Claudio Scajola è stato scagionato, così come tutti gli altri imputati, dall’aggravante mafiosa nel processo Breakfast che conclusosi con la condanna a due anni di carcere per l’ex Ministro per aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena, condannato a 3 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nelle motivazioni della sentenza, i giudici spiegano perché non si è ritenuto di contestare l’aggravante mafiosa, posizione per altro condivisa anche dal Pm Giuseppe Lombardo al termine della propria requisitoria.
Il collegio, di fatto, chiarisce che, perché l’accusa sia sostenibile, Amedeo Matacena dovrebbe rivestire un ruolo di primo piano nella ‘ndrangheta. E così non è.
Processo Breakfast: no all’aggravante mafiosa per Scajola, ecco perché
Nel dettaglio, era due le aggravanti contestate a Claudio Scajola e agli altri imputati nell’ambito del processo “Breakfast”.
- agevolare l’intera ‘ndrangheta reggina unitaria a cui favore il Matacena forniva il proprio costante contributo, per il tramite di determinate componenti imprenditoriali riferibili alle articolazioni territoriali.
- agevolare un’associazione per delinquere segreta collegata all’associazione di tipo mafioso ed armata denominata ‘ndrangheta da rapporto di interrelazione biunivoca, destinata ad estendere le potenzialità operative del sodalizio di tipo mafioso in campo nazionale ed internazionale.
“Solo attraverso una perimetrazione del ruolo di Matacena nella ,’ndrangheta e nell’associazione segreta è possibile valutare se l’aiuto che gli é stato apprestato si manifesti o meno vantaggioso, già su un piano oggettivo, prima che soggettivo, per le associazioni criminali di cui si é detto” scrive il collegio.
Associazione per delinquere segreta
In merito al ruolo di Matacena in una presunta associazione per delinquere segreta, i giudici scrivono nero su bianco “si ritiene inesistente”.
‘Ndrangheta
Per quanto riguarda, invece, il ruolo nella ‘ndrangheta, i giudici partono dal presupposto che, per valutare il ruolo di Matacena nella ‘ndrangheta reggina sia necessario fare riferimento alla sentenza con la quale la Cassazione ha condannato l’ex parlamentare del Pdl a 3 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
“Si tratta di una condanna – scrivono – non già per ritenuta intraneità del Matacena alla ‘ndrangheta, ma per concorso esterno in associazione mafiosa, che ontologicamente è incompatibile con il ruolo di capo, ovvero di persona infungibile all’interno della compagine criminale”.
“Tale sentenza – aggiungono – ha definitivamente accertato che Matacena si era accordato, tramite un esponente della cosca Rosmini, con potenti cosche che operavano nella provincia di Reggio Calabria per ottenere un appoggio di dette cosche alla sua elezione alla Camera dei Deputati nelle elezioni politiche dell’anno 1994 ed ha, altresì, convalidato l’esistenza della serietà e concretezza degli impegni assunti da Matacena nei confronti del sodalizio criminale Rosmini e delle cosche di ‘ndrangheta, in generale, che ne avevano appoggiato la canbdidatura e consentito l’elezione. E’ quindi stato acclarato lo scambio politico-mafioso, in forza del quale l’uomo politico, non partecipe del sodalizio criminale, si era impegnato, a fronte dell’appoggio richiesto all’associazione mafiosa in vista di una competizione elettorale, a favorire gli interessi dei gruppo.
Occorre a questo punto verificare se le risultanze acquisite nell’ambito di questo processo consentono di ritenere che il ruolo di Matacena non sia stato solo quello delineato nella sentenza di concorrente esterno protagonista di uno scambio politico-mafioso nei termini sopra descritti, ma soa sempre stato o, ancor più, sia divenuto quello di vero e proprio intraneo alle cosche di ‘ndranghela con ruolo infingibile ed apicale, in ragione della propria militanza politica e della propria caratura imprenditoriale messa a servizio delle cosche, si che la perduranza del suo stato di latitanza fosse necessaria e strumentale alla stessa esistenza e sopravvivenza della ‘ndrangheta o comunque alla soddisfazione degli interessi economici immediati delle consorterie criminali.
Ad avviso di questo Tribunale si tratta di risultanze che in nessun modo possono autorizzare la convalida della tesiaccusatoria […] l‘istruttoria dibattimentale non ha consentito di delineare un ruolo di Matacena all’interno della ‘ndrangheta reggina diverso ed ulteriore, sia qualitativamente che per estensione temporale, rispetto a quello delineato nella sentenza di condanna passata in giudicato con conseguente fallimento della possibilità, già da un punto di vista oggettivo, di configurare l’aiuto che gli è stato fornito quando era latitante quale aiuto all’intera ‘ndrangheta o anche ad alcune delle articolazioni territoriali che la compongono.
Dalle dichiarazioni dei collaboratori non emerge che Matacena fosse il volto imprenditoriale delle cosche di ‘ndrangheta – scrivono – mentre si ricava incontrovertibilmente che vi fosse un patto politico-mafioso tra Mataccna e tutte le articolazioni territoriali della ‘ndrangheta reggina in virtù del quale l’associazione criminale in tutte le sue componenti si é impegnata a fornire appoggio elettorale a Matacena e questi a condurre in Parlamento un’azione morbida nei confronti della criminalità organizzata.
Per quanto riguarda i testimoni, tra i quali il pentito Cosimo Virgiglio e Carmine Cedro, secondo il collegio non hanno fornito elementi nuovi, utili a chiarire le ipotesi accusatorie.
“In conclusione, ad avviso di questo Tribunale – si legge nelle motivazioni della sentenza – non sussistono i presupposti per ritenere la ricorrenza dell’aggravante contestata già sotto il profilo fattuale prima ancora che sotto l’aspetto della mancata ricorrenza in capo agli imputati del profilo soggettivo, in relazione al quale, sia pure con riferimento al solo imputato Scajola Claudio, lo stesso P.M. aveva chiesto la pronuncia assolutoria.