Il porto di Imperia riparte. Lo ha deciso ieri il consiglio comunale. Ed è una bella notizia, per tutta la città. La nuova storia del porto di Imperia deve però ripartire da una presa di coscienza degli errori commessi in passato. A prescindere dal credo politico.
Ieri in consiglio comunale i consiglieri di centrodestra, di maggioranza e opposizione (?), hanno attribuito, ancora una volta, come già accaduto in passato, la disfatta del progetto porto alla “Sinistra” e alla Procura della Repubblica. Ricostruzione fatta propria anche da Claudio Scajola in più occasioni. Ma non si può liquidare in questo modo una vicenda talmente intricata e complessa da avere ancora oggi lati oscuri, ancor di più se simili prese di posizione arrivano da chi, Sindaco in primis, ebbe un ruolo di primo piano nell’affaire porto turistico.
Imperia: errori e orrori del porto più bello del Mediterraneo
La verità, sull’affaire porto, l’ha messa nero su bianco la Corte d’Appello, ironia della sorte proprio nella sentenza (definitiva, visto non si è arrivati al giudizio della Cassazione) con la quale ha assolto dall’accusa di truffa, confermando il primo grado, tutti gli imputati del maxi processo sul porto turistico.
Ne riportiamo alcuni stralci. E’ da lì che bisogna ripartire per non commettere gli stessi errori.
“Gli esiti e le modalità di realizzazione del progetto relativo al nuovo porto di Imperia sono stati sconfortanti […] si è trattato di un’opera rimasta in larga misura incompleta, di qualità molto probabilmente se non scadente quanto meno presentante notevoli difetti, in diversi suoi aspetti, come evidenziato da problematiche riscontrate sia a lavori in corso, che in seguito…].
E ancora.
“Le fasi di gestazione e realizzazione del progetto sono state caratterizzate da una dubbia commistione di interessi politici ed economici, pubblici e privati, travalicante la loro sola convergenza, da ingerenze inopportune ed indebite, oltre che da una notevole incertezza sulle procedure applicate, per quanto decise dopo il coinvolgimento di molteplici esperti, e da una confusione di ruoli usualmente distinti, specie fra controllanti e controllati, originando una situazione in cui, se tutti i soggetti coinvolti sembravano e presumibilmente erano al corrente di tutto ed implicati in tutto, nessuno è parso porre in essere misure realmente efficienti ed efficaci per garantire validi risultati”.
E ancora.
“Un quadro complessivo che certo può far sospettare che si siano verificate delle irregolarità e sinanche degli illeciti di rilievo penale”.
Colpa della Sinistra? Degli esposti dei consiglieri comunali Verda e Zagarella (per fare nomi e cognomi)? Colpa della Procura?
Colpa della Procura, si. Ma semmai in senso inverso. Prima per essere rimasta silente, obbligando la politica a farsi carico di un ruolo non suo, e poi per essere intervenuta, con colpevole ritardo, con una lunga serie di errori, imbastendo un’inchiesta pasticciata. E lo dice la Corte d’Appello.
“L’imputazione […] cela numerose lacune ed incertezze, oltre ad apparire l’esito di cambiamenti d’impostazione accusatoria intervenuti nel corso del procedimento, a partire da iniziali indagini per il diverso reato di associazione a delinquere ex art. 416 c.p.”.
Il progetto porto è fallito perché la realizzazione dello scalo (il più bello del Mediterraneo, cit.) è stata affidata, senza gara, a una società, l’Acquamare, con capitale sociale da 10 mila euro, che per realizzarlo non ha speso un euro di tasca propria, ma ha sottoscritto con le banche, tramite la Porto di Imperia Spa, un mutuo da 140 milioni di euro, ottenuto presentando come garanzia un’ipoteca da 280 milioni di euro (di cui nessuno era a conoscenza) sullo stesso porto, ancora da costruire, diversa, nella forma e nella sostanza, da quella autorizzata dal Comune di Imperia.
Non venne mai comunicato, infatti, nella richiesta di autorizzazione al Comune (per altro recapitata a ipoteca già sottoscritta) che l’ipoteca sarebbe stata richiesta per un soggetto terzo, l’Acquamare. Non solo, l’oggetto dell’ipoteca risulterà diverso per quel che concerne le aree da ipotecare (è il Consiglio di Stato a dirlo, con sentenza definitiva).
Anche qui, ne riportiamo uno stralcio.
“La richiesta di autorizzazione alla costituzione di ipoteca datata 19 febbraio 2007 – peraltro pervenuta al Comune soltanto il 26 febbraio 2007, e dunque dopo la stipula dell’atto di costituzione di ipoteca –, quanto all’oggetto, era riferita ‘all’iscrizione di ipoteca sulle aree demaniali concesse’, né vi risultava specificato che l’ipoteca fosse stata costituita a garanzia del debito di un soggetto terzo (Acquamare s.r.l., appaltatrice delle opere), anziché della stessa concessionaria.
Orbene, risulta palese, da quanto sopra, la divergenza tra l’oggetto dell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione concedente, limitata alle sole opere effettivamente realizzate sulla area demaniale oggetto della concessione demaniale (in conformità all’art. 9, punto 1., dell’atto di concessione), e l’oggetto dell’ipoteca costituita sull’intera area demaniale rispettivamente sul diritto di superficie (senza limitazione alle opere realizzate) insistente sull’intera area demaniale oggetto della concessione demaniale marittima, con la precisazione che, a fronte della consegna dei lavori avvenuta il 25 gennaio 2007, al momento di costituzione dell’ipoteca (19 febbraio 2007) le opere certamente non potevano già essere state realizzate.
