La Commissione Tributaria Provinciale di Imperia ha azzerato le contestazioni che l’Agenzia delle Entrate, a seguito di una verifica della Guardia di Finanza, aveva notificato, per un importo pari a circa 300 milioni di euro, alla società Porto di Imperia Spa, incaricata della gestione del porto di Imperia, poi fallita (giudizio ancora pendente in Cassazione).
Porto di Imperia Spa: nessuna sovrafatturazione, azzerate contestazioni Agenzia Entrate
Le contestazioni, relative agli anni dal 2007 al 2012, avevano come oggetto i costi sostenuti per la costruzione del porto dall’Acquamare di Francesco Bellavista Caltagirone (gruppo Acquamarcia) e i ricavi derivanti dalla vendita (per effetto della concessione) di parte dei posti barca.
I costi di costruzione, secondo l’accusa, sarebbero stati gonfiati con una catena di subappalti, con varie società del gruppo Acquamarcia impegnate nella realizzazione dei lavori a costi via via sempre inferiori.
I ricavi della vendita dei posti barca, al contrario, sarebbero stati sottofatturati. Il valore di mercato dei posti barca sarebbe stato maggiore, infatti, secondo l’accusa, di quello fatturato.
La curatela fallimentare, rappresentata dallo studio legale Dentons, ha dimostrato come il complesso meccanismo di pagamento del prezzo dell’appalto era tale da escludere qualsiasi ipotesi di sovrafatturazione dei costi, posto che prevedeva una permuta (70-30) tra la costruzione del porto, da parte dell’Acquamare a beneficio di Porto di Imperia, e la concessione pluriennale dei posti barca, da parte di Porto di Imperia a beneficio della Acquamare.
Per effetto di tale meccanismo, infatti, l’importo dei costi coincide inevitabilmente con quello dei ricavi e quindi, qualunque sia il loro valore di mercato, se aumenta l’uno deve necessariamente aumentare anche l’altro, con un effetto nullo sul reddito tassabile, che deve essere determinato dal confronto tra ricavi e costi.
La Commissione Tributaria di Imperia ha inoltre accolto un ulteriore motivo di difesa, concernente l’applicabilità anche alle controversie tributarie del principio del ne bis in idem stabilito dalla Corte di Giustizia UE, secondo cui il medesimo fatto non può costituire oggetto di un giudizio tributario quando è già stato oggetto di un giudizio penale, come è accaduto nel caso di specie.