22 Novembre 2024 07:09

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22 Novembre 2024 07:09

Imperia: mancato ritiro patente marito ex Procuratore. Imputati assolti, Pg ricorre in Cassazione. “Si riqualifichi reato”

In breve: Il ricorso si fonda sul riconoscimento della riqualificazione giuridica del reato, da abuso d'ufficio a rifiuto e omissione atti d'ufficio

Il Procuratore Generale Enrico Zucca ha presentato ricorso in Cassazione contro l’assoluzione, in Corte d’Appello, del Colonnello dei Carabinieri David Egidi (all’epoca dei fatti Comandante Carabinieri Imperia) e di Gianfranco Cabiddu (condannato a 1 anno per falso), nell’ambito del processo sul mancato ritiro della patente (per decurtazione punti) a Cabiddu, marito dell’allora Procuratore Capo di Imperia (Giuseppa Geremia).

Il mancato ritiro permise a Cabiddu di continuare a  guidare regolarmente per  diversi mesi, il tempo necessario, secondo l’accusa, sostenere l’esame di idoneità, dopo un’operazione alla cataratta, e procedere così alla revisione della patente.

Nell’inchiesta fu coinvolto anche l’allora comandante provinciale, Colonnello Luciano Zarbano. Dopo la condanna in primo grado, è stato assolto da tutte le accuse perché “il fatto non sussiste”. A riguardo, il Pg ne sostiene “l’estraneità“.

Imperia: mancato ritiro patente ex marito procuratore, Pg ricorre in Cassazione

Nel dettaglio, il ricorso si fonda sul riconoscimento della riqualificazione giuridica del reato, da abuso d’ufficio a rifiuto e omissione atti d’ufficio, già richiesta, e respinta, in sede di requisitoria in Corte d’Appello.

L’abuso d’ufficio

Egidi e Cabiddu sono stati assolti in Appello dall’accusa di abuso d’ufficio. Secondo i giudici la condotta dei due imputati sarebbe “illeggittima” e “censurabile sotto il profilo etico e professionale”, ma non sarebbe penalmente rilevante per “mancanza del carattere patrimoniale del vantaggio perseguito e assicurato.

Solo nel caso in cui Cabiddu avesse utilizzato la patente per lo svolgimento di un’attività di impresa si sarebbe potuto configurare un vantaggio patrimoniale. Nel caso in esame secondo la Corte d’Appello, il mantenimento del titolo guida avrebbe rappresentato una “comodità per il marito dell’ex Procuratore dato che “non risulta che il Cabiddu esercitasse professionalmente alcuna attività che richiedesse, per il suo svolgimento, il possesso della patente di guida”.

Rifiuto e omissione atti d’ufficio

I giudici della Corte d’Appello hanno respinto la richiesta di riqualificazione del reato, da abuso d’ufficio a rifiuto e omissione atti d’ufficio, ritenendo di “non poter inquadrare la condotta omissiva […] perché il tenore letterale della norma prevederebbe, quale elemento caratterizzante la condotta, un rifiuto indebito e, nel caso di specie, ci sarebbe invece un ‘comportamento meramente omissivo e dilatorio, volto a procrastinare gli effetti dell’atto che si sarebbe dovuto notificare tempestivamente’.

Il Procuratore Zucca, con il ricorso in Cassazione, chiede l’annullamento della sentenza di assoluzione con rinvio, per l’istruzione di un processo d’appello bis. Secondo il Magistrato il reato di rifiuto e omissione atti d’ufficio, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, si configurerebbe. 

“Il termine rifiuto si attaglia – si legge le ricorso – non solo a una situazione in cui si configura come risposta o reazione a una domanda, ma anche a una deliberata e consapevole inazione a fronte di un dovere che per la sua cogenza e urgenza spinge o dovrebbe spingere al compimento dell’atto. Ciò senza forzature del tenore letterale testuale, giacché anche nel linguaggio comune rifiutarsi significa anche consapevolmente ignorare, come nell’espressione rifiutarsi di comprendere, di prendere atto.
[…] Nel caso in esame la notifica della sospensione della patente di guida a tempo indeterminato e il conseguente doveroso inserimento del provvedimento nella banca dati S.D.I., quando non considerabili attinenti a ragioni di giustizia […] possono essere considerati atti da compiere per motivi di ordine pubblico e sicurezza pubblica […] L’originaria contestazione del reato di cui all’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio, ndr) indica la contrarietà con norme di legge della condotta tenuta dall’imputato Egidi quale p.u. e, quindi, la diversa qualificazione giuridica del fatto ex art. 328 c.p. ove è previsto che il rifiuto debba essere ‘indebito’ non reca alcun elemento nuovo o estraneo alla contestazione sul punto già oggetto del pieno contraddittorio”.

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