Imperia. Riprende, per il terzo giorno, la requisitoria del pm Giovanni Arena che si avvia alla conclusione della sua parte inerente al processo anti ‘ndrangheta denominato “La Svolta” messo a segno dal comando provinciale dei Carabinieri di Imperia, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Genova, risalente al dicembre del 2012 nei Comuni di Ventimiglia, Bordighera e Diano Marina.
Il pm inizia così ad analizzare il perchè si è arrivati a considerare l’esistenza nel Ponente ligure di un’associazione di tipo mafioso della ‘ndrangheta denominata “locale di Ventimiglia” con i vari collegamenti con Bordighera e Diano Marina. La linea tenuta dal pm è quella di riportare alla memoria tutti gli eventi delittuosi per cui i vari imputati sono stati già indagati e condannati puntando poi sulle sensazioni di timore e di panico che sono stati recepiti nelle intercettazioni di chi doveva andare a testimoniare, ad esempio, contro i Pellegrino.
L’atteggiamento di sottomissione tenuto da alcune persone che ruotano attorno alla famiglia Marcianò diventa poi il fulcro della requisitoria del pm che, intercettazione dopo intercettazione, cerca di dimostrare come vi fosse una sorta di rapporto gerarchico attorno ai capi, ma non solo. Nelle intercettazioni inoltre si parla di locali, si nomina Giuseppe Marcianò come “compare” e spuntano modi di dire conosciuti solo a persone interne alla ‘ndrangheta. “Il Gip di Torino nel processo Alba Chiara dice delle cose importanti – dichiara il pm Arena – Ormai, dopo l’operazione Crimine, dobbiamo smettere di pensare alla ‘ndrangheta in modo vetusto, anche questa organizzazione ha una struttura piramidale perche tutti i locali dipendono poi dai Reggio Calabria. Significa che se sei appigliato a un locale riconosciuto dalla Calabria già questo ti consente di dire che c’è una violazione della norma e c’è associazione. Ai nostri fini l’elemento essenziale è il richiamo a una sentanza, la Cavallaro, 259 del 2013 dove ci si pone una domanda: “Cosa significa avvalersi?” e fa una distinzione, ci può essere una minaccia esplicita o implicita e ci può essere un messaggio silente che c’è quanto la forza di intimidazione no è ricollegabile a una condotta, ma a una situazione repressa, che c’è già, da tempo. Quello che conta è quindi sapere che c’è un collegamento all’associazione madre in Calabria. Non c’è dunque che i Pellegrino, i Palamara, i Marcianò dicano o facciano qualcosa, perchè si sa. Perchè la cattiva fama conquistata in precedenza è sufficienza. Questa è la sentenza Cavallaro del 2013″.“Noi abbiamo le riunioni – inizia ad elencare il pm – abbiamo anche le riunioni informali in occasione di matrimoni ad esempio, i rituali di affiliazione, le cariche ‘ndranghetistiche, aspetti strutturali, armi ed esplosivo, facilitazioni organizzative e il viaggio di Ciricosta a Reggio Calabria. Ma poi – continua il pm – quanti reati abbiamo? Estorsioni, favoreggiamento alla falsa testimonianza, minacce, incendi, reati di stupefacenti e in maniera di armi…”.