23 Novembre 2024 10:16

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23 Novembre 2024 10:16

Dalla dittatura di Pinochet a Imperia: alla scoperta di Mauricio Stella, pittore italo-cileno. “Durante il regime dipingevo per comunicare”/ Foto e video

In breve: Crescendo sotto la dittatura di Pinochet, Stella ha trovato nella pittura il modo per esprimersi liberamente, senza il rischio di essere censurato o arrestato.

Un tuffo in un mondo onirico, composto da forme e personaggi fluttuanti, colori forti e atmosfere ricche di sfumature, interpretabili ognuna in modo diverso, a seconda di chi osserva.

È questo quello che si prova quando si fa ingresso nell‘atelier di Mauricio Stella, pittore italo cileno, da 23 anni a Imperia.

Imperia: alla scoperta di Mauricio Stella, pittore italo-cileno

Nato in Cile nel 1970 da padre italiano, Stella ha iniziato presto ad avvicinarsi all’arte. I primi quadri li ha realizzati all’età di 14 anni.

Crescendo sotto la dittatura di Pinochet, Stella ha trovato nella pittura il modo per esprimersi liberamente, senza il rischio di essere censurato o arrestato.

Dopo aver vinto una borsa di studio per frequentare il Corso di Studi Umanistico Artistici all’Università di Genova un Corso di Studi Umanistico-Artistici, è iniziata la sua lunga carriera e il suo stretto legame con l’Italia, dove poi si è trasferito definitivamente per vivere a Imperia nel 1997.

Ecco l’intervista a Mauricio Stella

Come è nata l’esigenza di ricercare nella pittura un modo per esprimersi?

“Sicuramente lo sfogo. Sono cresciuto in dittatura senza rendermene conto, ma la consapevolezza è maturata molto presto. Ho iniziato a dipingere verso i 14 anni.

La pittura era un linguaggio che non permetteva all’assassino di intervenire, perché di solito l’assassino è ignorante, non capisce l’arte, la cultura. Era un modo per evitare pericoli, per mandare un messaggio a chi poteva coglierlo.

L’arte è stata la forma indiretta per comunicare, per far aprire gli occhi, far ragionare diversamente e far uscire dall’oppressione da quella realtà.

La parola ‘coprifuoco’ è un termine che non accetterei mai. Ricorda una situazione molto fredda, dovrebbe essere eliminata dal dizionario. Si dovrebbe usare solo quando si è dentro uno stato militarizzato.

Come descriverebbe il suo modo di dipingere?

Il mio lavoro è automatismo puro, è surrealismo. Un atto di poesia, di emotività, di movimento. Un modo di evacuare una determinata visione e sensazione. Non c’è niente di prescritto o preparato, c’è solo il principio dell’automatismo. La mia azione pittorica è un atto e reazione, è automatismo, un pensiero che ancora non c’è”.

Si definisce artista?

No, sono un pittore. Chiamarsi artisti è troppo pesante, è troppa responsabilità. Meglio artigiani, pittori, persone normali.

È cambiato il suo di dipingere dagli anni 80 a oggi?

Il pensiero rimane lo stesso, la continuità rimane la stessa. È quello che dà valore all’opera stessa e a chi la possiede. Non è il pittore del weekend, ma un lavoro vero e proprio.

L’emergenza sanitaria sta mettendo in difficoltà tutte le categorie, compresa quella dell’arte e dello spettacolo. Come la sta vivendo lei?

In questo momento la nostra categoria sta soffrendo molto. È molto castrante, ma tentiamo di fare il nostro meglio, continuando. Se pensiamo di non poter far nulla, addio pensiero. L’arte ci permette la possibilità di divagare, viaggiare con la mente, cambiare lo sguardo, che ci può dare quel poco di felicità, soddisfazione o anche di scarica della rabbia”.

L’intervista a Mauricio Stella

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Gaia Ammirati

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