Il progetto porto è fallito perché l’Acquamare non ha mai realizzato il porto. E neanche la Peschiera Srl ,cui aveva subappaltato i lavori. A realizzarlo sono state altre società, in un contorto sistema di scatole cinesi.
Il progetto porto è fallito perché il direttore generale del Comune di Imperia era contemporaneamente anche presidente della Porto di Imperia Spa, ovvero a capo dell’ente controllore e dell’ente controllato.
Il progetto porto è fallito perché il Comune era contemporaneamente ente concedente e ente concessionario, con il 33% delle quote societarie della Porto di Imperia Spa (l’altro 66% era suddiviso equamente tra Acquamare e Imperia Sviluppo).
Il progetto porto è fallito perché non c’è mai stato uno straccio di contabilità.
Il progetto porto è fallito perché Caltagirone pagava le imprese valutando lo stato di avanzamento lavori “a occhio”, come emerso nel corso del processo tenutosi a Torino con la deposizione di Maria Rosaria Campitelli, dirigente tecnico della società Acquamare.
Anche qui, eccone uno stralcio.
“Gli stati di avanzamento lavori con i dettagli delle lavorazioni non c’erano, perché non si facevano. Il dettaglio dei materiali in termini di qualità si vedeva momento per momento. Per le opere a mare Castellini, per le opere a terra Morasso. Caltagirone valutava fino a che punto si era arrivati con i lavori e poi pagava. Io ho avuto difficoltà nel dover parametrizzare le fatture sottoscritte da Acquamare e Porto di Imperia Spa. Non c’era nulla. Ne stati di avanzamento lavori, ne qualcosa di simile. Non c’era una contabilità. Era un rapporto one to one con Caltagirone. Lui chiedeva e noi facevamo. Caltagirone teneva le percentuali a occhio; diceva, qui si è fatto il 20%, paghiamo questo. Lavorava solo a opere private. Non si sono mai visti ne stati di avanzamento lavori ne documenti equipollenti. Le fatture dei materiali erano a carico delle ditte subappaltatrici. In cantiere non erano presenti, neanche Peschiera le aveva, così come stati di avanzamento lavori e contabilità. La contabilità se la teneva l’ingegnere”.
Colpa della “Sinistra”? Colpa della Procura?
Il progetto porto è fallito perché ancora oggi non si sa che fine abbiano fatto i soldi del mutuo (Acquamare ne ha restituito alle banche solo una minima parte) e i soldi dei titolari di posto barca.
Il progetto porto è fallito perché già nel 2009, 2010 e 2011, ben prima dello scandalo giudiziario (l’arresto di Bellavista Caltagirone, con blocco dei lavori, è avvenuto il 5 marzo 2012, ) le maestranze delle imprese operanti sul porto turistico di Imperia protestavano per i mancati pagamenti.
Il progetto porto è fallito perché la Porto di Imperia Spa non ha mai realizzato le opere pubbliche previste.
Il progetto porto è fallito perché il Comune non ha esercitato la propria funzione di controllo, lasciando il privato (Caltagirone) libero di gestire a proprio piacimento l’opera.
Il progetto porto è fallito perché sovradimensionato e insostenibile, tanto che nessun imprenditore contattato prima dell’arrivo di Caltagirone (è agli atti del processo che il Comune di Imperia tentò di contattare altri grossi gruppi imprenditoriali) accettò di costruire il porto di Imperia. L’unico ad accettare fu Caltagirone, ma solo alle sue condizioni. Niente gara d’appalto, finanziamento delle banche, niente contabilità, niente stati di avanzamento lavori, subappalti, ipoteca.
Il progetto porto è fallito perché la Porto di Imperia Spa non ha pagato, nei termini previsti, i canoni demaniali (è il Consiglio di Stato a dirlo, con sentenza definitiva).
“Risulta documentalmente comprovato che il Comune di Imperia, con note dell’8 novembre 2011, del 24 gennaio 2012, del 13 marzo 2012, dell’11 aprile 2013 e dell’8 maggio 2014 (prima della dichiarazione di fallimento disposta il 20 maggio 2014), nonché con nota del 22 agosto 2014, ha richiesto il pagamento dei canoni relativi alle annualità 2011 (euro 854.783,08), 2012 (euro 886.837,45) e 2014 (euro 904.989,87), oltre alla rispettiva imposta regionale.
Da quanto sopra emerge che l’inadempimento nel versamento delle due annualità di canone degli anni 2011 e 2012 si è realizzato interamente e definitivamente in data ampiamente anteriore alla presentazione dell’istanza di concordato preventivo con riserva (20 settembre 2012), dapprima con la scadenza del termine di pagamento […] e, in un secondo tempo e in ogni caso, con l’intimazione scritta ai sensi dell’art. 1219, comma 1, cod. civ.”.
Colpa della “Sinistra”? Colpa della Procura?
Al di là delle eventuali responsabilità penali o degli eventuali illeciti amministrativi, che non tocca certamente a noi stabilire, è certificato, nero su bianco, con sentenze definitive, che il progetto porto è stato gestito in modo fallimentare.
Inutile, oggi, dare la caccia ai colpevoli. E’ giusto guardare avanti, e non indietro. Ma il passato non può essere mistificato, la storia non può essere stravolta. Per ripartire serve un atto di coscienza. Gli errori ci sono stati, non dimentichiamoli e, soprattutto, non ripetiamoli. A futura memoria.