Due anni di carcere, pena sospesa. Questa la sentenza pronunciata nella mattinata di oggi, venerdì 8 novembre, dal giudice Marta Maria Bossi, nei confronti di una commerciante imperiese, 50 anni, accusata di calunnia.
Imperia: calunnia, commerciante imperiese condannata a 2 anni di carcere
La 50enne è finita a processo per aver disconosciuto la paternità della firma su un assegno per l’acquisto di capi di abbigliamento da un punto vendita all’ingrosso.
Il Pm aveva chiesto due anni di carcere, mentre il legale della donna, Tito Schivo, l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Il giudice, Marta Maria Bossi, ha condannato la commerciante a due anni di carcere, pena sospesa, disponendo altresì la non menzione nel certificato del casellario giudiziale.
La storia
La 50enne, commerciante di un negozio di abbigliamento a Imperia, ha ordinato circa 3.500 euro di vestiti da un punto vendita all’ingrosso, dilazionando il pagamento in due tranche. 1.500 euro con un primo bonifico e 2 mila euro con assegno alla consegna della merce.
Nelle settimane successive, a seguito dell’avvenuta consegna della merce, il corriere ha ricevuto regolare assegno di pagamento. Da chi? Non è chiaro.
Ed è che a questo punto che la vicenda si tinge di giallo. Nel momento in cui, infatti, i titolari del punto vendita all’ingrosso provano a incassare l’assegno, ricevono comunicazione di mancanza di liquidità nel conto corrente, con conseguente protesto.
Alla richiesta di chiarimenti, la commerciante lamenta di non aver mai firmato alcun assegno. Da qui l’avvio, d’ufficio, di un procedimento per calunnia a carico della 50enne.
Le indagini non hanno portato a chiarire eventualità responsabilità di soggetti terzi nella vicenda, con conseguente rinvio a giudizio della commerciante.