Se li sono portati via alla fine del blitz, una manciata di ore passate a Villa Ninina, sulle alture di Oneglia: carte, documenti, ma anche foglietti, scritti a mano con appunti, numeri di telefono, nomi. ‘Pizzini’ li chiamano, persi in mezzo ai tanti faldoni custoditi nello scantinato di Villa Ninina, la casa del’ex ministro Claudio Scajola.
Secondo un’ANSA pubblicata in mattinata, i magistrati dell’antimafia, Giuseppe Curcio della Direzione nazionale e Francesco Lombardo della Dda di Reggio Calabria titolari dell’inchiesta su Scajola, si son portati via poche cose, alcune definite “interessanti”. Il 90% del materiale ancora accatastato nella tavernetta l’hanno alla fine dissequestrato. Acquisizioni preziose, che possono anche portare a nuovi intrecci, come per esempio, a quello con l’inchiesta che ha portato in carcere l’ex presidente di Banca Carige Giovanni Berneschi arrestato per associazione per delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio. Un’ipotesi di lavoro, certo, che i due magistrati calabresi hanno probabilmente illustrato in un rapido incontro con Nicola Piacente e Silvio Franz, i due pm che si occupano dell’inchiesta Berneschi.
Esiste un comune denominatore? e se si, qual è? Scontato, e a quanto sembra scartato, l’approccio con il ramo scajoliano all’interno dell’ex cda di Banca Carige (il fratello dell’ex ministro, Alessandro Scajola, è stato dal 2001 vicepresidente e membro del comitato esecutivo della Carige), saltano agli occhi le ‘evidenze’ sottolineate anche dagli ispettori di Bankitalia nel rapporto 2013 sui prestiti facili a società che sono in qualche modo riconducibili proprio a Scajola. Ma sono solo spunti d’indagine. Oppure tra le carte che i magistrati calabresi hanno guardato assieme agli uomini della Dia c’era anche qualche ‘pizzino’ che potrebbe interessare i magistrati genovesi?
L’incontro di oggi è stato, dicono in Procura a Genova, “di natura esplorativa, una prima presa di contatto per un successivo scambio di informazioni” che potrebbero davvero arricchire le due indagini. Prima di lasciare Genova, i due magistrati calabresi se ne sono andati in piazza Ortiz, nella nuova sede della Dia per interrogare la “bravissima, bravissima, bravissima” come diceva Scajola al telefono, segretaria Roberta Sacco. Tre ore di interrogatorio che, spiega il suo legale Erminio Annoni, “sono servite a chiarire la sua posizione“.