“Se fossi venuta nel Regno Unito con la Brexit, non avrei mai potuto fare tutto quello che ho fatto, e non sarei mai arrivata dove sono ora. Non sarei potuta venire senza niente in mano solo per imparare l’inglese ed iniziando a lavorare in una yogurteria. Sicuramente non avrei potuto fare l’università, non avrei mai avuto accesso a benefici che qualsiasi europeo che venga ora non avrà; non avrei mai potuto avanzare professionalmente ed ottenere promozioni perché non avrei avuto l’opportunità di cominciare da zero. Semplicemente, non sarei potuta venire“.
Queste le riflessioni di Francesca Pinto, 29enne imperiese che da oltre 10 anni vive a Londra, dove lo scorso anno si è laureata in Traduzione all’Università di Roehampton.
Proprio pochi giorni fa, Francesca ha ottenuto la tanto agognata cittadinanza, diventando quindi a tutti gli effetti cittadina del Regno Unito, con i diritti e doveri che questo comporta.
Vista l’esperienza di Francesca, ImperiaPost ha deciso di contattarla per avere il suo punto di vista sulla Brexit. Come sappiamo, infatti, dal 31 gennaio 2020 il Regno Unito non fa più parte dell’Unione Europea. Da quel giorno, è iniziata una fase di transizione per introdurre tutte le misure necessarie e negoziare un accordo con l’Unione, che si è conclusa il 31 dicembre 2020.
Londra, come in generale tutto lo UK, potrebbe dunque non rappresentare più la meta agognata da tante generazioni di stranieri, di cui moltissimi italiani, dove provare costruire un futuro migliore, spesso partendo da zero.
Ecco cosa ne pensa Francesca Pinto.
Regno Unito: la “Brexit” vista dall’imperiese Francesca Pinto
Cosa fai al momento e dove vivi?
“Vivo nel sud ovest di Londra, a Norbury. È una zona tranquilla, ma come del resto tutta Londra ora che siamo in lockdown. Lavoro per un’azienda inglese che vende articoli per la casa. Mi occupo di mantenere i rapporti con le imprese in tutta l’Inghilterra a cui forniamo i prodotti, offrendo assistenza pre e post vendita su ordini, consegne, eccetera. A volte mi occupo anche del mercato italiano e spagnolo in assenza del responsabile”.
Da quanto sei all’estero?
“Sono partita a novembre del 2010, quindi poco più di 10 anni”.
Quando e come ha influito o influirà la Brexit nella tua quotidianità sia dal punto di vista personale e professionale?
“Dal punto di vista quotidiano o personale non credo che influisca molto poiché vivo in Inghilterra già da molto tempo. Credevo di vedere degli aumenti di prezzo nei prodotti basici del supermercato come frutta e verdura, ma poiché il Regno Unito ha raggiunto un accordo con l’Unione Europea, non è successo.
Immagino ci saranno code più lunghe agli aeroporti per rientrare quando volerò all’estero, ma ancora non l’ho potuto verificare poiché, per via del Coronavirus, è da dicembre dell’anno scorso che non viaggio.
Per quanto riguarda internet, dovrò pagare il Roaming a meno che i fornitori telefonici decidano diversamente per mantenere i propri clienti. Tuttavia siamo fuori dell’Unione da solo una settimana quindi credo che sia ancora troppo presto per vederne gli effetti.
Nonostante alcune persone si sentano meno benvenute, non sento che questo applica nel mio caso, per ora non noto particolari cambiamenti nella mia vita”.
Come hai vissuto il dibattito nel paese e il periodo del voto al referendum?
“Sicuramente il giorno del referendum ero scioccata, e il 31 dicembre triste. Non vorrei diventasse troppo complicato tornare a casa o ritrovarmi in un paese che è sempre stato bene economicamente e all’improvviso affronta una crisi economica non solo per il coronavirus ma anche per la Brexit.
Gli stessi britannici hanno sentimenti diversi per la Brexit, conosco persone che sono amareggiate per l’uscita perche sanno di perdere vari benefici che hanno avuto fino ad ora, e ci sono altre persone che sono felicissime ma non sanno spiegarne il perché, solo sono contenti di essere indipendenti, come se fino ad ora qualcuno gli avesse dettato come vivere la propria vita”.
Dopo tanto impegno hai finalmente ottenuto la cittadinanza. Come funziona? Sei soddisfatta?
“Sono felicissima! Per quanto riguarda il processo per ottenerla, prima di tutto devi aver vissuto qui almeno 5 anni, con varie limitazioni riguardo al tempo che sei stato fuori dal paese. Inoltre, devi provare il livello di inglese facendo un esame di lingua apposito o, sei hai studiato qui, puoi usare la laurea come prova. Bisogna poi fare un esame di cultura generale, e una volta che hai raggiunto questi requisiti puoi presentare la richiesta.
Ci possono volere da 3 a 6 mesi per ricevere una risposta, io ho inviato la richiesta a settembre e ho avuto la risposta pochi giorni fa. Quando ho ricevuto la lettera, ero talmente emozionata che l’ho fatta aprire al mio ragazzo. Una volta visto che l’avevano accettata, sono impazzita di gioia”.
Cosa cambia ora per te?
“Ad oggi non mi cambia molto perché con il permesso che avevo ero coperta. Ma per me è un’assicurazione per il futuro, non si sa mai cosa può succedere, specialmente se volessimo andarcene per un periodo e poi tornare.
Prima, con il permesso che avevo, potevo rimanere fuori solo per un periodo limitato di tempo.
Inoltre, d’ora in poi, posso votare”.
Tu sei nel Regno Unito da prima della Brexit, questo ti ha facilitato le cose?
“Direi di sì. Se fossi venuta nel Regno Unito con la Brexit, non avrei mai potuto fare tutto quello che ho fatto, e non sarei mai arrivata dove sono ora. Non sarei potuta venire senza niente in mano solo per imparare l’inglese ed iniziando a lavorare in una yogurteria. Sicuramente non avrei potuto fare l’università, non avrei mai avuto accesso a benefici che qualsiasi europeo che venga ora non avrà, non avrei mai potuto avanzare professionalmente ed ottere promozioni perché non avrei avuto l’opportunità di cominciare da zero. Semplicemente, non sarei potuta venire”.
Cosa consiglieresti a una persona che ora dall’Italia vorrebbe spostarsi nel Regno Unito per lavorare?
“Sinceramente non so esattamente quali siano i requisiti ora, ma da quello che ho capito devi ottenere un visto ed un lavoro qualificato con uno stipendio minimo di 28.000€, a meno che non sia un lavoro altamente richiesto (come infermieri) nel qual caso uno stipendio più basso è accettato. Quindi dico che a meno che non si venga qui con delle qualifiche che permettano di ottenere tale lavoro, è meglio guardare altrove”.
Com’è la situazione dal punto di vista dell’emergenza Covid?
“Critica. Il numero di contagi non si ferma e i morti aumentano tutti i giorni. Personalmente, è da marzo che lavoro da casa. Non mi ricordo l’ultima volta che ho passato una giornata normale da quel momento”.