Un’indagine lampo, condotta dai poliziotti della Squadra Mobile e del Commissariato di Sanremo, ha consentito di ricostruire la dinamica di una serie di incendi appiccati nella serata del 5 giugno nella città matuziana ed assicurare alla giustizia l’autrice degli stessi, una giovane donna residente a Ventimiglia ma di origini piemontesi.
Il primo incendio, che aveva creato il panico nella zona, aveva interessato un appartamento, al piano terra di una palazzina di una traversa di strada Borgo, ufficialmente disabitato ed in stato di abbandono ma occupato saltuariamente da stranieri irregolari. Sul posto erano intervenute varie pattuglie delle forze dell’ordine, personale medico del 118 ed un’ambulanza della Croce Rossa. Molti residenti, che avevano visto il fumo uscire dall’abitazione al piano terra, erano scesi in strada e la circolazione era rimasta chiusa al traffico per diversi minuti per consentire i soccorsi.
Poco dopo, nella vicina via Palma, vicolo del centro storico incluso da diverse abitazioni, avevano preso fuoco un cumulo di immondizia abbandonata ed uno scooter.
Gli investigatori intuivano fin da subito che gli episodi erano verosimilmente collegati tra loro e che, considerate le modalità con cui gli incendi erano stati appiccati e gli “obiettivi” presi di mira, non erano stati realizzati per un movente ricollegabile alla criminalità organizzata, quanto piuttosto per l’azione di qualche “scheggia impazzita”.
Le indagini, supportate dalle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza della zona, hanno confermato la tesi originaria, consentendo di individuare l’autrice dei folli gesti nella donna, che, in un momento di rabbia nei confronti del suo “ex”, uno straniero dal quale aveva avuto una figlia meno di due anni fa, aveva posto in essere la sfilza di attentati incendiari, che avevano colpito anche un appartamento ubicato nella zona in cui la “coppia” aveva vissuto nel periodo in cui la piccola era stata concepita. Probabilmente la rabbia della donna nei confronti dello straniero era determinata dal fatto che era stato arrestato e l’aveva lasciata sola a crescere la bambina ed a fronteggiare, con difficoltà, tutte le spese quotidiane.
Le immagini del sistema di videosorveglianza avevano evidenziato, oltretutto, che la donna aveva commesso gli episodi delittuosi portandosi al seguito, nel passeggino, la bambina, che, addirittura, nella fuga le era anche caduta.
Ovviamente erano state immediatamente interessate tutte le Autorità competenti: da un lato la locale Procura della Repubblica, che, considerata la gravità dei fatti, gli elementi indiziari a carico della donna e le esigenze cautelari, aveva chiesto al Giudice per le Indagini Preliminari di adottare la misura cautelare in carcere; dall’altro lato, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni e quel Tribunale per i provvedimenti di competenza in relazione alla bambina, i quali avevano già coinvolto i Servizi Sociali comunali affinché prendessero in carico la vicenda.
Nel momento in cui il G.I.P. – condividendo le ragioni che avevano indotto la p.m. dr.ssa Francesca BUGANÈ PEDRETTI a richiedere la custodia in carcere della donna – ha disposto la misura cautelare, i poliziotti, oltre ad accompagnare la donna nel carcere femminile di Genova “Pontedecimo”, hanno adottato un provvedimento d’urgenza a tutela della minore, collocandola immediatamente in una struttura protetta, in attesa che la magistratura minorile possa adottare i provvedimenti più idonei per garantire alla piccola un “futuro migliore”.