23 Dicembre 2024 04:26

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Rockin’ 1000, Parigi: lo spettacolare concerto visto con gli occhi dell’imperiese Mattia Paulis. “Un sogno ad occhi aperti, non lo scorderò mai” / Foto e video

In breve: Tornato a Imperia dopo il mega-concerto, MattiaPaulis ha raccontato a ImperiaPost cosa si prova ad esibirsi con la chitarra in mezzo ad altri mille musicisti.

“Sentirsi parte di qualcosa di così epico dona un’energia indescrivibile”. Lo ha affermato Mattia Paulis, 35enne imperiese, chitarrista per passione, che lo scorso sabato 29 giugno si trovava a Parigi, allo Stade de France, tra i mille musicisti per il suggestivo concerto “Rockin’1000”.

Rockin’1000: il concerto con gli occhi dell’imperiese Mattia Paulis

Tornato dopo intensi giorni di prove e l’attesissima serata del mega-concerto, davanti a un pubblico di oltre 55 mila persone, MattiaPaulis ha raccontato a ImperiaPost cosa si prova ad esibirsi con la chitarra in mezzo ad altri mille musicisti, in un’atmosfera quasi magica e, in ogni più piccolo dettaglio, assolutamente “rock & roll”.

“Sabato scorso ho avuto la fortuna di vivere un sogno ad occhi aperti – racconta Mattia – che ancora faccio fatica a realizzare. Insieme ad altri 1037 musicisti ho suonato di fronte a un pubblico enorme, e ad un volume assai soddisfacente, alcune fra le pietre miliari della musica e a quanto pare abbiamo fatto pure un figurone”.

Come si è svolto il tutto?

“Dopo tre giorni di prove, sotto il sole cocente, s’è compiuto una specie di piccolo miracolo, dove la musica ha trionfato, grazie alla spensieratezza, alla follia e alla professionalità di tanti musicisti, arrivati da parti diverse del mondo per poter partecipare a questo enorme rito allegro e spavaldo.

Le prove sono iniziate il giovedì, e si sono protratte con qualche pausa fino all’evento vero e proprio, e sono state caratterizzate da un’allegria e da un senso di comunione fuori dal comune. Eravamo tutti consapevoli di essere davvero fortunati, e ci siam sentiti parte di un qualcosa più grande di noi. Per questo tutti han dato più del massimo per poter essere all’altezza di qualcosa che solo le rockstar riescono a realizzare: suonare di fronte a un pubblico di 55.000 persone, e farlo bene”.

Come ti sentivi?

“Per quanto mi riguarda tutta la fatica patita nel trasportare il mio fedele amplificatore, la pedaliera e la chitarra è scomparsa nel momento in cui ho suonato la prima nota durante le prove: sentirsi immerso nelle canzoni, è una sensazione realmente indescrivibile. È come sentirsi a casa, con tutto il fisico che reagisce positivamente alle belle vibrazioni che lo attraversano”.

Un momento che non scorderai?

“Degno di nota è stato il momento in cui un fonico, facente parte dello staff francese, s’è avvicinato e ha piazzato un microfono su una cassa del mio amplificatore, riempendomi d’orgoglio ma anche di un po’ di strizza: ogni nota infatti, da quel momento in poi, sarebbe uscita anche dall’impianto dello Stadio, quindi massima concentrazione e niente scherzi.

La prova generale, fatta il venerdì sera a porte chiuse, è stata magica, ed è volata in un lampo, lasciandomi carico ed estasiato, grazie anche ai complimenti di Alex Deschamps, l’energico e dinamico direttore dell’evento e all’entusiasmo di Philippe Manouvre, l’entusiasta presentatore francese assolutamente votato al dio del rock.

Durante la notte mi son svegliato all’improvviso, convinto di aver già affrontato la serata finale, mentre in realtà non era affatto così ma tant’è. Il troppo entusiasmo fa qualche scherzo.

Il sabato l’appuntamento per tutti è stato alle 15, per poter entrare allo Stadio e rifinire gli ultimi dettagli, prima del fatidico ingresso in campo, avvenuto, fra gli applausi e i boati del pubblico, intorno alle 21″.

Com’è stato il concerto vero e proprio?

