Alberto Cosentino, onegliese “doc”, negli ultimi 4 anni ha dedicato molto del suo tempo a realizzare un’Oneglia in miniatura. Un vero capolavoro che, in ogni dettaglio, fa trasparire il suo l’amore per il modellismo e lo stretto legame con la sua città.
Cosentino, falegname in pensione, 88 anni il prossimo luglio, racconta che “è nato con lo scalpellino in mano”. Fin da piccolo si è dedicato al modellismo, passando dagli aerei alle navi, vincendo anche due medaglie di bronzo al concorso nazionale di modellismo del 2000.
Con un’incredibile accortezza nei particolari, dagli scogli del lungomare alle decorazioni della Chiesa di San Giovanni, Cosentino ha ricostruito minuziosamente l’Oneglia pre-seconda guerra mondiale, attraverso uno studio approfondito di libri e planimetrie dell’epoca, mostrando tutti i cambiamenti che il borgo ha subito nel tempo, scoprendo anche molte curiosità.
Un lavoro certosino che potrebbe diventare patrimonio per tutta la città e di tutti gli imperiesi. Cosentino, infatti, ha rivelato a ImperiaPost che il suo desiderio sarebbe quello di donarlo al Museo Navale di Imperia.
Imperia, la storia di Alberto Cosentino: “Ecco la mia Oneglia in miniatura”
Ecco il servizio sul modellino di Oneglia:
L’intervista:
Quando ha iniziato la sua opera? Cosa rappresenta esattamente?
“Questo modello si riferisce a prima del 1945, quindi ci sono le navi di quei tempi, navi a vapore che funzionavano a carbone. Ho cominciato nel 2017 e sono andato avanti un pezzetto per volta.
Ho iniziato dalla Rabina, dove attualmente c’è il Circolo Tavola Vela, sono andato avanti lungo la ferrovia e la cosiddetta incompiuta, fino alla foce del Torrente Impero.
Cosa manca alla fine?
“Manca poco, piccole rifiniture, qualche pezzo fatto male da rifare – io voglio essere preciso nelle cose – se ci sono pezzi che non vanno bene li butto via e li rifaccio. Siamo in via di conclusione”.
Perché ha deciso di iniziare questa grande impresa?
“L’ho voluto fare perché ho abitato per 30 anni in Borgo Peri, nel palazzo del Governatore. Lì vicino c’era il cantiere di Terrizzano e il circolo di Andrea Doria, bombardato nella Seconda Guerra Mondiale.
Io abitavo lì e la passione per il modellismo, tramandata da mio zio, mi ha spinto a dire ‘voglio fare qualcosa che ricordi la mia gioventù'”.
Ci sono altri dettagli che ora non ci sono più?
“Sì, principalmente in piazza Goito, dietro la Chiesa di San Giovanni. Ho riprodotto un palazzo che faceva parte anticamente della chiesa, era un corpo unico. Attualmente c’è rimasto solo un palazzotto di fronte al bar Madamadorè. Da via San Carlo, per arrivare in piazza del mercato si passava sotto un passaggio con un arco. C’erano ancora i ruderi del terremoto dell’86, ancora abitati dov’era possibile.
Ai miei tempi c’erano ancora i velieri. Poi c’erano le grandi navi da trasporto che caricavano la pasta Agnesi, l’olio, e portavano i prodotti in tutto il mondo.
La strada che andava a Diano Marina era strettissima, passava appena un carro. C’era già la spiaggia del pennello. Dopo c’era una diga frangiflutti che proteggeva il muraglione della strada e della ferrovia.
C’erano poi i ruderi della torre cosiddetta saracena, vicino a dove ora c’è il Papeete. Con i detriti dei bombardamenti avvenuti a Imperia, in seguito, hanno riempito tutta l’area e sopra sono stati realizzati i giardini della Rabina e tutto il parcheggio”.
I dettagli sono tantissimi, c’è un grande studio dietro?
“Sì, ho dovuto documentarmi per forza. Li ho presi da vecchi libri storici dei nostri concittadini, Ramella specialmente. È tutto il più possibile fedele a quel tempo. Per quanto riguarda l’estensione, è fatta in scala 1:500, ma solo per quanto riguarda la planimetria. L’altezza ho dovuto farla a occhio, non avendo le misure esatte. La pianta della città l’ho presa dall’ufficio storico della città di Imperia”.
Che materiali ha usato?
“Tutto quello che è buono da lavorare, specialmente cassette della frutta. Essendo stato falegname ho ancora qualche strumento da lavorare bene il legno e la pratica. Per il resto cartone, carta pesta”.
Qual è stata la cosa più difficile da riprodurre?
“Sicuramente le chiese, come la chiesa di San Giovanni, che ha tante minuterie, sculture, dettagli”.
Ora che ha praticamente terminato il suo lavoro, qual è il suo desiderio?
“Io l’ho realizzato con l’intenzione di metterlo al Museo Navale. Ne ho parlato con il Comandante Serafini, ma chi decide poi è il Comune. Se è ben accetto io sarei ben contento di farne donazione alla città”.
Ha tutto nel suo laboratorio in casa?
“Sì, tutto quello che mi può servire è qui. L’attrezzo che uso di più? È sicuramente il bisturi. Poi ho scalpellini di diverse misure e macchinette elettriche che però uso poco perché preferisco fare le cose a mano, mi diverto di più”.
Quando ha iniziato ad appassionarti di modellismo?
“Sono nato con il cacciavite in mano. Il primo modellino? Non saprei, ho sempre giocato con coltello, pinze, scalpellini. Avrò avuto 10 anni o anche meno. La passione per il modellismo viene da mio zio.
Ho iniziato con i modelli di aerei, ma cercando di farli volare cadevano e si rompevano. Così sono passato alle navi.
Il primo modello l’ho presentato nel 1949 alla mostra dello Sport Club Borgo Peri.
Altri due modelli li avevo portati al concorso nazionale di modellismo del 2000, vincendo le medaglie di bronzo e l’ammissione al concorso europeo”.
Altre opere di Alberto Cosentino:
Gaia Ammirati