Un anno e quattro mesi. Si è chiuso così il processo che vedeva sul banco degli imputati una giovane, accusata di calunnia nei confronti del suo ex fidanzato.
I fatti risalgono al 2012, quando il giovane era stato querelato dalla ragazza con l’accusa di aver commesso una violenza sessuale nei suoi confronti al parco urbano, a Imperia. A seguito delle indagini svolte dai Carabinieri era emerso, però, che la denuncia non era suffragata da fatti concreti, e la ragazza era finita a processo.
Accusata di calunnia, giovane condannata a un anno e quattro mesi di carcere
Il Pubblico Ministero Luca Scorza Azzarà, in sede di requisitoria, aveva chiesto la condanna della giovane, in quanto “ci aspettava che la giovane dopo la violenza si recasse al Pronto Soccorso, che i familiari denunciassero i fatti e si informassero immediatamente dell’accaduto, invece nulla di tutto questo”.
“Il punto fondamentale di questa vicenda – ha aggiunto il Pm – è il disegno di due cuori, con le iniziali dei due giovani, realizzato con una bomboletta spray al parco urbano lo stesso giorno che si sarebbe consumata la presunta violenza. Appare inverosimile, perché il giovane, dopo aver abusato della fidanzata, avrebbe dovuto disegnare i due cuori, marchiando così il luogo del delitto?
L’imputata, inoltre, ha inviato al fidanzato, nei giorni della presunta violenza, messaggi che urtano in maniera evidente con quel minimo di logica che ci si può aspettare da una vicenda di questo genere.
Seppur questa vicenda abbia avuto per l’imputata un peso emotivo e morale pesantissimo, schiacciata sotto un peso familiare insopportabile, pur con tutte le attenuanti del caso non giustifica la gravità della condotta”.
La difesa della giovane, rappresentata dall’avvocato Acquarone, ha invece chiesto l’assoluzione.
“Nel suo Paese una ragazza, anche se violentata, deve sposare l’uomo con il quale ha perso la verginità. Perché è una vergogna arrivare non vergine al matrimonio. L’imputata non poteva parlare con nessuno dell’accaduto, per paura delle conseguenze. La violenza sessuale si è verificata realmente, l’imputata ne ha parlato, con con grande turbamento, con la sorella e l’insegnante. Una perizia ha dimostrato che la mia assistita soffriva di angoscia e paura a seguito dell’esposizione a un forte trauma.
Non avendo accettato il fidanzato di sposarla, ha cercato di rimediare all’onta della violenza, perché al contrario la famiglia sarebbe stata disonorata. In questo contesto si inserisce la denuncia per violenza sessuale.
Questo caso è stato trattato come se si parlasse di una ragazza dei nostri tempi, ma qui parliamo di una ragazza che arriva da un mondo diverso, da una cultura diversa”.
Il giudice Marta Maria Bossi ha accolto la richiesta di condanna del Pm e, dopo poco meno di mezzora di camera di consiglio, ha condannato la giovane a 1 anno e 4 mesi di carcere, pena sospesa, riconoscendole le attenuanti generiche e la non menzione sul casellario giudiziale.