“Dalla prima chiusura a marzo, la mia vita, sia a livello professionale che personale, non è stata più la stessa. Ora non abbiamo spettacoli pianificati fino a gennaio. Fortunatamente il teatro è riuscito sempre a pagarci lo stipendio, ma ovviamente la gente del settore si è fatta sentire. Com’è possibile che i centri commerciali e le chiese siano aperti ma non i teatri e i musei? Senza l’arte e la cultura l’uomo si impoverisce. Il problema è che in molti non lo sanno”.
Queste le parole di Antonio Lanzo, 23enne imperiese, da circa 3 anni in Polonia, ballerino del Polish National Ballet (abbiamo raccontato la sua storia qui), per descrivere come è cambiata la sua vita dopo lo scoppio della pandemia da Covid-19.
Coronavirus: dalla Polonia, la storia del ballerino Antonio Lanzo
Com’è scoppiata la pandemia in Polonia? Ha avuto un percorso simile all’Italia?
“La pandemia qua ha avuto un percorso più o meno simile a quello dell’Italia. Noi siamo andati in lockdown l’undici di marzo, per poi tornare a fare lezioni in piccoli gruppi verso la fine di maggio. Dopo la pausa estiva, siamo tornati regolarmente in teatro con la nuova stagione pianificata. Il 18 agosto abbiamo ricominciato a lavorare e il 17 settembre eravamo già in scena con una nuova première, “Il Corsaro” di Manuel Legris (che dovevamo già presentare durante il lockdown), un balletto classico di tre atti. Una vera impresa dopo essere stati fermi per quasi sei mesi.
Fortunatamente e con successo, siamo riusciti a portare in scena tutti i sei spettacoli pianificati (anche se con il 50% di pubblico ammesso). Verso la metà di ottobre però, la situazione è peggiorata in tutto il paese, colpendo anche dipendenti del teatro, costringendoci purtroppo a cancellare tutti gli spettacoli de “La Dama delle Camelie”, “La Bella Addormentata” e infine “Lo Schiaccianoci” per il periodo natalizio. I teatri qui in Polonia rimangono chiusi fino al 27 dicembre.
Com’è cambiata la tua vita personale e lavorativa a causa del covid?
Noi fortunatamente continuiamo ad avere lezioni in piccoli gruppi e i solisti della compagnia presenteranno il 20 dicembre un gala online in streaming (che invito tutti a guardare!). Diciamo che, dalla prima chiusura in marzo, la mia vita (sia a livello professionale che personale) non è stata più la stessa.
È importante premettere che il lavoro del ballerino richiede lo stesso sforzo mentale quanto quello fisico. Il fatto di distaccarsi da una routine, passare più tempo da soli con sé stessi e poter concentrarsi su altre cose al di fuori della danza, ha portato dei risultati positivi a livello psicologico che hanno poi fruttato in una maggiore crescita una volta tornato a lavorare. Questi sei mesi di distacco, in poche parole, sono stati un periodo positivo, che mi hanno fatto rendere conto di quanto veramente mi mancasse il mio lavoro. C’è da dire che per noi ballerini lavorare da casa non è veramente un’opzione, ma fortunatamente il teatro ci aveva gentilmente munito di tappeti di linoleum e lezioni online per potersi allenare nel migliore dei modi, anche se ovviamente, fare una lezione da casa non è la stessa cosa di avere otto ore di prove in teatro.
Sei stato contagiato?
Fortunatamente, io non sono mai stato contagiato, ma ci sono state delle giornate dove mancavano almeno 12 persone a lavoro, il che per un corpo di ballo, complica davvero la situazione in generale.
Da quanto non torni in Italia?
Dal 19 agosto del 2019. Non lascio la Polonia dal mio ultimo viaggio estero, ovvero il 4 novembre 2019, giorno in cui tornavo da Vienna per il ponte delle vacanze. Mai più avrei pensato che si trattasse del mio ultimo viaggio all’estero per molto tempo.
Non sono sceso in Italia quest’estate, sia per via dei contagi, sia per la paura di rimanere bloccato a casa e non poter tornare a lavoro. Nonostante il grande malincuore di non aver rivisto la mia famiglia e i miei amici stretti, sono stato fortunato ad aver trascorso un’estate diversa ed alternativa qui in Polonia, con i miei amici di qua in giro per varie regioni della nazione.
Ora com’è la situazione?
Adesso noi non siamo in totale lockdown (andiamo sempre a lavoro anche se in gruppi ristretti, come a maggio), ma allo stesso tempo non abbiamo spettacoli pianificati fino a gennaio. Fortunatamente il teatro sin da marzo è riuscito sempre a pagarci lo stipendio del 100% (essendo dipendenti dell’Opera Nazionale, che è affiliata col governo), ma ovviamente la gente del settore si è fatta sentire. Com’è possibile che i centri commerciali e le chiese siano aperti ma non i teatri e i musei? Senza l’arte e la cultura l’uomo si impoverisce. Il problema è che in molti non lo sanno.
Sei preoccupato per il futuro?
Al futuro provo a non pensarci. Una cosa che mi ha sicuramente insegnato il COVID è che vivere nel presente sia la cosa più importante di tutte. Non si potrà mai sapere cosa potrebbe accadere da un giorno all’altro in questo mondo così confuso, dove tutto può cambiare nel giro di un secondo. Bisogna apprezzare quello che si ha al momento, perché in un battito di ciglia potrebbe non esserci più.
Nonostante questa sfortuna globale, tornare a fare lezione in piccoli gruppi (invece che con tutta la compagnia di 80 persone, che può diventare caotico) è per me una grande gioia: gli insegnanti ci possono finalmente seguire singolarmente, correggerci e spronarci con nuove sfide quotidiane. È un po’ come tornare indietro a scuola… ma meglio”.