Sono tre i soggetti legati a Imperia coinvolti nell’operazione “Scarface” condotta dai Carabinieri e coordinata dalla Procura di Brescia che ha portato all’emissione di 21 ordinanze di misura cautelare per altrettanti soggetti accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, con l’aggravante, per alcuni, di aver tenuto la condotta al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose.
I tre soggetti legati a Imperia, coinvolti , a vario titolo, nell’inchiesta, sono Francesco Mura (misura cautelare in carcere), Mario Mura (misura cautelare in carcere) e Alessandro Cissello (misura cautelare obbligo di dimora nel comune di residenza). Nell’ambito dell’inchiesta “Scarface” sono stati anche sequestrati due appartamenti a Imperia e una villa a Poggi.
Operazione Scarface: l’inchiesta a Imperia, tre soggetti coinvolti
Francesco Mura
Il primo dei tre soggetti è Francesco Mura, 41 anni, residente a Brescia, ma molto conosciuto nell’imperiese (anche per via dei rapporti con un noto imprenditore attivo nel settore dei locali notturni cui avrebbe anche offerto aiuto, secondo le accuse, per la presa in gestione di un locale a Sanremo), ritenuto dagli inquirenti al vertice dell’organizzazione.
Francesco Mura era già stato tratto in arresto nel 2003 nell’ambito della “Operazione Marine“, svolta dal reparto anticrimine dei carabinieri di Reggio Calabria, che mirava ad appurare l’esistenza di un’associazione mafiosa operante nel territorio di Platì (RC), incentrata sul sodalizio riferibile alla famiglia “Barbaro-Papalia”, attivo nel mercato dello spaccio di sostanze stupefacenti in territorio lombardo.
Secondo le accuse mosse nell’odierna indagine, Mura, mediante proprie imprese televisive operanti in ambito locale e nazionale, e attraverso trasmissioni per le previsioni delle estrazioni del lotto:
- fungeva da collettore di ingenti risorse economiche, frutto anche di attività illecite, che provvedeva a riciclare attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, reimmettendole nel tessuto economico legale. Tale sistema, garantendo l’evasione fiscale e la disponibilità di somme contanti sottratte al fisco, favoriva oltre che lo stesso soggetto anche esponenti di spicco della ‘ndrina Barbaro–Papalia di Buccinasco (MI), rispetto alla quale, pur non risultando affiliato, può considerarsi contiguo (da qui la contestazione dell’aggravante di agevolare l’attività delle associazioni mafiose);
- si avvaleva di un complesso reticolo di sodali, da lui coordinati, per generare e accantonare denaro contante, difficilmente tracciabile, ricavato principalmente da una serie d’illeciti di natura fiscale, quali contabilizzazione di spese per servizi inesistenti, nonché sfruttando fenomeni di evasione fiscale attuati attraverso dichiarazioni fraudolente.
Per quanto riguarda i collegamenti con la ‘ndrangheta, a Mura viene contestato in particolare il rapporto di affari con Giuseppe Pangallo, genero di Rocco Papalia.
In particolare, secondo le accuse “Giuseppe Pangallo, e dunque la ‘ndrangheta Barbaro-Papalia, di cui questi è esponente, hanno, nel corso degli anni, finanziato le illecite attività imprenditoriali dell’astigiano, permettendogli così di porre in essere le multiformi attività di riciclaggio […] Ciò ha assicurato a Giuseppe Pangallo di riciclare cospicue somme di denaro e beneficiare una quota parte dei profitti accumulati: si ritiene, pertanto, che le condotte riferibili a Mura e ai sodali hanno, di fatto, agevolato le attività svolte dall’associazione prevista dall’art. 416 bis e in particolare della ‘ndrina Barbaro-Papalia”.
Mario Mura
Il secondo dei tre soggetti è Mario Mura, 62 anni, padre di Francesco Mura, residente a San Bartolomeo al Mare.
Mario Mura, “che ha precedenti che vanno dal 1973 a 1997– scrivono gli inquirenti – per reati di contrabbando, tentato omicidio, rapina, furto, lesioni, usura, detenzione e porto abusivo di armi, traffico di sostanze stupefacenti nonché evasione“ è finito nell’inchiesta dei Carabinieri per via della “documentata disponibilità a prendere parte attivamente alle illecite attività del figlio”.
“L’indagato – scrivono gli inquirenti – si è reso personalmente disponibile all’intestazione fittizia di alcune società attive nel settore delle telepromozioni per la vendita dei numeri a valore aggiunto, gestite in concorso con il figlio Francesco e, come visto, impiegate prevalentemente per generare fondi neri, prestandosi altresì nelle attività di riciclaggio connesse alla ristrutturazione degli immobili di Arzachena e Poggi”.
“L’indagato – proseguono gli inquirenti – ha sempre offerto al figlio consigli e strategie non solo di natura economica ma per la gestione delle sue attività illecite, mettendo a sua disposizione l’esperienza maturata nel suo lungo percorso delinquenziale”.
Alessandro Cissello
Il terzo soggetto è Alessandro Cissello, 27 anni, residente a Imperia.
“Senza avere concorso nei delitti di trasferimento fraudolento di valori, di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di evasione fiscale, indebito utilizzo di carte di credito ed autoriciclaggio […] – scrivono gli inquirenti – si adoperava per ottenere la disponibilità della carta di credito prepagata contraddistinta dal numero di identificazione […] rilasciata dall’istituto di credito […], e altre non specificatamente individuate, facendola registrare o comunque fornendo i dati e i documenti necessari affinchè fosse intestata a nome di […] al fine poi di concederla in uso al sodalizio […] per il successivo accredito, attraverso articolati movimenti bancari in modo da renderne così difficile il tracciamento, e ritiro tramite centinaia di operazioni di prelievo della somma complessiva di 43.330 euro proveniente dai conti correnti delle società amministrate di fatto dal gruppo, compiendo in tal modo una serie di operazioni idonee ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro”.
La Villa di Poggi
Secondo gli inquirenti l’acquisto della villa di Poggi sarebbe stato finanziato con i proventi delle attività illecite.
In particolare, secondo gli inquirenti, Francesco e Mario Mura avrebbero “reimpiegato i fondi illeciti accumulati mediante le frodi fiscali […] per l’acquisto e la ristrutturazione della proprietà immobiliare nel comune di Imperia, così riciclando circa un milione di euro”.
Altro particolare rivelato dagli inquirenti, il fatto che Francesco Mura aveva commissionato “la realizzazione di un caveau, da occultare nella dipendenza della villa di Poggi, in provincia di Imperia”.