Nuova udienza questa mattina del processo che vede sul banco degli imputati Caterina Pandolfi, 21 anni, e Aldo De Notaris, 67 anni, i due ex bagnini del ”Papeete Beach”, difesi dall’avvocato Erminio Annoni, accusati di omicidio colposo a seguito della morte di Mauro Feola, avvenuta il 25 luglio del 2015 nelle acque antistanti il noto stabilimento balneare sul lungomare di Oneglia.
Durante le scorse udienze, sono stati sentiti svariati testimoni, tra cui parenti e amici di Mauro Feola, il figlio Alessandro, e il dott. Dario Pezzini, consulente tecnico dei legali della moglie di Feola, Monica Ramella.
Nel corso dell’odierna udienza sono comparsi davanti al giudice monocratico Lauro Russo i bagnini che si trovavano in servizio quel giorno, Caterina Pandolfi e Aldo De Notaris, imputati al processo.
Processo morte Mauro Feola: il racconto di Caterina Pandolfi
“Ho conseguito il brevetto da bagnino nell’aprile 2015 a Imperia. Ho iniziato a lavorare al Papeete Beach il 15 luglio 2015.
Il 25 luglio ho iniziato la giornata lavorativa alle 9. Alle 12 ho iniziato in postazione. Eravamo due bagnini quel giorno. Alle 16, dopo la pausa, sono tornata in postazione.
Ci alternavamo perché stare troppe ore in postazione era un pericolo per la sicurezza nostra e degli altri. Chi non era in servizio poteva mangiare, riposare. In quella spiaggia era utile la presenza di un solo bagnino. C’era un terzo bagnino, Lisa Corradini, che ci sostituiva nei giorni di riposo.
Intorno alle 16 il mare era molto agitato. Per questo al cambio delle guardia, verso le 16, è stata issata la bandiera rossa. Io in postazione ho iniziato a fischiare per impedire alle persone di entrate in acqua. C’era chi non mi ascoltava. Sono andata anche sul molo per fare uscire la gente dall’acqua.
Intorno alle 18.50 stavo scrutando lo specchio acqueo quando ho notato una testa tra onde. Ho fischiato, sono andata verso il Pennello. Ho chiesto di uscire dall’acqua. Ho chiamato il mio collega, urlando: “Aldo persona in mare!”, ho detto a mia madre di chiamare la Capitaneria. Ho preso il salvagente e sono andata a cercare di soccorrere la persona in difficoltà.
Dalla nostra postazione avevamo un’ottima visuale, però lo scoglio impediva la visuale sulla battigia del Pennello.
Io non ho notato due persone in acqua, ma una sola. Non ho visto un ragazzo giovane uscire dall’acqua.
Aldo mi ha raggiunta, ha preso il salvagente e abbiamo tentato di fare uscire la persona dall’acqua.
Io vedevo solo la testa. L’immagine era confusa, difficile individuare dove fosse. Scompariva dalla mia visuale e si spostava dal Pennello verso il Papeete.
Poi è arrivata un’onda forte e la testa si è capovolta. Vedevo solo una schiena.
Ci muovevamo sulla battigia per cercare di recuperare il corpo in condizioni di sicurezza.
Quando corpo era a una distanza raggiungibile due persone che erano con noi si sono tuffate in acqua. Li abbiamo tenuti con una sorta di catena umana. Abbiamo recuperato il corpo e messo in spiaggia.
Poi sono arrivati soccorsi.
Mezzi salvamento a disposizione? Cinque salvagenti, pattino, rullo, binocolo, maschera, pinne, fischietto.
Il pattino era impraticabile perché non si può usare in queste situazioni. Il rullo era impossibile da usare perché corpo si spostava. Come potevo sapere in quale direzione nuotare?
Se mi fossi gettata in acqua non avrei avuto visuale. Ho valutato anche la pericolosità dell’acqua. Ho ritenuto che in quelle condizioni buttarsi fosse impraticabile. Sarei annegata io. Entrare in mare era impossibile.
Ora studio lingue all’università a Torino. Non faccio più la bagnina da quell’estate del 2015.
La nostra postazione fu spostata più indietro perché la forza delle onde rischiava di travolgerla.
Obblighi bagnino in caso di bandiera rossa? Avere buona visuale dello specchio acqueo, prestare maggiore attenzione. In caso di bandiera rossa i bagnanti devono uscire dall’acqua. Non ho utilizzato il rullo perché non sapevo dove buttarmi, era impraticabile perché non sapevo dove nuotare, non avrei visto dove andavo con le onde alte.
Era una situazione estremamente eccezionale.
Io e altre due persone, tra cui il mio collega, percorrevamo la battigia per cercare di recuperare il corpo. Quando era abbastanza vicino due persone si sono buttate. Perché non io? Non ci abbiamo pensato, la prima persona che era lì si e buttata, istintivamente.
Non ho avuto paura. Non mi sono buttata perché non era sicuro per me. Un bagnino deve operare salvataggio in una situazione di sicurezza per sè.
Non ho visto Alessandro Feola e non l’ho sentito urlare. Mai pensato di offrire risarcimento alla famiglia Feola. Non mi sento responsabile”.