“Chiediamo giustizia per Martina”. Questo l’appello di Bruno Rossi, papà di Martina, studentessa imperiese che, a 20 anni, nel 2011 morì cadendo dal balcone dell’hotel Sant’Ana di Palma di Maiorca, dove si trovava in vacanza con le amiche. Proprio oggi, 13 ottobre 2020, Martina avrebbe compiuto 30 anni.
Imperia: caso Martina Rossi. Procura fa ricorso in Cassazione, parlano i genitori
Nei giorni scorsi, la Procura Generale di Firenze ha fatto ricorso in Cassazione contro l’assoluzione, in Corte d’Appello, di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due giovani aretini imputati nel processo per la morte di Martina.
Una sentenza, quella di assoluzione, che ha ribaltato la condanna in primo grado a 6 anni di carcere per tentata violenza sessuale e di morte in conseguenza di altro reato.
Con il ricorso in Cassazione, i genitori, come hanno spiegato commossi ai microfoni di ImperiaPost, sperano che venga fatta giustizia per Martina e il che suo ricordo non venga infangato.
Bruno Rossi
“Per chi ha fatto del male a Martina è diventata una necessità infangare la sua memoria, farla diventare quella che non era. Oggi avrebbe 30 anni.
Martina nasce dopo 20 anni di matrimonio, dopo anni che con mia moglie vivevamo con tranquillità la nostra vita, c’era sempre il desiderio di avere un figlio. Ci mancava un pezzo, vivere senza lasciare un segno, senza sapere chi conduce un altro pezzo di vita. E con Martina questo era arrivato.
Era capace di scrivere, di disegnare, aveva preso la maturità classica al Doria, sapeva nuotare.
Invece l’hanno fatta diventare una mezza pazza, una ragazza che saliva in camera di due ragazzi perchè li voleva soddisfare, questo è stato detto. Vogliosa di sesso, di desideri forti, quello che avevano loro nella testa.
Invece tutto è successo proprio perchè lei non è voluta stare a questo gioco. È stata una donna che ha subito comunque la violenza di due uomini, due uomini grandi e grossi. Uno è campione italiano di motocross, di conseguenza abituato a tenere una moto, e non è stato capace di trattenere una persona e lasciarla buttare giù?
È diventata una pazza, anzi quasi una tossicodipendente. Dicono che le hanno fatto fumare una canna e allora lei è impazzita e si è buttata giù dalla finestra.
Non è facile accettare un discorso di questo tipo, ma bisogna dire chi era Martina.
Martina era una ragazza normale, con la voglia di vivere e che anche avrebbe voluto avere un bambino. Una volto sono andata a prenderla dal parrucchiere e aveva un bambino in braccio e mi fa ‘papà, chissà quando’.
Purtroppo non ci siamo riusciti. Il tuo papà ti è sempre stato vicino, ma nel momento più importante non c’era. Quando le hanno fatto del male non ho potuto far altro che parlare di lei come faccio adesso”.
Cosa vi aspettate adesso dalla Cassazione?
“Io l’ho sempre detto con grande serenità e tranquillità: finchè io ci sono questa cosa non può finire così.
Deve finire evidenziando le responsabilità, che saranno poche o tante, ma evidenziando le responsabilità di chi ci era assieme e di che cosa ha fatto.
In giro ci sono persone e che hanno costruito questa cosa. Ognuno ha un pezzo di responsabilità in questa storia, in questa morte assurda di una ragazza che va a fare una vacanza, la prima nella sua vita.
È stato un giorno di vacanza, il 31 è arrivata e la notte del 2 è morta. Vogliono dire che si è buttata giù dalla finestra, che ha fumato. Le analisi che le hanno fatto a Barcellona il giorno dopo avevano testimoniato che non aveva nè fumato nè bevuto.
Sono riusciti a modificare tutto. Hanno trovato un testimone che è riuscito a vedere qualcosa al di là di un balcone che era coperto dai vestiti, dagli asciugamani.
E adesso non c’è più”.