23 Novembre 2024 00:53

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23 Novembre 2024 00:53

Appello bis Martina Rossi: nuova udienza a Firenze. “Non si può perdere una figlia così, chiediamo giustizia”/Foto e Video

In breve: Secondo quanto filtra, la sentenza, prevista per oggi, 14 aprile, potrebbe slittare al 28.

“Gli unici criminalizzati siamo stati noi che abbiamo perde fede nella giustizia”. Così Bruno Rossi, questa mattina, davanti al Tribunale di Firenze, dove è in corso il processo d’appello bis per la morte della studentessa imperiese Martina Rossi, morta il 3 agosto 2011 a Palma de Maiorca, dopo essere caduta dal sesto piano dell’hotel Sant’Ana, dove alloggiava insieme ad alcune amiche.

Sul banco degli imputati due giovani aretini, Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, difesi dagli avvocati Stefano Buricchi e Tiberio Baroni. Sono accusati di tentata violenza sessuale e morte come conseguenza di altro reato (già prescritto).

Martina Rossi cadde dal balcone della camera dei due ragazzi toscani. Secondo l’accusa nel tentativo di fuggire a una violenza sessuale. Tesi rigettata dalla difesa, secondo cui si trattò invece di suicidio o di un tragico incidente.

Martina si trovava nella camera di Vanneschi e Albertoni perché quella dove alloggiava era occupata dalle amiche che avevano deciso di trascorrere la notte con due ragazzi, compagni di vacanza degli imputati (a loro volta a processo a Genova per favoreggiamento e false dichiarazioni al Pm).

Morte Martina Rossi: a Firenze via al processo d’appello bis

Si riparte, dopo l’udienza del 7 aprile, con la requisitoria del Pg, dalla richiesta di condanna a tre anni di carcere per Vanneschi e Albertoni per tentata violenza sessuale.

Secondo quanto filtra, la sentenza, prevista per oggi, 14 aprile, potrebbe slittare al 28. Entrambi gli imputati, infatti, sembrano intenzionati a ricorrere alle dichiarazioni spontanee. Per quel che riguarda, Albertoni sarebbe stata depositata una richiesta di interrogatorio che se accolta porterebbe a una riapertura del dibattimento.

L’appello bis arriva dopo tre gradi di giudizio. In primo grado, ad Arezzo, Vanneschi e Albertoni furono condannati a sei anni di carcere, in Appello, a Firenze, vennero assolti, in Cassazione, a Roma, l’assoluzione venne cancellata.

In atto una vera e propria corsa contro il tempo per evitare la prescrizione (scatta ad agosto) dell’ultimo reato rimasto ancora in piedi, tentata violenza sessuale. Morte come conseguenza di altro reato è infatti già prescritto.

Presenti anche oggi in aula i due imputati, oltre ai legali e ai genitori di Martina Rossi.

Appello Bis Martina Rossi: parla papà Bruno

“Martina era salita con i calzoni e poi non li aveva più. Martina aveva detto a questi ragazzi ‘sei un killer’, ‘mi state facendo del male’.

Non si può perdere una figlia. L’abbiamo aspettata 26 anni, era bella e brava. Ha fatto una gita, ha trovato sulla sua strada delle persone che non sono normali.

Il loro meccanismo e anche il loro intervento durante la gestione del processo, non è stato assolutamente chiaro”.

A Imperia c’è stata un’altra manifestazione, sentite il sostegno?

“Sì, lo so, la nostra vita è stata sempre tesa ad avere un rapporto con gli altri, per rendere il mondo un posto dove stare meglio.

Martina non ha avuto la fortuna di vivere a lungo, però le amicizie che aveva in piedi erano talmente grandi che a volte stupiscono.

Io per esempio non conosco le persone che hanno sottoscritto 100 mila firme, contro la prescrizione.

Questa non è giustizia, quando muore una persona non si può prescrivere, specialmente se ci sono delle responsabilità. Da una parte bisogna far del bene, ma dall’altra punire chi fa del male”.

Ieri le manifestanti a Imperia hanno detto ‘Ci aspettiamo un primo passo verso la giustizia’. Anche voi ve lo aspettate?

“In verità ne abbiamo avuti parecchi di passi. C’è stato il processo, il Giudice, la prima sentenza. Tutto il meccanismo ad un certo punto si è fermato.

Il Tribunale ha detto che non hanno fatto niente. Chiaramente la Cassazione ha demolito questa sentenza e siamo qui senza criminalizzare nessuno. Gli unici che sono stati criminalizzati siamo noi che abbiamo perso la fede. Ci si sente ancora presi in giro”.


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