Nelle ultime settimane l’argomento più discusso, a Imperia, è certamente il progetto di realizzazione di un impianto di acquacoltura al largo della Galeazza. Gli amministratori locali si sono detti tutti all’oscuro del progetto.
Una versione che, però, viene smentita dalla lunga intervista rilasciata a ImperiaPost da Italo Marvaldi, ex preside dell’Ipsia.
Marvaldi, infatti, è l’ideatore del progetto di acquacoltura. Fu lui, nel 2006, con la società Imperia Mare Blu Srl, il primo a chiedere in concessione, al Comune di Imperia, l’area antistante la Galeazza per la creazione di un allevamento ittico.
Un progetto di ampio respiro, di cui tutti erano a conoscenza, che però non si concretizzò mai, nonostante le tante promesse del mondo politico, per mancanza di finanziamenti.
Italo Marvaldi, partiamo dall’inizio di questa lunga storia. E’ il 2006 quando presenta al Comune di Imperia richiesta di concessione. Perché?
“Ero preside dell’Ipsia. Imperia non si muoveva, sembrava una città bloccata, pur avendo un mare meraviglioso a disposizione. Volevo fare qualcosa. Ero, e sono ancora, un grande appassionato di barca a vela, c’erano grandi prospettive per quel che riguarda il futuro porto.
Volevo fare qualcosa per dare lavori ai ragazzi giovani. Ricordo che vidi le gabbie per l’acquacoltura su Linea Blu. La cosa mi incuriosì. Iniziai ad andare in giro, dalla Francia a Lavagna. Andai ad Ancona per vedere le gabbie. Volevo fare qualcosa di innovativo, di diverso”.
Che progetto aveva in mente?
“Andai a cercare io la società Aquarius (poi fallita, ndr), che già gestiva un progetto di acquacoltura. Incontrai Roberto Cò (oggi socio di Aqua, ndr). Presentammo richiesta di concessione quasi contemporaneamente a Imperia, in porzioni di mare attigue (nella concessione di Aquarius è poi subentrata, nel 2018, la società Aqua, ndr).
La concessione rilasciata dal Comune alla società di cui ero presidente, la Imperia Mare Blu Srl, era di 100 mila metri quadri. Il progetto prevedeva sei gabbie galleggianti (in aggiunta alle 10 previste dalla concessione rilasciata ad Aquarius, ndr), oltre a due per l’Ipsia, per gli studenti.
Nelle gabbie dovevano crescere gli avanotti, per poi pescarli e portarli a terra, in una sorta di centro di smistamento. Una parte sarebbe andata direttamente nelle pescherie locali, un’altra, incassettata e portata nei supermercati. Avevamo fatto richiesta per avere un centro logistico nei magazzini sul molo lungo di Oneglia.
Volevamo puntare sulla riproduzione assistita di gamberi, polpi, seppie e totani. Avrebbe avuto un rendimento inverosimile. Dalle altre parti queste cose le fanno. Imperia, purtroppo, è sempre il fanalino di coda.
Il progetto prevedeva la creazione di un laboratorio di sperimentazione. In tutto avremmo creato oltre 30 posti di lavoro. I ragazzi dell’Ipsia avrebbero lavorato sugli impianti. Avevamo anche creato una cooperativa, la Coop Imperia Punto Blu, perl’inserimento lavorativo dei ragazzi”.
Chi scelse la Galeazza, come area? E perché?
La politica locale era a conoscenza del progetto?
E Claudio Scajola
Perché il progetto saltò?
Ma all’epoca non ci furono proteste?
A proposito di inquinamento. Cosa pensa delle proteste contro il progetto di acquacoltura presentato dalla società Aqua?
Non le piacerebbe collaborare con il nuovo progetto di acquacoltura?
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Nella galleria fotografica la documentazione risalente al 2006, con i permessi per l’impianto di acquacoltura alla società Imperia Mare Blu Srl e la concessione.