“La peste e il Covid-19 non sono infezioni equiparabili. Le due epidemie hanno ovviamente cause differenti, come anche diagnosi e percorsi di cura”. Lo afferma l’infettivologo genovese Matteo Bassetti, direttore del Reparto Malattie Infettiva dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, nell’ambito di un’analisi dei fattori che distinguono Covid 19 e peste.
Coronavirus e peste: l’analisi di Matteo Bassetti
“Peste e COVID-19: si assomigliano?
La costruzione di un vaccino efficace e sicuro contro un patogeno è sempre una vittoria scientifica. Come lo è la creazione, in piena emergenza, di nuovi protocolli di cura per una malattia per vari aspetti sconosciuta.
Nella guerra al SARS-CoV-2 si può dire che la scienza abbia vinto, che la ricerca e la medicina abbiano contribuito ad aprire quegli spiragli, ogni giorno più ampi, che ci stanno consentendo di sconfiggere il Covid-19.
Sarà la campagna vaccinale (che deve essere favorita il più possibile, spiegando chiaramente alla popolazione che il vaccino, nel suo rapporto fra rischi e benefici, è sicuro) a dare la spinta definitiva al raggiungimento di quella immunità di gregge necessaria a metterci al riparo da nuove recrudescenze della malattia.
Al di là della vittoria della scienza, però, ci sono ancora numerose questioni ‘aperte’.
La pandemia da Covid-19 si lascia dietro, oltre la sua scia di morte, uno strascico di domande senza risposta. E di interrogativi insoluti.
La peste e il Covid-19 non sono infezioni equiparabili. Le due epidemie hanno ovviamente cause differenti, come anche diagnosi e percorsi di cura.
Ma un fattore su tutti le distingue: sia la peste, come altre importanti infezioni sia il Covid-19 hanno sì un alto indice di contagiosità ma, per contro, hanno indici di letalità assai diversi. Quando non trattate queste infezioni registrano esiti fatali per circa l’85% (ebola) e il 50% (tetano e peste) dei pazienti, a fronte di uno 0,5-2% del nuovo coronavirus. Il secondo motivo si riferisce al fatto che sviluppandosi in modo difforme e portando a conseguenze diverse, i due morbi non possono essere comparati se non dal punto di vista degli ‘effetti storici’, ovvero delle ricadute che hanno sugli individui, sull’economia e sulla società.
Nella lettura degli accadimenti storici della peste appaiono, in sequenza, una malattia invincibile, norme sanitarie confuse e inefficaci, rigidi e talvolta inutili lockdown e infine nefaste conseguenze per l’economia e la società. Ovvero, in buona sostanza, ciò che si è ripetuto, in Italia, circa 450 anni dopo.
Sarà la Storia a giudicare sull’efficacia o meno delle misure che sono state adottate per combattere il coronavirus. Eppure penso che sia stato controproducente presentare il Covid-19 come un nemico terribile e invincibile, quando piuttosto si sarebbe potuto far leva sulla responsabilità individuale e sulla capacità di ognuno di tenerlo a bada seguendo poche, ma chiare ed efficaci regole di prevenzione e di comportamento.
L’atteggiamento confuso e talvolta contraddittorio mostrato da alcune autorità politiche e sanitarie, insieme a un martellante terrorismo mediatico, ha invece ottenuto il risultato opposto: impaurire la popolazione. Qualche dubbio lo avanzo pure sull’efficacia delle serrate senza differenziazione regionale che sono state imposte in primavera e poi di nuovo nel periodo natalizio. Il divieto fatto alle persone di uscire di casa può essere stato utile a decongestionare le strutture ospedaliere ma non a fermare il contagio: abbiamo visto infatti (come già ai tempi della peste del 1576) che la malattia ha continuato a diffondersi all’interno dei nuclei familiari.
Durante la pestilenza ‘di san Carlo’ le misure adottate dagli ufficiali sanitari e dai governanti dell’epoca si rivelarono non solo disumane ma pure, in buona parte, sbagliate. La consapevolezza di questi errori è però giunta molto tempo dopo, solo quando si è davvero iniziata a conoscere l’eziologia della peste. Sono ancora tante le cose che dobbiamo apprendere sul Covid-19 e sul perché il ‘sistema Italia’ sia andato in tilt. Credo sia un atto doveroso nei confronti sia di chi non c’è più, sia dei tanti medici e infermieri che hanno ‘combattuto’ in prima linea, sia di tutti coloro che, ognuno per il proprio, hanno fatto la loro parte, piccola o grande che sia.
Dobbiamo fare tesoro dell’esperienza del Covid-19, perché le infezioni vanno guardate con molta attenzione. Non hanno un solo volto e non dobbiamo farci ingannare. C’è un motivo se si parla della nostra epoca come dell’«epoca dei microbi». Cosa potrà succedere ora? Quali le cause e i maggiori problemi che si prospettano?
Mi piacerebbe poter scrivere che, archiviata la pandemia da Covid-19, non sorgeranno altri simili problemi e potremo vivere tranquilli e spensierati. Il SARS-CoV-2 non è l’unica realtà infettiva presente al mondo, e neppure la più pericolosa, nonostante abbia rubato la scena a tutte le altre. Mi piacerebbe davvero. Ma purtroppo non c’è nulla di più distante dalla realtà”.