni di lavoro si vede qual è il grado di civiltà di un Paese, di una comunità. Il lavoro è la condizione per una persona di emanciparsi, di affermarsi. Attraverso il lavoro ci si realizza, si può vivere sui valori della solidarietà, dell’uguaglianza. Si è motivati a investire nella giustizia, nell’educazione dei nostro figli. In un momento in cui il lavoro non c’è più, è sempre più precario, instabile, a maggior ragione dobbiamo difendere il valore del lavoro. Noi siamo nel sesto anno di crisi pesantissima. Non abbiamo ancora imboccato una via d’uscita. Non ci sono ancora dati rassicuranti sulla ripresa dell’occupazione.
Siamo tornati indietro come Pil, a 20 anni fa. La disoccupazione giovanile è al 40%. E il 40% di disoccupazione non tiene conto di quei giovani, e non solo giovani! che oramai hanno rinunciato alla ricerca del lavoro e che spesso è volentieri vivono sulle spalle della famiglia e delle pensioni dei genitori. Nel futuro rischiamo che non avremo neanche più la condizione di poter vivere del reddito dei nostri genitori. E non dimentichiamoci del dramma dei lavoratori di 40-50 anni che perdono il posto di lavoro dopo aver lavorato per tutta la vita nello stesso posto di lavoro e dopo aver impostato la propria vita, le proprie scelta, quelle dei propri figli, sulla garanzia di avere un reddito fisso. L’Italia è un Paese che ha pensato bene, con il Governo ?Monti e il Ministro Fornero, nel bel mezzo del periodo di maggior crisi, di fare una riforma delle pensioni che ha costretto quelli che un lavoro ce l’hanno a rimanerci ancora di più, non consentendo così di liberare nuovi posti di lavoro per le nuove generazioni. E una riforma sugli ammortizzatori sociali che nel bel mezzo della crisi rischia di far sparire quella mobilità quella cassa integrazione che invece avrebbe dovuto essere estesa anche alle persone che oggi non posso godere di quei diritti”.
L’intervento di Pietro Lai (segretario Feneal Uil)