“Liguria, Lombardia e Piemonte non sono pronti alla riapertura“. Lo dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe (organizzazione indipendente che si occupa di ricerca in ambito sanitario), in relazione alla possibilità di riaprire i “confini” tra le regioni italiane dal 3 giugno 2020, ospite oggi di 24 Mattino su Radio 24.
Coronavirus: la fondazione Gimbe mette in guardia su riapertura regioni
La ricerca
“In 5 regioni italiane la percentuale di tamponi diagnostici positivi risulta superiore alla media nazionale (2,4%) : in maniera rilevante in Lombardia (6%) e Liguria (5,8%) e in misura minore in Piemonte (3,8%) Puglia (3,7%) ed Emilia-Romagna (2,7%).
Per quanto riguarda i tamponi diagnostici ogni 100.000 abitanti, rispetto alla media nazionale (1.343), svettano solo Valle d’Aosta (4.076) e Provincia Autonoma di Trento (4.038).
Nelle tre Regioni ad elevata incidenza dei nuovi casi, la propensione all’esecuzione tamponi rimane poco al di sopra della media nazionale sia in Piemonte (1.675) che in Lombardia (1.608), mentre in Liguria (1.319) si attesta poco al di sotto. E poi ci sono i nuovi casi. L’incidenza per 100.000 abitanti rispetto alla media nazionale (32), è nettamente superiore in Lombardia (96), Liguria (76) e Piemonte (63).
Casi sommersi
È evidente che i casi sommersi sono 10-20 volte quelli esistenti e se non li vado a identificare, tracciare e isolare questi continuano a girare e contagiare. E’ un cane che si morde la coda: da una parte non si vogliono fare troppi tamponi per evitare di mettere sul piatto troppi casi, dall’altro non identificando questi casi si alimenta il contagio.
Patente di immunità
Ogni test che viene effettuato ha una validità legata al momento in cui viene effettuato, posso fare il tampone oggi e contagiarmi domani mattina; e poi la patente viene spesso attribuita ai test sierologici che di fatto hanno una specificità molto bassa con troppi falsi positivi, ma in ogni caso anche se uno è negativo può contagiarsi il giorno dopo.
Gli scenari
Il Governo a seguito delle valutazioni del Comitato Tecnico-Scientifico si troverà di fronte a tre possibili scenari: il primo, più rischioso, di riaprire la mobilità su tutto il territorio nazionale, accettando l’eventuale decisione delle Regioni del sud di attivare la quarantena per chi arriva da aree a maggior contagio; il secondo, un ragionevole compromesso, di mantenere le limitazioni solo nelle 3 Regioni più a rischio, con l’opzione di consentire la mobilità tra di esse; il terzo, più prudente, di prolungare il blocco totale della mobilità interregionale, fatte salve le debite eccezioni attualmente in vigore.
In questa difficile decisione occorre accantonare ogni forma di egoismo regionalistico perché la riapertura della mobilità deve avvenire con un livello di rischio accettabile e in piena sintonia tra le Regioni. Una decisione sotto il segno dell’unità nazionale darebbe al Paese un segnale molto più rassicurante di una riapertura differenziata, guidata più da inevitabili compromessi politici che dalla solidarietà tra le Regioni, oggi più che mai necessaria per superare l’inaccettabile frammentazione del diritto costituzionale alla tutela della salute”.