Lucio Sardi, esponente di Sinistra Italiana – Sinistra in Comune, interviene con una lunga nota stampa in merito alla discussione, in Consiglio Comunale, della delibera che dà il via libera al progetto di completamento dei lavori del Porto Turistico di Imperia.
Porto di Imperia: interviene Lucio Sardi
“Il dibattito del Consiglio comunale che ha approvato l’ultima pratica sul porto turistico, è stata l’occasione per mettere in atto una delle pratiche abituali dei gruppi di centro destra imperiesi, sia di maggioranza sia di pseudo opposizione, ovvero la “vendetta” contro la perfida sinistra che ha remato contro.
Una forma di rivalsa che potremmo definire “Revenge port” e che ricalca lo schema con cui nell’ottobre del 2010 in Calata Anselmi, durante una manifestazione a sostegno di Scajola raggiunto da avvisi di garanzia per le indagini sul porto, l’allora sindaco Strescino declamò pubblicamente, come una lista di proscrizione, i nomi e cognomi dei consiglieri comunali della sinistra colpevoli di aver votato contro il progetto di costruzione del porto affidato a Caltagirone, progetto finito poi come tutti sappiamo.
Un desiderio di rivalsa che andrebbe forse indagato nell’inconscio di una classe politica intimamente consapevole di essere stata l’unica responsabile dell’esito negativo di quelle scelte, ma che rifiuta di ammetterlo pubblicamente, aggrappandosi al capro espiatorio dell’opposizione di sinistra.
Una pratica infelice che non ha risparmiato nessuno, neanche la memoria dell’allora consigliere Pasquale Indulgenza, prematuramente scomparso, a cui, mascherato da riconoscimento, è stato riservato perfino l‘oltraggio di un suo presunto “ravvedimento” sulle critiche al progetto del porto espresse allora in consiglio comunale, definite passibili di denuncia, nonché la “cortesia” di inserirlo tra i fautori della cultura “vetero comunista”.
Ricordiamo al consigliere Ranise, portatore di cotanto “omaggio”, che la prima forma di rispetto per una figura così attenta alla cultura politica come era Indulgenza, è quella di non accostarla al termine denigratorio “vetero” che viene accostato alla ideologia comunista per qualificarla negativamente, come da definizione della Treccani a “impostazione ideologica e operativa ormai vecchia e superata, non più adeguata alla situazione moderna”.
Evidentemente il desiderio inconscio di vendetta/rivalsa ha fatto perdere misura e lucidità anche a un cattolico liberale come Ranise, che confidiamo possa avere modo di riflettere e di scusarsi per lo scivolone e ragionare su quanto possa essere stata invece “vetero”, ovvero vecchia ed inadeguata, la fallimentare idea di sviluppo speculativo della città portata avanti del centro destra imperiese, per la quale nel dibattito sulla pratica del porto è riemersa una nostalgia fuori luogo.
Nei numerosi interventi dei consiglieri della maggioranza e non-opposizione di centro destra si sono addirittura evocati scenari apocalittici post industriali, con immagini di cancellate arrugginite e altre fantasie catastrofiste qualora la città fosse stata governata dalla perfida sinistra. Ricordiamo che a scenari di questo genere, purtroppo reali, si è invece potuto assistere nel porto turistico di Imperia ma non solo, proprio grazie ai fallimenti di un’idea sbagliata di sviluppo e alle miopi scelte amministrative di chi ha governato la città che, invece di cercare scuse, dovrebbe ammettere i propri errori per non ripeterli.
Le opposizioni di sinistra negli anni hanno svolto la propria funzione democratica sollevando rilievi in merito alla tipologia del progetto del nuovo porto turistico (perché un porto turistico già c’era), sulla sua eccessiva dimensione che rischiava di trasformarlo in un enorme area di sosta di yacht, sugli eccessi di costruzioni residenziali, sulla modalità di affidamento ai privati per la costruzione e gestione e sulla sopravvalutazione degli effetti occupazionali del progetto, che alla prova dei fatti si sono rilevati più che fondati.
Il blocco dei lavori del porto non è stato frutto di ostruzionismo politico ma dell’operato del socio privato Acquamare che, come evidenziato nella sentenza che ha assolto solo dalle accuse penali Caltagirone, ha fatto finire i proventi dalla cessione dei posti barca ed i finanziamenti bancari per la costruzione del porto nella voragine finanziaria del suo gruppo, lasciando alla città un’opera incompiuta e mal realizzata.
Tutto questo è accaduto anche grazie alla pervicace ed impermeabile ad ogni critica, copertura politica dell’operazione del centro destra locale eterodiretto dall’allora potente ministro Scajola. Proprio grazie a questo atteggiamento si è arrivati sino al punto di non ritorno con il blocco dei lavori e il danno di immagine alla città che portò anche all’esplosione del contro destra locale nel momento in cui partì la gara allo scaricabarile sulle responsabilità di quel disastro.
Il maestro assoluto del “revenge” si è ovviamente rivelato il Sindaco Scajola, il quale da tempo adotta tale metodo per trarsi d’impaccio dai suoi inciampi politici, in particolare, ovviamente, dalle vicende che hanno riguardato la città.
