23 Novembre 2024 18:51

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23 Novembre 2024 18:51

Imperia: Alessia, la ragazza con la tastiera. “Sono diversa dagli altri, ma ho deciso di essere me stessa. Il lockdown? Mi sono sentita murata viva” / La storia

In breve: Alessia non parla, ma grazie alla sua tastiera ha trovato la chiave per comunicare con il resto del mondo, mostrandosi in tutta la sua autenticità.

“È indubbio che sono strana, indiscutibilmente diversa dai normodotati. All’inizio cercavo di uniformarmi agli altri senza riuscirci mai. Poi, ho smesso di guardare chi mi fissava sconcertato e ho deciso di essere una extraterrestre ricca e libera della sua diversità”.

Sono le potenti parole di Alessia Chizzoniti, 28enne cresciuta a Cosio d’Arroscia, autrice del libro “La ragazza con la tastiera”, recentemente pubblicato insieme alla cara amica Domiziana Tommasini, presentato alla Fiera del Libro di Imperia con la collaborazione dell’associazione imperiese, attiva nel mondo della disabilità, “La Giraffa a Rotelle”.

Chi è la “ragazza con la tastiera”? È proprio lei, Alessia, che, gravemente disprassica, ogni giorno lotta con il suo corpo per riuscire a “comandarlo”. Alessia non parla, ma grazie alla sua tastiera ha trovato la chiave per comunicare con il resto del mondo, mostrandosi in tutta la sua autenticità e sentendosi riconoscere come “persona vera”.

Si definisce una “extraterrestre” ed entrare nel suo mondo è un’esperienza indimenticabile. ImperiaPost ha avuto il piacere di intervistarla per conoscerla meglio.

Imperia: “La ragazza con la tastiera”, ecco Alessia Chizzoniti

Perchè ti definisci “La ragazza con la tastiera”, da cui deriva il titolo del tuo libro?

“Mi definisco ragazza con la tastiera perché senza questo strumento non sarei comunicante. Il linguaggio è il sostegno prioritario per l’incontro con l’altro. Io comunico nella scrittura il mio essere pensante. Ascolto la felice libertà di farmi riconoscere come persona vera grazie alla scrittura. Io esisto perché scrivo”.

Che rapporto hai con la tastiera?

“È la tastiera a darmi vita, la considero parte di me come la carrozzina per chi non riesce ad usare le gambe. Per me è fondamentale comunicare quindi il fine giustifica il mezzo”.

È stato difficile accettare la tua disabilità? Cosa ha dato una svolta alla tua vita?

“Sono stata in conflitto con la mia disabilità finchè non ho imparato a vedermi come diversamente abile. È stato un cammino lungo e faticoso. Fondamentale è stato il sostegno della mia famiglia, del centro cooperativa intervento di Mestre e della scuola che hanno interagito aiutandomi a superare gli ostacoli a non arrendermi alle difficoltà”.

Sono gravemente disprassica, un desolante impaccio motorio imbriglia ogni mio gesto. Ogni giorno sfido il mio corpo all’obbedienza, a volte vince lui a volte vince la mia determinazione a lavorare su gesti che mi rendono più libera. Un allenamento continuo che è diventato il mio lavoro.

Ho realizzato molto presto che la mia vita era diversa da quella dei miei coetanei. Non riuscivo a parlare, cantare, recitare. Non avevo libertà con il mio corpo goffo dai movimenti maldestri. Ho capito prestissimo che non avrei fatto la ballerina o la cantante. Ragionavo su ciò che funzionava in me. A scuola mi piaceva studiare mi sentivo alunna in grado di imparare e questo ha aumentato la mia autostima. Ho capito che per vivere bene dovevo diversificarmi e non omologarmi”.

Ti definisci “extraterrestre”. Perchè?

“È indubbio che io sono strana, indiscutibilmente diversa da voi normodotati. All’inizio cercavo di uniformarmi a voi senza riuscirci mai. Ascoltavo forte il bisogno di essere me stessa. Ho smesso di guardare chi mi fissava sconcertato e ho deciso di essere una extraterrestre ricca e libera della sua diversità”.

Nel libro parli di quanto ami gli abbracci e che li trovi “rassicuranti”. Come hai vissuto l’emergenza Coronavirus, l’isolamento, la mancanza di contatto fisico?

Ho sentito il peso della solitudine a causa della mancanza del linguaggio e di importanti autonomie. È stato l’abbraccio ad aiutarmi ad entrare in relazione con l’altro. L’isolamento è stato il periodo più duro della mia vita. Mi sono sentita murata viva. Ascolto lo sgomento se ripenso a quei giorni. Devo ringraziare Papa Francesco se non sono sprofondata nella depressione”.

Le cronache sono purtroppo piene di notizie riguardanti episodi di discriminazione e violenza contro chi è debole, emarginato e in minoranza. Cosa ne pensi?

