Si è svolto oggi, venerdì 4 ottobre, presso l’auditorium della Camera di Commercio di Imperia, l’incontro “Diversamente felici: l’accoglienza nella fede”, che ha visto come ospite Federico De Rosa.
L’incontro è stato organizzato dal “Serra International Italia – Club Imperia 541”.
Diversamente felici: ospite a Imperia Federico De Rosa
Federico è un ragazzo autistico che opera nel mondo della diversa abilità, come scrittore e giornalista non professionista. Si esprime poco a voce, ma scrive ciò che sente e attraverso la tastiera di un computer. È molto apprezzato, soprattutto sui social, per la capacità di raccontare il suo autismo “dall’interno”.
Paola Cavalieri ha introdotto la storia del figlio, Federico De Rosa, autore dei libri “Quello che non ho mai detto” e “L’isola di Noi”.
Presenti il vicesindaco Giuseppe Fossati, Can. Dr. Enrico Gatti, Rettore del Seminario Diocesano, Dr. Giuseppe Pili, Neuropsichiatra dell’ASL Imperiese e la Dr.ssa Angela Privitera Presidente eletto del Serra International Italia – Club Imperia 541.
Presenti anche studenti del Liceo Scientifico Vieusseaux di Imperia che, con l’aiuto degli insegnanti, hanno letto ed approfondito le sue opere.
Paola Cavalleri
“Siamo qui dietro invito del Club Serra. Federico è molto felice di riuscire a girare l’Italia, è invitato da associazioni sull’autismo o da scuole e a volte anche da istituzioni.
Quello che lui chiama la sua missione è fare l’ambasciatore dell’autismo e della disabilità in generale. Questa società non è fatta da persone normali, come noi le intendiamo, ma siamo tutti diversi. Ciascuno è unico e nessuno va escluso. Una società dell’inclusione a cui lui spera di lavorare.
Un altro messaggio che vuole mandare è che è vero che parliamo di disturbo dello spettro autistico, di una gamma di diverse persone che hanno un livello di gravità differente, andiamo da Steven Spielberg a persone che non sono in grado di compiere gli atti comuni nella vita quotidiana.
Questa non è una malattia ma una neurodiversità. Questa diversità di approccio rispetto al concetto di malattia e di malati, ci aiuta a pensare l’autismo e i nostri figli e le persone che seguiamo, in un’altra maniera.”