“Chiediamo giustizia per Martina, che i colpevoli siano assicurati alla giustizia, che la famiglia riceva giustizia e non debba subire un altro dolore oltre all’immensa tragedia di aver perso una figlia. Chiediamo una revisione del processo“. È questo l’appello lanciato al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede tramite una petizione sulla piattaforma Change.org, per contestare l‘avvenuta prescrizione di uno dei due reati contestati a Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, i due giovani aretini accusati di aver provocato la morte della 20enne imperiese Martina Rossi.
La raccolta firme, iniziata circa 2 settimane fa, ha raggiunto in breve tempo quota 32 mila firme e non accenna ad arrestarsi.
Ecco il link:
Processo morte Martina Rossi: petizione per contestare la prescrizione di uno dei due reati
In primo grado Vanneschi e Albertoni erano stati condannati a 6 anni di carcere ciascuno per tentata violenza sessuale (3 anni) e morte come conseguenza di altro reato (3 anni). Secondo l’accusa Martina Rossi cadde dal balcone del 6° piano dell’hotel Sant’Ana a Palma di Maiorca, nel 2011, nel tentativo di fuggire ad un tentativo di violenza sessuale da parte dei due imputati.
In appello, è stata prescritta l’accusa di morte come conseguenza di un altro reato. Il processo è stato rinviato a settembre 2020.
Ecco il testo della petizione
“Martina Rossi, 20 anni, genovese, precipitò dal balcone di una camera di albergo a Palma di Maiorca il 3 agosto 2011.
Morì precipitando per fuggire a una violenza sessuale. In primo grado i due imputati erano stati condannati a sei anni per tentata violenza sessuale e morte in conseguenza di altro reato. Per l’accusa la ragazza precipitò da un balcone nel tentativo di sfuggire allo stupro. Ma in appello il secondo reato è stato prescritto.
È terminata infatti con un rinvio al settembre 2020 la prima udienza di appello per la morte di Martina Rossi.
“La morte di Martina Rossi fu la conseguenza di un precedente delitto commesso da Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi: il tentativo di violenza sessuale sulla ragazza, che reagì e tentò la fuga sul balcone. E precipitò. Poi i due giovani con una serie di bugie hanno cercato di far passare la tragedia per un suicidio”. È la sintesi delle 113 pagine scritte dal giudice Angela Avila sul caso di Palma di Maiorca, il volo nel vuoto dal sesto piano dell’Hotel Santa Ana che spezzò la vita della ventenne di Genova il 3 agosto 2011.
Ad Albertoni e Vanneschi i giudici rimproverano con severità “di non aver mai avuto un comportamento collaborativo con gli inquirenti, sia in Spagna nell’immediatezza, quando hanno attuato la loro messinscena, sia in Italia quando sono stati chiamati presso la Questura di Genova, concordando previamente la versione da rendere, in modo da far combaciare tutto, anche con gli altri due amici in vacanza con loro, continuando a mentire e nascondere palesemente la verità dei fatti.”
E ancora: “Non hanno poi manifestato resipiscenza e davvero sorprende – si legge nelle motivazioni – la mancanza del benché minimo senso di colpa. Hanno continuato la vacanza spagnola come se nulla fosse, senza scrupoli, indifferenti, spensierati, e continuando a divertirsi”. Come dimostrato dai post su facebook, al rientro: “Delirio terrore e di nuovo delirio a Palma”; “Abbiamo lasciato il segno”; “A Palma sono passati i fuoriclasse”; “Veramente un’avventura alla vallanzasca la nostra…”
Il reato di “morte come conseguenza di un altro reato” per cui erano stati condannati in primo grado Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi è andato in prescrizione ed è quindi decaduto.
Chiediamo giustizia per Martina, che i colpevoli siano assicurati alla giustizia, che la famiglia riceva giustizia e non debba subire un altro dolore oltre all’immensa tragedia di aver perso una figlia.
In un Paese civile non devono essere tollerate violenze, femminicidi, crimini contro l’umanità.
Non devono essere i singoli cittadini a battersi per avere giustizia, come nel caso di Ilaria e Stefano Cucchi, ma la Giustizia deve essere una macchina perfettamente funzionante in grado di proteggere i cittadini italiani.
Il reato di omicidio non può e non deve cadere in prescrizione. La famiglia non può essere abbandonata e subire un secondo incommensurabile danno.
Chiediamo una revisione del processo”.