“Minasso è un fascista non pentito ancora oggi ed è figlio di un fucilatore di partigiani”. Per questa frase, pronunciata nei salotti televisivi di LA7, nel corso della trasmissione “Coffe Break”, il 19 gennaio 2015, l’Eurodeputato (ex Partito Democratico, oggi Sinistra Italiana) Sergio Cofferati è stato citato a giudizio dal Tribunale di Imperia.
Il processo prenderà il via il 1° luglio.
“Minasso fascista”: Sergio Cofferati a processo per diffamazione a Imperia
Sergio Cofferati è stato citato a giudizio a seguito della denuncia querela presentata da Eugenio Minasso, della sorella Anna Maria Minasso e della madre Maria Berio.
I fatti risalgono al 2015, nel contesto dell’asprissima campagna elettorale per le Primarie del Partito Democratico per l’individuazione del candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Liguria poi terminata con il successo, tra mille polemiche, di Raffaella Paita, proprio su Sergio Cofferati.
Pochi giorni dopo la sconfitta, Cofferati, ospite negli studi di La7, intervistato dalla giornalista Tiziana Panella espresse forte disappunto per il presunto sostegno elettorale che alcuni militanti di partiti di centrodestra avrebbero fornito alla Paita: “C’è un problema etico se il voto di un fascista non pentito viene considerato legittimo. Minasso è un fascista non pentito ancora oggi ed è figlio di un fucilatore di partigiani”.
Dichiarazioni che portarono la famiglia Minasso, rappresentata dall’avvocato Alessandro Mager, a querelare Cofferati.
“Minasso fascista”: Sergio Cofferati a processo per diffamazione a Imperia. Ecco la querela
“Tale incredibile affermazione – si legge nella denuncia/querela – che ha suscitato la reazione stupita della stessa intervistatrice, è stata ripetuta più volte durante tutto il corso della trasmissione televisiva, venendo in seguito ulteriormente divulgata dai media, che l’hanno testualmente riportata”.
“L’epiteto ‘fascista non pentito’ – si legge ancora – appare offensivo per la reputazione dell’esponente Minasso Eugenio che ha sempre professato idee liberali e democratiche e adesione ai principi consacrati nella Costituzione repubblicana. Ulteriore gravissima offesa è quella alla memoria del defunto padre e coniuge Minasso Quirino, in quanto Minasso Eugenio viene definito ‘figlio di un fucilatore di partigiani’. Espressione, carica di disprezzo per il defunto e la sua famiglia, che ha profondamente turbato, per la sua violenza e clamorosa falsità, gli odierni esponenti. Il Minasso Quirino infatti era nato nel marzo del 1932 e, dunque, negli anni della guerra partigiana era soltanto un bambino di poco più di dieci anni”.
“Il Cofferati – conclude la qurela – si è espresso a ‘a ruota libera’, al solo fine di arrecare pregiudizio all’immagine pubblica del Minasso Eugenio e di offendere la sua reputazione, addirittura infangando la memoria del di lui padre deceduto, falsamente accusato di comportamenti infamanti, non preoccupandosi minimamente di previamente verificare la fondatezza delle proprie affermazioni. Le parole del Cofferati, ripetutamente richiamate dai media, hanno avuto amplissima diffusione e hanno generato uno stato di profonda sofferenza psicologica in tutti gli esponenti […] Ad colorandum si fa presente che nel 1944 furono Minasso Eugenio detto Libero (padre di Minasso Quirino) e Minasso Giacomo (padre di Minasso Eugenio detto Libero) a perire di morte violenta, rispettivamente il 7/11/1944 e il 9/11/1944″.