“Dio benedica chi è, chi gode, gli incompresi, chi se ne frega. Dio benedica gli esseri umani”. Così Achille Lauro, alias Lauro De Marinis, il 30enne cantautore e produttore discografico romano, ha concluso ogni sua performance nel corso delle cinque serate della 71esima edizione del Festival di Sanremo.
Achille Lauro: sul palco di Sanremo celebra la libertà
Bisogna ammetterlo. L’annuncio, alcuni mesi fa, della presenza di Achille Lauro al Festival come ospite fisso ha generato inizialmente quel timore sofferto di assistere a un “ingabbiamento” di uno spirito libero che, dopo aver rotto gli schemi, viene “inglobato” nel sistema stesso.
E invece, non si sa come, Lauro è riuscito a rappresentare ancora una volta quella parte imprevedibile e fuori dal canonico (“Contro l’omologazione del ‘si è sempre fatto così‘) che, come la musica fa dalla storia dei tempi, contribuisce a trasformare gli usi e i costumi della società.
Dal glam rock al tributo a Mina, dalla statua greca alla figura della Libertà e Sid Vicious. Fino all’ultima serata di ieri, durante la quale si è presentato in abiti “borghesi”, ma, una volta sbottonata la camicia, ha mostrato le ferite sul petto, trafitto da una rosa, a causa dalle parole pungenti delle persone. Tra le voci che si sentono in sottofondo anche quelle di Matteo Salvini, leader della Lega, Maurizio Gasparri di Forza Italia, il conduttore radiofonico Red Ronnie e Valerio Staffelli, inviato di Striscia la notizia.
“Ho voluto portare dei messaggi che andassero oltre la semplice canzone – ha affermato Achille Lauro ieri – La musica è più di mero intrattenimento, ha cambiato la storia, ha cambiato usi e costumi, ha aiutato a superare dei momenti.
Qui a Sanremo ho voluto portare messaggi di libertà. Chiudendo con un ultimo messaggio rispetto a quanto le parole possono far male. Io sto imparando a farmele scivolare addosso ma per tanta gente non è così”.
Critiche che non sono mancante neppure quest’anno. Il vescovo di Ventimiglia Antonio Suetta ha giudicato il Festival “blasfemo” e, con ogni probabilità, le esibizioni di Lauro sono nel mirino.
Ecco, uno per uno, i quadri portati da Achille Lauro a Sanremo 2021
Glam Rock, prima serata
Sono il Glam rock.
Sono un volto coperto dal trucco.
La lacrima che lo rovina.
Il velo di mistero sulla vita.
Sono la solitudine nascosta in un costume da palcoscenico.
Sessualmente tutto.
Genericamente niente.
Esagerazione, teatralità, disinibizione.
Lusso e decadenza.
Peccato e peccatore,
Grazia e benedizione.
Un brano che diventa nudità.
Sono gli artisti che si spogliano,
E lasciano che chiunque
Possa spiare nelle loro camere da letto e in tutte le stanze della psiche.
Esistere è essere.
Essere è diritto di ognuno.
Dio benedica chi è.
Rock ‘N Roll, seconda serata
Sono il Rock ‘N Roll.
Trasgressione che entra nelle case di mezza America.
Esplicito invito a lasciarsi andare.
Una vecchia chiesa indignata per il credo dell’irriverenza.
Nuovo tempio notturno del giovane e del proibito.
È tempo di gioco.
Demonio, divinità,
Jukebox tappezzati di chiodi.
Unione rituale con gli altri
In un solo corpo danzante.
Carne che chiede carne.
Uragano nei desideri sessuali,
Scossa nel perbenismo familiare,
Promessa di piacere.
Il sacro vincolo del godimento.
Godere è un obbligo.
Dio benedica chi gode.
Pop, terza serata
Sono il Pop.
Presente, passato.
Tutti, Nessuno.
Universale, censurato.
Condannato ad una lettura disattenta,
Superficiale.
Imprigionato in una storia scritta da qualcun altro.
Una persona costruita sopra la tua persona.
Divento banale, mi riducono ad un’idea.
Antonomasia di quelli come me.
Rinchiudere una persona in un disegno.
Ma io ero molto di più.
Il pregiudizio è una prigione.
Il giudizio è la condanna.
Dio benedica gli incompresi.
Punk Rock, quarta serata
Sono il Punk Rock.
Icona della scorrettezza.
Purezza dell’anticonformismo.
Politicamente inadeguato.
Cultura giovanile.
San Francesco che si spoglia dai beni,
Elisabetta Tudor che muore per il popolo.
Giovanna D’Arco che va al rogo.
Prometeo che ruba il fuoco agli dèi.
Sono un bambino con la cresta,
Un uomo con le calze a rete,
Una donna che si lava dal perbenismo e si sporca di libertà.
Sono l’estetica del rifiuto,
Il rifiuto dell’appartenenza ad ogni ideologia.
Sono Morgana che tua madre disapprova.
Contro l’omologazione del “si è sempre fatto così”.
Sono Marilù.
Dio benedica chi se ne frega.
Esseri umani, quinta serata
È giunto il nostro momento.
La nostra stessa fine in questa strana fiaba.
La più grande storia raccontata mai.
Maschere dissimili recitano per il compimento della stessa grande opera.
Tragedia e commedia.
Essenza ed esistenza.
Intesa e incomprensione.
Elementi di un’orchestra troppo grande per essere compresa da comuni mortali.
È giunto il nostro momento.
Colpevoli, innocenti.
Attori, uditori.
Santi, peccatori.
Tutti insieme sulla stessa strada di stelle
Di fronte alle porte del Paradiso.
Tutti con la stessa carne debole.
La stessa rosa che ci trafigge il petto.
Insieme, inginocchiati davanti al sipario della vita.
E così sia.
Dio benedica Solo Noi
Esseri Umani.