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ARRESTO SCAJOLA. CHI E’ IL LATITANTE MATACENA: DA ROMA A DUBAI FINO ALLA TENTATA FUGA VERSO L’EL DORADO DEI CONDANNATI, BEIRUT

In breve: La vita di Amedeo Matacena, classe 63, catanese, potrebbe essere degna di un film e, con gli sviluppi odierni legati all'arresto dell'ex ministro Claudio Scajola, l'ipotesi non è poi così remota.

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Imperia – La vita di Amedeo Matacena, classe 63, catanese, potrebbe essere degna di un film e, con gli sviluppi odierni legati all’arresto dell’ex ministro Claudio Scajola, l’ipotesi non è poi così remota. Matacena, figlio dell’omonimo armatore che negli anni sessanta diede il via la traghettamento nello Stretto di Messina, è stato deputato di Forza Italia per due legislature, la XII e la XIII quindi dal 1994 al 2001, prima eletto con Udc e poi con Forza Italia appunto. Un uomo poliedrico, che, seguendo in un certo senso le orme del padre, si era appassionato di vela e nel 2002 divenne armatore del “Black Swan”, una regina del mare che aveva partecipato tra gli altri, al raduno delle Vele d’Epoca alla Marina di Porto Maurizio di Imperia.

Durante la sua carriera politica, Amedeo Matacena è stato più volte oggetto di indagini da parte della magistratura e, secondo la Cassazione, si sarebbe anche rivolto alle cosche storiche della mafia calabrese come quella di Nasone, Rosmini, Condello, Pino, Gallico e Piromalli per ottenere aiuto nella sua scalata politica. La ‘ndrina dei Piromalli, inoltre, è legata a sua volta a quella di Ventimiglia secondo le indagini portate avanti dal DDA di Genova e del nucleo investigativo dei Carabinieri di Imperia nell’ambito del processo “La Svolta”. In cambio di questo aiuto, Matacena, avrebbe dato in cambio un servizio di assistenza giudiziari per gli esponenti dei clan.

Matacena fu così indagato nel 2004 e poi assolto nel 2006 nell’ambito dell’indagine Olimpia per presunte pressioni su alcuni magistrati della Procura di Reggio Calabria in quanto si ritenteva stesse cercando di condizionare le inchieste che si stavano svolgendo sulle presunte collusioni tra mafia e stato. La Cassazione però ritenne che non si era tenuta in debita considerazione il legame con la ‘ndrina Rosmini, di Reggio Calabria e così, il 18 luglio 2012, l’ex deputato Matacena venne condannato a 5 anni di reclusione più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici  per concorso esterno in associazione mafiosa dalla Corte d’Assise d’appello di Reggio Calabria.

A inchiodarlo, come si legge nella sentenza riportata dal Sole 24 ore, furono le parole del pentito Umberto Munaò, per il quale sarebbe stato lo stesso boss Antonio Rosmini a confessare: «Non possiamo insistere perché a noi ci ha sempre favorito, a noi ci favorisce, ci aiuta se abbiamo bisogno, non possiamo forzarlo a darci i soldi… cerchiamo di farli uscire in modo diverso».

Non solo. Lo stesso anno Matacena fu anche condannato a 4 anni di reclusione, sempre dai giudici del Tribunale di Reggio Calabria nell’ambito di un’inchiesta per un caso di corruzione in cui l’ex deputato avrebbe promesso 200.000 euro a Luigi Passanisi, ex presidente della sezione del Tar di Reggio Calabria per ottenere le autorizzazioni per gli scivoli agli imbarchi del porto di Reggio Calabria.

E’ a questo punto che Amedeo Matacena inzia la latitanza. Nel 2013 infatti, al momento cruciale dell’arresto, l’uomo non si fa trovare in casa, viene rintracciato nell’agosto dello stesso anno, il 28, a Dubai dopo un mese di latitanza. Una volta arrestato dall’Interpol e dalla sezione catturandi del nucleo investigativo dei Carabinieri di Reggio Calabria però gli Emirati Arabi Uniti successivamente non concedettero alle autorità italiane l’estradizione per Matacena, che è rimasto così libero nella capitale in quanto non esiste il reato di criminalità organizzata.

Di lui si sono così perse le tracce dal 10 ottobre 2013, il giorno della scarcerazione a Dubai e, la figura di Claudio Scajola entra in gioco in questo momento. L’ex ministro imperiese infatti intratteneva dei rapporti con la moglie di Matacena, Chiara Rizzo e, secondo gli inquirenti, stava cercando di far uscire Amedeo Matacena da Dubai per farlo arrivare in Libano. Amedeo Matacena, privo di passaporto, non poteva infatti lasciare gli Emirati Arabi e così l’ex ministro, tramite una terza persona che si suppone sia la stessa che ha aiutato Marcello Dell’Utri ad arrivare a Beirut, la nuova El Dorado per gli ex parlamentari condannati per concorso esterno in associazione mafiosa.
Claudio Scajola avrebbe così cercato tramite conoscenze di personaggi esteri di rango istituzionale come Vincenzo Speziali, nipote omonimo dell’ex senatore del Pdl, per ottenere l’appoggio necessario per trasferire Matacena in Libano dove il concoroso esterno in associazione mafiosa non è un reato contemplato dall’ordinamento giuridico libanese. In una delle tante telefonate intercettate si sente infatti la moglie di Matacena, Chiara Rizzo che chiede all’ex ministro Scajola: “Stiamo parlando della capitale, giusto? Che inizia con la L, no, che inizia con la B“. Scajola la corregge: “Beh, il paese con…” riferendosi infatti al Libano e a Beirut come città.

 

Fonte immagine Matacena: www.giornalettismo.com

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