Per vendicarsi dei torti subiti dalla perfida sinistra, Scajola nel suo intervento in Consiglio comunale è andato addirittura indietro nel tempo di quasi quarant’anni, all’epoca del suo primo mandato di sindaco quando, dopo aver prospettato un futuro turistico per la città, dovette, a suo dire, fronteggiare la furia della contestazione figlia della cultura sovietica che imperversava in città. Cultura che si manifestava per Scajola con la presenza simbolica di aree doganali dove erano addirittura depositati contenitori marchiati CCCP, ma che altro non erano che gli imballi dei traffici commerciali grazie ai quali per decenni hanno trovato lavoro centinaia di famiglie imperiesi.
Il sindaco, paladino della lotta contro il predominio della cultura sovietica in città e sempre pronto a sottolinearne la pericolosità, ha ritenuto altresì di citare un episodio storico in cui, probabilmente basandosi su informazioni riservate in suo possesso, agenti intimidatori di quel “contropotere comunista” si sarebbero addirittura resi responsabili del rogo di un piccolo maneggio proditoriamente aperto in un’area adiacente all’area portuale in cui perirono cinque cavalli, forse non ritenuti utili all’imminente arrivo dei cosacchi.
Peccato che, nonostante Scajola abbia “vinto” la sua battaglia ideologica contro chi, più che un’ideologia difendeva dall’estinzione un modello produttivo e le relative realtà che davano lavoro a tanti imperiesi, non sia stato in grado di favorire la nascita un modello di economia turistica che fornisse occasioni di lavoro e sviluppo almeno analoghe al precedente.
Negli anni della deindustrializzazione cittadina l’unica economia che ha avuto spazi, complicità e appoggi dalla politica locale è stata quella della speculazione edilizia, della quale l’operazione del mega porto turistico è stata l’ultima infausta rappresentazione.
Lo sviluppo turistico della città non è stato certo impedito dalle resistenze della sinistra politica, sociale o economica, bensì da una pseudo idea di sviluppo turistico che non poteva garantire lavoro e che ha impoverito Imperia portandola a caratterizzarsi con i fondamentali economici di una città depressa.
L’idea che far ripartire le opere di completamento del porto sia la soluzione per rilanciare l’economia cittadina è infatti l’ultima scusa messa in campo da Scajola per autoassolversi dalle sue ulteriori responsabilità.
In merito alla pratica consiliare con cui si è confermata la gestione pubblica del porto con la Go Imperia, è bene ricordare quali sono state le scelte che hanno portato a questa soluzione, che restituisce alla città quello che le giunte di centro destra avevano di fatto messo nelle mani dei privati.
Il ritorno delle opere portuali parzialmente realizzate nella disponibilità del demanio (il cosiddetto incameramento) è stato un percorso dai tempi lunghi, o sarebbe meglio dire Lunghi, per il merito che andrebbe riconosciuto all’allora dirigente al settore Demanio del Comune che (avendo contro il centro destra e Scajola) nel gennaio 2013 firmò l’atto di decadenza della concessione demaniale rilasciata alla Porto di Imperia spa. Senza quell’atto, che ha retto in tutti i gradi di giudizio ai ricorsi presentati dai soci privati della Porto di Imperia spa e che ancora oggi Scajola incredibilmente critica, la possibilità di completare il porto con una gestione pubblica non sarebbe possibile.
Quindi tutti i meriti che oggi Scajola si attribuisce per il possibile riavvio delle opere, si sono raggiunti nonostante il suo operato ed oggi si è adottata la gestione pubblica in house del porto quale “servizio pubblico locale” in un percorso che in precedenza Scajola non aveva pervicacemente voluto percorrere, mettendo il porto nelle mani di Caltagirone.
E’ paradossale che le decisioni prese ora da Scajola, in evidente contraddizione rispetto alle sue posizioni passate, siano utilizzate strumentalmente dall’attuale Amministrazione per giustificare un attacco politico a chi già anni fa queste scelte le aveva proposte e caldeggiate.
Invece di riconoscere i propri errori passati, scusarsi e ammettere di aver dovuto cambiare rotta sulle modalità di realizzazione del porto, il centro destra imperiese pensa bene di coltivare la sua vendetta con l’incredibile narrazione del “nemico cattivo” a cui addebitare colpe e cambi di opinioni e strategie che sono invece tutte proprie.
Quello che però non cambia di una virgola la vicenda del porto turistico è il velleitario approccio edilizio che ha portato a mantenere le volumetrie degli edifici residenziali previste, “compensandone” gli eccessi con la cessione di parte delle stesse per la residenzialità dei cosiddetti “corpi dello stato”. Non uno straccio di nuova progettualità è stata invece prevista per la cantieristica, unica possibile occasione per incrementare l’occupazione e contro la quale il sindaco si è invece impegnato in una polemica priva di senso.
Nel centro destra imperiese, o meglio nella testa di Scajola che continua a dominarlo, non si è aperto neanche uno spiraglio per raccogliere le critiche costruttive e le proposte della “perfida” sinistra ai tempi del lancio del progetto del mega porto. Tra tutte ricordiamo il fatto che le annunciate ipotesi di nuova occupazione previste col mega approdo, erano del tutto velleitarie e che un porto di tale tipologia non era una infrastruttura su poter cui basare lo sviluppo turistico della città, bensì uno strumento atto principalmente a soddisfare appetiti speculativi, come oggi è possibile a tutti verificare.
Dal momento che alla prova dei fatti quelle critiche si sono rivelate tutt’altro che infondate, sarebbe stato un atto politico apprezzabile e utile alla città, da parte dell’attuale Amministrazione, riconoscerne la bontà e la valenza costruttiva, speranza evidentemente vana”.