“Sono angosciata per la violenza che invade le cronache di questo nostro tempo. Uccidere una donna, un bimbo, un disabile, un emarginato sta diventando una libertà che in molti si prendono. Sono atterrita dalla mancanza di limiti nei comportamenti sociali. Come si può picchiare un coetaneo in una lite fino a togliergli la vita è qualcosa che non mi spiego. Questa mancanza di responsabilità nelle azioni che si compiono azzerano il valore di collettività. Sento che prevale l’individuo che domina. Il debole conta di meno ha meno valore e quindi può essere facilmente annientato“.

Com’è stato vivere a Cosio, dove, come racconti nel tuo libro, avevi da affrontare saliscendi e ostacoli?

“Nascere a Cosio è stato senz’altro un privilegio. Avevo l’opportunità di vivere importanti rapporti affettivi in una comunità che sa percepire l’altro con accogliente empatia. È stato il mio paese a farmi comprendere che ero persona senza il marchio infamante dell’handicap. Ero piccola quando ho partecipato ad una mostra di pittura nella scuola estiva. Ho preso il terzo premio per il modo in cui avevo usato il colore e questa è stata la prima volta in cui ho respirato consapevolezza sul significato di inclusione. Ero me stessa senza fatica, accettata nella mia diversità senza opprimenti doveri di omologazione. Ascolto un profondo legame con gli abitanti del mio paese. Ho imparato ad accettarmi grazie alla libertà di essere stata riconosciuta persona vera da ogni cosiese. Allenata in una culla accogliente sono diventata cittadina del mondo. Appoggio ogni progetto di vita sulle sane radici del mio paese”.

Quando hai capito che la tua mente è capace di andare oltre tutte le difficoltà materiali e che ti apriva un mondo di possibilità?

“È stato un dono avere una madre curiosa della vita. Ascolto amore immenso per lei che si è sempre spesa per aprirmi gli occhi della mente. Sono in cammino grazie a lei che si tuffa in ogni mio progetto di crescita con entusiasmo. Allenata sui libri, accompagnata da insegnanti di eccellenza, ho nutrito il mio pensiero fino a renderlo autonomamente libero. Ascolto sogni di appaganti esperienze culturali di cui sono ghiotta e mai sazia”. 

Come ti è venuta in aiuto la fede in Dio? A volte ti è mancata?

“Ho litigato tanto con Dio, mi ribellavo ai miei limiti che mi ingabbiavano in troppe privazioni. Sono sprofondata tante volte nella disperazione, ho pensato alla morte come unico sollievo alla sofferenza. Ero sospesa, umiliata da un corpo ingovernabile che rendeva vano il desiderio di autonomia. Scoprivo però ogni giorno il mio attaccamento alla vita. Scoprivo serenità e pace quando entravo in Chiesa che ben presto è diventata la mia oasi di bene dell’essere.

Ero attratta dalle parole del Vangelo dove ascoltavo messaggi di speranza. Ho imparato nel mio silenzio ad ascoltare il mio io interiore e ho capito che Dio era lì e che aspettava proprio me. Ora semplicemente vivo la relazione profonda con un dio che mi fa sentire tanto amata. Mi ha educata a guardare l’essenziale e a lasciar andare ciò che è superfluo”.

Se potessi lanciare un messaggio ai giovani di oggi, per vivere al meglio la loro vita, cosa diresti?

“Sono consapevole del dono della vita che considero sacro. Ascolto il mio bisogno di non sciuparla e faccio del mio meglio per non sprecare le mie giornate. Ascolto la pace della mia coscienza quando vado a conquistare autonomie e a spendere bene opportunità che la vita mi offre. Ascolto la responsabilità di fare della mia vita un capolavoro. Credo sia il compito di ognuno di noi”.

Avresti mai pensato di scrivere un libro?

“Ascolto stupore per il modo in cui il progetto del libro è andato in porto. Ascolto gratitudine per la mia amica Domiziana che ha creduto in me fin da quando ero piccola. Questo è stato un progetto d’amore: sono grata a tutte le persone che aiutano il mio andare incerto a scoprire strade alternative. Il libro è stato la mia nascita al mondo. È il mio sogno che il ricavato vada in beneficenza”.

Qual è il tuo sogno più grande?

“Sono sincera, non lo so. Essendo gravemente ipovedente ho bisogno di stare bene con i piedi per terra ma se dovessi sognare in grande direi che mi piacerebbe essere amica di dio. Ascolto la forza del suo amore nella mia vita e assaporo la gioia di amarlo anch’io”.

Chi fosse interessato ad acquistare il libro può rivolgersi nelle librerie o contattare la pagina Facebook “La ragazza con la Tastiera” (clicca qui).

Gaia Ammirati

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