24 Dicembre 2024 04:24

24 Dicembre 2024 04:24

Processo Breakfast, attesa per sentenza: “Scajola reo confesso. Chiese patteggiamento”/Le repliche del Pm

In breve: Nelle prossime ore è attesa la sentenza.  "Scajola in più occasioni non ha negato, ma ha ammesso di essersi adoperato a favore di un latitante per reati di mafia".

Si è aperta con l’ennesimo colpo di scena l’udienza del processo Breakfast che vede sul banco degli imputati il Sindaco di Imperia Claudio Scajola, accusato di aver favorito la latitanza dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato a 3 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente latitante a Dubai.

Processo Breakfast: Pm chiede escussione collaboratore di giustizia, richiesta respinta dal Tribunale

Il Pubblico Ministero Giuseppe Lombardo ha chiesto l’escussione del collaboratore di giustizia Pino Liuzzo.

Il Tribunale, dopo essersi ritirato per alcuni minuti in camera di consiglio, ha respinto la richiesta del Magistrato.  “Non ricorrono i presupposti per l’interruzione della requisitoria, le dichiarazioni di Liuzzo non sono decisive ai fini della decisione”.

Si è così passati alle repliche del Pubblico Ministero. Nelle prossime ore è attesa la sentenza. 

Processo Breakfast: “Scajola reo confesso”

Il Pubblico Ministero nel corso delle proprie repliche, si è soffermato in particolare sulle dichiarazioni di Claudio Scajola nel corso del dibattimento e sulla richiesta di patteggiamento presentata nel settembre 2014 dai legali dell’ex Ministro. 

Nessuno degli imputati ha invitato Matacena a costituirsi alle autorità italiane. Ci troviamo di fronte a un reo confesso – ha esordito il Pm – Scajola in più occasioni non ha negato, ma ha ammesso di essersi adoperato a favore di un latitante per reati di mafia. Un atteggiamento, nel corso del processo, opposto a quello assunto nella richiesta di patteggiamento presentata dai suoi legali. Gli avvocati di Scajola hanno presentato richiesta di patteggiamento il 24 settembre del 2014, senza, però, l’ammissione di responsabilità da parte dell’odierno imputato. 

Si è detto in aula che Scajola avrebbe chiesto patteggiamento per evitare clamore mediatico. L’arresto di Scajola è datato maggio 2014. La richiesta di patteggiamento è del settembre 2014. Quale clamore mediatico doveva evitare arrivato a quel punto?.

Abbiamo una confessione processuale e abbiamo rafforzamento di quella confessione, dal punto di vista procedurale, che è la richiesta di patteggiamento.  Tutto il resto non mi interessa. 

Si è tentato di dire al Tribunale che, nel rapporto ScajolaSpeziali, avrebbe sempre chiamato Speziali. Scajola sarebbe stato un recettore passivo.  Se vengo contattato decine di volte al giorno da un call center, rispondo ‘non ho nulla da dirle, arrivederci’. Mi risultano 37 chiamate, in pochi mesi, da Scajola a Speziali. Si è tentato di rappresentare una realtà diversa per andare a intaccare la portata dimostrativa delle prove acquisite nel corso delle indagini preliminari per quel che riguarda i rapporti Speziali-Dell’Utri, Scajola-Rizzo, in relazione allo spostamento di Matacena dagli Emirati Arabi Uniti.

Nonostante tutto questo il problema di questo processo è il Pubblico Ministero. 

Ho qui una lettera, datata 13 febbraio 2014. Lettera che, c’è stato detto in questa sede, scritta da Claudio Scajola per recidere rapporto con Chiara Rizzo. Ora non devo insegnare niente a nessuno. Vi dico solo che questa lettera, che si chiude con ‘addio’, assume un peso probatorio in questa sede ove siate in grado di dimostrare che dal 13 febbraio 2014 tra Scajola e la Rizzo l’addio è effettivo.

Non ci sono più contatti, interlocuzioni. Non si parla più di determinate questioni, ovvero il marito latitante. E proprio da quel momento in poi, invece, che le interlocuzioni si intensificano. Mi spiace per l’Onorevole, ma questa lettera non ha peso alcuno. 

Ho la spiacevole sensazione che si voglia giustificare, per un sentimento, il fatto che un uomo dello Stato abbia consumato gravi reati. Scajola sapeva bene che la sua condotta fosse penalmente rilevante. Perché lo sapeva? Perché il 24 settembre 2014 era stato lui ad ammettere che la soluzione migliore fosse chiudere la sua vicenda con patteggiamento. 

Si è messa in discussione la veridicità del fax inviato a Gemayel (presidente Libano).  Non può non essere considerato per quello che è solo perché non inviato da una sede ufficiale. Da dove doveva essere inviato? Parliamo di un fax in cui si programma la latitanza di un condannato per mafia”.

 

 

 

 

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