“Nel comunicato del gruppo di Cittadinanzattiva di Imperia del gennaio 2020 avevamo affermato la necessità di una maggiore presenza e intervento della medicina territoriale, che si è gravemente indebolita nell’ultimo decennio grazie a politiche di impoverimento del personale sanitario e di abolizione e riduzione di ambulatori e strutture un tempo eccellenti e oggi carenti: ne sono esempi i Servizi di Salute Mentale, quelli di Igiene Pubblica, la Fisiatria e la Fisioterapia ecc – interviene così Cittadinanzattiva di Imperia, tramite una nota stampa.
Ospedale unico, interviene Cittadinanzattiva di Imperia
In quello stesso comunicato si ribadiva la follia, l’assurdità nel voler eliminare i presidi ospedalieri cittadini a favore di un ospedale unico in cui accorpare tutti i servizi tagliando ulteriormente il personale con la scusa del miglioramento tecnologico (come se questo non potesse essere migliorato dove c’è già un presidio ospedaliero e come se i medici e gli infermieri invece di essere il cardine del sistema sanitario fossero l’elemento meno importante).
I fatti successivi ci hanno dato drammaticamente ragione: la cosiddetta “sanità lombarda”, modello di “eccellenza” copiato dalla Regione Piemonte e dalla Regione Liguria, ha dimostrato tutta la sua inefficienza, pericolosità e distruttività. Il modello tecnocratico-economico centrato solo sull’ospedale come luogo di cura, la carenza di posti letto negli ospedali pubblici (persi 70.000 posti in dieci anni in Italia), l’incapacità di quelli privati di farsi carico dell’emergenza sanitaria (poiché privilegia patologie con grande ritorno economico e non una ‘banale’ epidemia), il risparmio sul personale tagliato a piene mani soprattutto sul territorio (errore che non ha fatto la Regione Veneto) ha palesato nei fatti, come già dicevamo, i suoi errori teorici e le conseguenze di questa progressiva erosione della sanità pubblica.
L’errore viene ribadito cercando di creare ex novo un inutile pseudoospedale nella Fiera di Milano, con una rianimazione sganciata da tutti gli altri reparti medici e senza medici: un regalo di milioni di euro ai privati. Si poteva riadattare un padiglione dismesso dell’ospedale Niguarda, ma questa ipotesi non redditizia e mediaticamente non visibile non è stata proprio presa in considerazione.
Non osiamo immaginare cosa sarebbe successo se nella provincia di Imperia non ci fossero stati più poli ospedalieri per separare e smistare le persone infette ma fossero invece stati tutti riuniti in un solo luogo (come è successo in Lombardia con i risultati che abbiamo tutti sotto gli occhi).
La carenza di strutture, personale, posti letto e di presidi medici, la cecità e ignoranza delle conoscenze di base dell’Igiene Sanitaria, ha anche “obbligato” gli amministratori a prendere l’incredibile decisione di spostare persone ancora infette nelle RSA (150 morti per coronavirus nel Pio Albergo Trivulzio di Milano, per fare un solo esempio) o di accogliere in ospedale persone già con infezioni molto avanzate perché abbandonate al domicilio nelle prime fasi.
Grazie a questo modello almeno 130 medici sono già morti per questa infezione così sottovalutata all’inizio, che ha smascherato tutte le falle del taglio a tutti i costi del SSN (stesso errore con simili o peggiori conseguenze drammatiche in Gran Bretagna). In fase pandemica si cerca di imporre ancora alla Liguria questa vecchia scelta tecnocratica: carenza di personale, di dispositivi di protezione individuale, di tamponi per pazienti e medici, di cura del paziente a domicilio.
L’attuale giunta regionale ha spalancato le porte alla sanità privata e ha tagliato dipendenti negli ospedali, ha coperto i muri di Genova con poster che ringraziavano i medici della stessa sanità pubblica mentre ha deciso di privatizzare gli ospedali del Ponente Ligure. Negli ospedali della Liguria negli ultimi quattro anni si sarebbero persi 1100 posti di lavoro, di cui 230 medici (fonte Cgil).
E’ chiaro che i luoghi della cura come sono attualmente concepiti non sono più quelli adatti: l’ospedale come luogo di concentrazione dei malati è funzionale alla politica e non viceversa, al malato. E’ evidente in questo caso come la diffusione del virus è stata favorita dalla concentrazione dei malati in ospedali e RSA (ci sono vittime del contagio anche fra il personale medico per questo!). E’ paradossale che si chieda di stare a casa per non diffondere il virus e poi la “soluzione lombarda” sia quella di concentrare i malati , accanto a altri malati già infetti o in reparti non dedicati al Covid19. L’ospedale serve ma non è la soluzione, la prima linea ha bisogno di retrovie robuste (medicina territoriale efficiente), la guerra non si combatte solo in trincea.
Una sanità pubblica povera e centrata sul modello ‘ospedale unico’, senza una distribuzione capillare nel territorio, senza piccoli presidi ambulatoriali e ospedalieri diffusi genera i mostri che abbiamo tutti oggi sotto gli occhi”.
Comunicato Stampa.