“L’uso corretto dei termini da parte del legislatore è fondamentale. Altrimenti si rischia di fallire gli obiettivi prefissati.”, afferma Luciano Vazzano, Segretario Territoriale CNA Imperia.
È il caso della confusione che si è innescata sul termine sanificazione, contenuto nei recenti provvedimenti del Governo, che sta provocando un vero e proprio cortocircuito normativo e applicativo.
Nello specifico, l’incertezza della norma contenuta nel decreto Cura Italia, che prevede un credito d’imposta per le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro, comporta per le imprese che hanno necessità di tali interventi ad affrontare costi superflui, essendo indotte, in molti casi, a ricorrere a trattamenti non prescritti dal Ministero della Salute. E nel contempo si escludono, ingiustamente, migliaia di imprese professionali di pulizia dalle operazioni per il contrasto del coronavirus.
Le prescrizioni contenute nella circolare n. 5443 del Ministero della Salute individuano gli specifici interventi di pulizia e disinfezione necessari ad evitare i rischi di contagio con l’utilizzo di appositi prodotti. Si tratta di attività abitualmente svolte dalle imprese professionali del settore delle pulizie e non solo da imprese abilitate alla sanificazione.
“Gran confusione si è riscontrato anche nel settore dell’impiantistica”, prosegue Vazzano. “In alcune ordinanze regionali, ad esempio Toscana ed Abruzzo, infatti, si fa impropriamente riferimento all’intervento di “sanificazione delle griglie, bocchette e dei filtri dell’aria, mediante lavaggio, disinfezione/sterilizzazione o mediante sostituzione”.
Nelle ordinanze in questione, così come anche in altri provvedimenti, si dà una errata interpretazione del concetto di “sanificazione” che all’articolo 1 del D.M. n. 274/1997 così viene definita: “sono attività di sanificazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizie e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore”.
La “sanificazione”, quindi, riguarda un “complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti”, si applica pertanto agli ambienti e non agli impianti o a parte di essi e la possono svolgere imprese che devono necessariamente avere particolari requisiti di capacità economico-finanziaria ed obbligatoriamente un Responsabile Tecnico che dovrà avere un rapporto d’immedesimazione con l’impresa ed essere in possesso di specifici requisiti tecnico-organizzativi stabiliti dall’art. 2 del D.M. 274/97
La pulizia e la igienizzazione di griglie, bocchette e dei filtri dell’aria, cosi come tutte le operazioni che si compiono ad esempio sui “condotti d’aria”, sono attività riferibili alla manutenzione ordinaria del complesso impiantistico aeraulico e che se richiedono la rimozione di componenti e o parti dell’impianto possono essere condotte solo da imprese impiantistiche abilitate ai sensi del DM 37/08.
“Parlare di ‘sanificazione’ degli impianti”, sottolinea Vazzano, “è pertanto sbagliato e questa imprecisione legislativa, sta mettendo in grande difficoltà gli installatori che vengono chiamati, ed a volte costretti, a dichiarare la conformità o a certificare interventi che non sono di sanificazione, ma di pulizia ed igienizzazione degli impianti e quindi di manutenzione, esponendoli al rischio di sanzioni”.
L’ambito di azione dell’installatore si limita al mantenimento delle caratteristiche di funzionamento e funzionalità del sistema impiantistico aeraulico (macchina UTA, canalizzazione, filtri e accessori), alla pulizia dei filtri, del canale e delle zone interne alla macchina, tutte operazioni che restano di assoluta e totale competenza dell’installatore.
C.S.