“Non mi dimetterò da sindaco”. Queste le prime parole di Claudio Scajola a pochi minuti dalla condanna a 2 anni di carcere (pena sospesa), nell’ambito del processo che lo vedeva imputato con l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato in via definitiva a 3 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, attualmente latitante a Dubai.
Per Scajola, il Tribunale non ha previsto pene accessorie e non è prevista l’applicazione della legge Severino.
Processo Breakfast, condannato Claudio Scajola: il commento in aula
“Speravo che si risolvesse già in primo grado. Poiché sono uomo di istituzione e credo nella giustizia, vuol dire che ciò che non è stato sufficiente in primo grado sono certo che si risolverà in secondo grado. Posso solo dire che in confronto alla richiesta del PM, tutta l’inchiesta mi pare si sia sgonfiata.
Non mi dimetterò dalla carica di Sindaco. Proseguo il mio lavoro con più impegno di prima, perché nulla di questo entra con la mia attività amministrativa. Nè questa nulla di questa condanna in primo grado ha a che fare con reati contro il patrimonio.
Ribadisco che mi sono interessato nei limiti di quanto possibile con l’ambasciata per vedere se era possibile l’asilo politico. Non credo che questo sia un reato, l’ho sempre dichiarato dal primo giorno. Nei successivi gradi di giudizio mi auguro che venga confermato il mio comportamento nei termini di legge, una persona corretta come credo di essere.
Io ho cercato di aiutare non Matacena, ma una donna che era in assoluta difficoltà e in affanno, che necessitava di avere aiuto”.
Avvocati Elisabetta Bosuito e Patrizia Morello
“Ricorreremo in appello, ma ne parleremo solo quando saranno rese note le motivazioni. Non c’è una perfetta coincidenza tra la ricostruzione accusatoria e quella che sarà la ricostruzione che presumo letta nella motivazione. Oggi abbiamo solo il dato finale, il commento lo si fa quando si leggono le motivazioni sul ragionamento sottostante.
Avevamo messo in conto anche l’ipotesi di una condanna, perché non necessariamente da subito le tesi della difesa possono essere accolte. Certamente eravamo sicuri che la richiesta del PM non sarebbe stata accolta nella misura in cui era stata formulata. Credevamo fermamente nell’assoluzione perché siamo fermamente convinti della bontà delle nostre tesi, sia dal punto di vista della ricostruzione fattuale, che oggi il PM non è stato in grado di confutare, sia sulla ricostruzione giuridica, sulla quale oggi non ho sentito una parola”.