“Il concerto è stato indimenticabile, grazie alla connessione che si è creata fin da subito con il variegato e numeroso pubblico. I guru, cioè i ragazzi che hanno insegnato a ciascuno di noi la propria parte (grazie a dei tutorial postati nei mesi precedenti) ci han guidato alla carica, non mollando mai la presa su nessun pezzo. Il primo è stato Highway to Hell degli AC/DC, che ha scaldato gli animi a dovere, seguito a ruota da Should I stay or should I go dei Clash, dove tutti han ballato, sia sul prato che sugli spalti, gli stessi che poi son stati messi a dura prova durante il terzo pezzo, Smell like teen spirit dei Nirvana, cantata come un inno da tutti.

Mentre il sole calava è stato il turno della funkeggiante Suck my Kiss dei Red Hot Chily Peppers, che ha preceduto il tuffo nel punk old school compiuto sulle note di Blitzkrieg Bop degli immensi Ramones. A seguire la rocciosa You really got me dei The Kinks e la dolce Supersonic degli Oasis e poi occhi puntati sui maxi schermi per un video omaggio al gigantesco Johnny Hallyday, leggenda della musica francese mancata due anni fa, che noi abbiamo avuto l’onore di ricordare eseguendo la sua Allumer Le Feu, circondati da effetti pirotecnici e da un pubblico in visibilio.

Subito dopo è stata la volta di una seconda hit francese, la divertente e gustosa An autre monde seguita poi da una pietra miliare della musica, l’incredibile We will rock you degli intramontabili Queen. I Mille hanno calato quindi un poker d’assi infilando, una dietro l’altra, Jumping Jack Flash dei Rolling Stones, Rebel Rebel di David Bowie, l’epica Smoke on the water dei Deep Purple e la graffiante I wanna be your dog dei The Stooges. Con tutti i presenti in un brodo di giuggiole è salito sul palco il folle sognatore che ha dato il via a tutto questo, Fabio Zaffagnini che, sull’intro di Where is my mind, esplicita la sua visione di un mondo composto da tante persone diverse che, come i Mille, comunicano per dar vita ad uno straordinario ensamble, chiudendo il suo breve intervento con il motto “Stick together and play rock’n’roll”.

Fra gli applausi ci siamo lasciati cullare dalle note del celebre pezzo dei Pixies, con noi Mille immersi in uno scenario che, grazie alle tante luci degli smartphone, ricordava un cielo stellato. È toccato quindi ad un altro inno da stadio, legato anche alle nostre imprese calcistiche, la celebre Seven nation army dei White Stripes sulla quale il pubblico esercita il suo potere, facendola ricominciare dopo l’ultima nota suonata da noi musicisti. Si è ripartiti poi in maniera soft con Song 2 dei Blur, che ha consolidato il nostro stato di estasy, e successivamente sono arrivate le note di Learn to fly dei Foo Fighters, che è un po’ la mamma di ogni pezzo di questo show. Dopodiché quasi tutti i Mille sono andati dal pubblico, spinti da un euforia incontenibile, ma lo spettacolo non era ancora terminato, mancava l’ultimo pezzo, il fantastico Medley Hendrix-Zeppelin, dove la band lega a doppio filo Purple Haze, Foxy Lady, Kashmir, Moby Dick, Heartbreaker, Communication Breakdown e Whola Lotta Love, concludendo in un crescendo in puro stile Rock’n’roll”.

Quando avete finito la scaletta come vi siete sentiti?

“Al termine dell’ultimo brano, ognuno di noi si è avvicinato al pubblico, fra lacrime di gioia, sorrisi e abbracci. Lo show era finito davvero, ma nessuno voleva andar via, come se si volesse godere d’ogni stilla di gioia che questo strano spettacolo ha generato.

Sentirsi parte di qualcosa di così epico dona energia per tanto tempo, e ciò che mi è rimasto impresso, oltre alle straordinarie vibrazioni di questi tre giorni, è una frase gridata a gran voce da un ragazzo vicino a me: “Il rock non è morto..non è morto!!” e secondo me ha pienamente ragione. Play rock and play loud”.

“We will rock you” provata dalle batterie

Il concerto

 

L’inno francese

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