Nuova udienza, questa mattina, del processo per la morte del sommozzatore Gianni Previato, avvenuta il 29 maggio del 2013 all’interno del porto turistico di Imperia a seguito di un tragico incidente a bordo di un gommone.
Imperia: processo morte sub Previato
In aula, davanti al giudice monocratico Antonio Romano, si è tenuto l’esame degli imputati, Massimiliano Tortorella (difeso dagli avvocato Davide La Monica e Giovanni Di Meo) e Marco Cuppari (difeso dall’avvocato Marco Bosio), accusati di omicidio colposo in qualità di amministratore e dipendente della Marittima Sub Service, società per la quale prestava appunto servizio Previato al momento del drammatico incidente.
Nel corso dell’esame dei due imputati, la difesa ha individuato quale principale causa dell’incidente l l’alta velocità a cui viaggiava il gommone condotto da Previato, 25 nodi, di molto superiore a quella consentita all’interno dei porti (3 nodi).
La ricostruzione
Previato, sub professionista, lavoratore della “Marittima Sub Service”, uscì con il gommone insieme a un collega per un intervento sull’imbarcazione ‘Dea Diana”, rimasta bloccata per una fune attorcigliata attorno all’elica.
Nel corso del
tragitto verso la
Dea Diana il
gommone andò a
schiantarsi contro un
moletto.
Previato cadde in
acqua, probabilmente dopo
l’impatto con il
molo, e venne
riportato a
riva dopo circa
mezzora di
frenetiche ricerche, condotte anche da uno degli imputati, Tortorella, che si gettò in acqua vestito, rischiando l’ipotermia dopo diverse immersioni in apnea. Il collega della vittima, Gergin Cviatkov, rimase gravemente ferito.
Le contestazioni
Gommone non a norma
In merito alla posizione della consolle di guida, secondo l’accusa spostata troppo a prua, Tortorella e Cuppari hanno spiegato di aver acquistato il gommone già con quelle caratteristiche. Entrambi hanno inoltre prodotto, tramite i legali, documentazione attestante il fatto che tali gommoni sono utilizzati dalle principali società che si occupano di diving e lavori marittimi. La posizione della consolle, più a prua, sarebbe necessaria, secondo quanto riportato dalla difesa, per bilanciare il peso del motore, a poppa, e dell’equipaggio.
Mancanza del giubbotto di salvataggio
Al momento dell’incidente Previato non indossava il giubbotto di salvataggio. Secondo la difesa all’epoca non era obbligatorio e lo divenne, con ordinanza della Capitaneria, proprio dopo il tragico incidente del Previato.
Calzature inadeguate
Altro elemento trattato nel corso dell’esame, le calzature indossate da Previato al momento dell’incidente, secondo l’accusa inadeguate. Avrebbero impedito alla vittima di nuotare in quanto troppo difficili da sfilare. Una tesi contestata dagli imputati e dai loro legali, secondo cui si tratterebbe di stivaletti antinfortunistica fatti apposta per essere sfilati con il tallone e utilizzabili sia in barca che nei cantieri. La difesa, inoltre, ha sottolineato come la vittima avesse già perso i sensi subito dopo l’impatto.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 31 maggio, quando il giudice dovrà esprimersi in merito alla richiesta di perizia sul posizionamento della consolle di guida avanzata dal Pm Lorenzo Fornace. La parte civile (la famiglia del Previato) è rappresentata dall’avvocato Antonio Iorfida di Torino.