“Vivere liberi fino alla fine è l’obiettivo della nostra battaglia”. Lo afferma Marco Cappato, esponente dei Radicali e dell’Associazione Luca Coscioni, ad alcuni giorni di distanza dalla storica sentenza di assoluzione della Corte d’Assise di Milano, nell’ambito del processo che lo vedeva imputato con l’accusa di aver aiutato Fabiano Antoniani (noto come DjFabo) a suicidarsi in Svizzera.
Marco Cappato assolto per la morte di Dj Fabo: l’intervista
Cappato, promotore della campagna “Eutanasia Legale” e del Congresso mondiale per la libertà di ricerca, è stato assolto dalla Corte d’Assise di Milano perché “il fatto non sussiste”.
Una sentenza importante per la storia giuridica italiana, poiché, applicando il principio indicato dalla Corte Costituzionale, ha stabilito “la non punibilità dell’aiuto al suicidio”, riconoscendo che, nel caso della morte di Dj Fabo, si sono verificati tutti e quattro i requisiti previsti, ovvero la patologia irreversibile, le atroci sofferenze fisiche e psichiche, il mantenimento in vita da trattamenti di sostegno vitali e la capacità di prendere decisioni autonome.
Contattato da ImperiaPost, ecco cosa ha affermato Marco Cappato a seguito dell’assoluzione.
Cos’ha provato al momento della lettura della sentenza di assoluzione?
“È stata un’enorme soddisfazione. È stato riconosciuto come diritto quello che io ho sentito personalmente come un dovere. Il risultato più grande riguarda quello che potrà accadere ora per chi si trova nelle stesse condizioni in cui si trovava Fabiano. Queste persone potranno essere aiutate nella legalità e non nella clandestinità a scegliere della propria vita.
Il percorso non è concluso. Il prossimo 5 febbraio ci sarà l’udienza al tribunale di Massa con Mina Welby, per la morte di Davide Trentini che abbiamo aiutato ad andare in Svizzera. La differenza è che lui non era attaccato a una macchina e non rientra nei criteri che hanno portato la Corte Costituzionale ad assolvermi nel caso di Fabiano.
Sarà un altro passaggio fondamentale.
Il principio importante della Corte, nell’applicazione pratica, riguarda le persone nella situazione di Fabiano, ovvero dipendenti da un trattamento di sostegno vitale, ma c’è una grande parte dei malati terminali che non sono attaccati a delle macchine.
La Corte Costituzionale ha stabilito un principio importantissimo che il Tribunale di Milano ha applicato, ma affinché possa essere applicato a tutte le persone bisogna vedere come andrà a Massa”.
Spera in un’azione del Parlamento?
“Il Parlamento sarebbe fondamentale per stabilire dei criteri che non dipendano dalla tecnica con cui è tenuta in vita una persona, ma dalla condizione soggettiva e dalla sua volontà.
Sulla carta i numeri ci sarebbero anche, la maggioranza del Pd e dei pentastellati è a favore, ma Di Maio e Zingaretti ancora tengono questo tema bloccato, lo temono, quindi la discussione non è ancora arrivata in Parlamento.
Spero che la situazione si possa sbloccare, non solo per me e per le persone che si trovano in sofferenza, ma anche per il Parlamento stesso. Di fronte a un tema ormai così importante e anche così sentito, un Parlamento che non interviene danneggia la credibilità Parlamento stesso, mentre invece la credibilità è una risorsa molto preziosa in democrazia”.
Perché questo ritardo nell’azione della politica?
“Tutti i sondaggi ormai dicono che il 90% delle persone è favorevole, quindi il problema non è l’opinione pubblica. È più un fatto di poteri e di equilibri. Da una parte i rapporti con il Vaticano e dall’altra gli equilibri interni con i gruppi che fanno più riferimento alla Chiesa. I capi dei partiti non riescono a usare questi temi per manovrare le truppe, se invece avessero come riferimento principale l’opinione pubblica, la decisione sarebbe già arrivata”.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha affermato che lui difenderà sempre il diritto alla vita e non alla morte. Cosa ne pensa?
“Il morire fa parte della vita. Vivere liberi fino alla fine è l’obiettivo della nostra battaglia. Lui parla di “suicidio di Stato”. ma io non definisco quello di Fabiano un suicidio, bensì l’interruzione di una sofferenza insopportabile. Non parliamo di scelta di Stato ma di poter scegliere per se stessi nella legalità. Non decide lo Stato, ma la persona.
Per arrivare all’ottenimento di una legge, però, sono più pericolose le posizioni ambigue. Quella di Salvini è chiara e minoritaria. Lui si tiene alla larga da questi temi e ne parla solo quando è obbligato. Dall’altra parte, però, Zingaretti e Di Maio hanno posizioni ambigue, affermando che bisogna trovare una sintesi. Rischia di convincere di più una posizione minoritaria chiara, ma di contrasto, che non quelle ambigue che non si capisce cosa vogliano dire. Il confronto deve essere chiaro”.
La Corte di Cassazione recentemente ha stabilito che coltivare la cannabis in casa, entro certi criteri, non è reato. Qual è la sua opinione?
“È chiaro che il proibizionismo su qualsiasi droga arricchisce mafie e criminalità. Un principio fondamentale di uno Stato liberale l’essere liberi di fare quello che voglio finché non danneggi gli altri. Quindi dovrei essere libero di consumare sostanze stupefacenti, ma anche sostanze più pericolose, come l’alcol, ma non sono libero di mettere a rischio gli altri, ad esempio guidando dopo aver consumato cannabis o alcol. Anche qui servirebbe una legge.
Sia sull’eutanasia che sulla cannabis ci sono due leggi di iniziativa popolare che abbiamo presentato attraverso una raccolta firme. Da anni attendono di essere discusse. L’articolo 71 della Costituzione afferma che “il popolo esercita l’iniziativa delle leggi”, ma il Parlamento, non discutendole, non lo rispetta”.
Per quanto riguarda l’obiettivo di una legge sull’eutanasia, come vede il 2020?
“Andremo avanti. La disobbedienza civile continua. In un modo o nell’altro credo che riusciremo a ottenere ancora dei passi avanti nella conquista di nuove libertà”.
Qual è il suo sogno?
“I prossimi 25 e 26 febbraio avremo il Congresso Mondiale per la libertà della ricerca scientifica in Etiopia ad Addis Abeba. Parleremo anche di un argomento che mi sta molto a cuore, ovvero il diritto di beneficiare dei risultati della scienza, inteso come diritto umano fondamentale, che non deve riguardare solo élite e minoranze di persone che hanno disponibilità economica e strumenti culturali per affrontare questi temi, ma riguarda tutti.
Il mio sogno è che sul tema delle libertà di autodeterminazione e della scienza ci si possa anche occupare di chi vive nelle aree più povere e marginali del mondo. La libertà non è un lusso, deve riguardare tutti”.
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Gaia Ammirati