Imperia – Il coordinamento dell’Unione Sindacale di Base Pubblico impiego di Imperia risponde al sindaco Carlo Capacci a seguito delle dichiarazioni del primo cittadino sulla mancata adesione dei dipendenti comunali allo sciopero nazionale indetto lo scorso 19 giugno.
“Perché i dipendenti comunali di Imperia – scrive il coordinamento dell’USB – non hanno aderito allo sciopero generale della Pubblica Amministrazione? Proviamo noi a dare qualche risposta, in luogo del sindaco Capacci. Naturalmente sono solo ipotesi, noi non ci permettiamo, per serietà, di interpretare le scelte individuali dei lavoratori, come ha invece fatto strumentalmente il Sindaco della nostra città.
I lavoratori del Comune di Imperia non hanno scioperato forse perchè non conoscono Unione Sindacale di Base : il nostro sindacato non è presente, nè con delegati, nè con iscritti, presso il Comune di Imperia. Dunque molti possono anche non aver nemmeno saputo che ci fosse lo sciopero, oppure non hanno capito quale fosse la partita in gioco e le motivazioni dello sciopero nella Pubblica Amministrazione contro la riforma, o per meglio dire la controriforma, di Renzi e Madia. Non sanno nemmeno che Usb protesta anche quando a guidare il Paese, oppure il proprio Comune, è una parte politica che, a parole, si dice vicina ai lavoratori, mentre nei fatti prosegue l’opera delle destre di smantellamento dei diritti del lavoro, sia privato che pubblico. Non sanno che c’è ancora chi cerca di difendere i diritti di tutti i lavoratori, anche quelli di chi lavora nelle Coop “di sinistra”, e lo fa, come può, perché è il suo mestiere, mentre le organizzazioni sindacali confederali arretrano colpevolmente ormai da decenni per motivazioni del tutto politiche e partitiche, preoccupandosi soltanto delle future carriere dentro il Parlamento italiano.
Non hanno scioperato forse perché ritengono di non essere coinvolti oggi nei processi di mobilità; tuttavia la chiusura degli uffici periferici dello Stato inevitabilmente ridimensionerà compiti e organici dei comuni non più capoluoghi di provincia come Imperia.
Non hanno forse scioperato perchè buona parte dei lavoratori è rassegnata, vive gravi difficoltà economiche anche a causa dei tagli allo stipendio, bloccato dal 2009, e al salario accessorio: c’è chi fa i conti col proprio portafoglio e pensa che protestare perdendo il proprio denaro sia un’ulteriore ingiustizia.
Forse non hanno scioperato perché il lavaggio del cervello operato da anni ormai sui mezzi di comunicazione, veicolato ad arte soprattutto tra i lavoratori dipendenti del settore privato e i piccoli commercianti, artigiani ed imprenditori, per dividere invece quello che potrebbe essere un fronte comune, addita il lavoratore pubblico, “fannullone”, come responsabile principale ed odiatissimo del disastro della crisi, invece di considerare i fiumi di fondi pubblici persi per la corruzione, le speculazioni e la grande evasione fiscale, centinaia di miliardi di euro che finiscono nelle tasche di corrotti e di imprese disoneste (come pare possa essere successo anche con lo scandalo del Porto di Imperia, per il quale la magistratura suppone vi sia stata la truffa ai danni dello Stato per quasi cento milioni di euro, soldi dei cittadini imperiesi, per fare un piccolissimo esempio…).
Forse non hanno capito, come il resto dei cittadini italiani, che da tempo si tagliano posti di lavoro nella pubblica Amministrazione per tagliare i servizi, privatizzarli ed aumentare, invece di diminuire, la spesa pubblica, come è sistematicamente successo per la sanità: grazie alla privatizzazioni, la spesa pubblica è stata incrementata e, visti gli scandali della sanità lombarda, pugliese, umbra, per citare i casi più recenti, si è visto come fosse ben oliato il meccanismo.
Per una specie di effetto di sindrome di Stoccolma, i dipendenti pubblici, sottopagati, ora minacciati di mobilità coatta, sempre più condizionati dal potere politico e privati della dignità del proprio lavoro, si guardano intorno con “responsabilità” e disperazione e pensano addirittura di essere privilegiati perchè non sono ancora diventati precari e morti di fame su una strada!!!
Noi invece crediamo che sia stato giusto scioperare e informiamo che lo sciopero in altre Amministrazioni pubbliche e luoghi di lavoro ad Imperia e nella nazione, ha avuto buoni esiti, consentendo anche di chiudere gli Uffici, soprattutto un esito notevole se si considera la scarsa informazione e le difficoltà prima descritte, un risultato che dovrebbe far riflettere il governo e il Ministro della Pubblica Amministrazione.
Soprattutto però difendiamo il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici, pubblici e privati, a scioperare e a manifestare, ma anche il diritto di non farlo, senza che alcuno si consenta di dare spiegazioni della loro autonoma scelta. Lottiamo perchè abbiano per sempre la possibilità di farlo, oggi non garantita a precari e disoccupati. Lottiamo perchè i lavoratori non incrocino le braccia e manifestino solo se va bene al “padrone” di turno, sia che si tratti di Uno Communications o di F.lli Carli (come è stato per esempio in occasione della manifestazione pubblica per l’Agnesi).
Lottiamo in conclusione anche per la democrazia sui posti di lavoro e nel nostro Paese.
Chiediamo ai lavoratori del Pubblico Impiego di alzare la testa, di rivendicare la dignità del lavoro dipendente, del pubblico come del privato, e di lottare per i propri diritti anche con lo sciopero. Stare in silenzio, rassegnati a ciò che è considerato inevitabile, consente ad altri di male interpretare le proprie scelte e ne sono evidenti le conseguenze”.