Il Procuratore Generale Enrico Zucca ha presentato ricorso in Cassazione contro l’assoluzione, in Corte d’Appello, del Colonnello dei Carabinieri David Egidi (all’epoca dei fatti Comandante Carabinieri Imperia) e di Gianfranco Cabiddu (condannato a 1 anno per falso), nell’ambito del processo sul mancato ritiro della patente (per decurtazione punti) a Cabiddu, marito dell’allora Procuratore Capo di Imperia (Giuseppa Geremia).
Il mancato ritiro permise a Cabiddu di continuare a guidare regolarmente per diversi mesi, il tempo necessario, secondo l’accusa, a sostenere l’esame di idoneità, dopo un’operazione alla cataratta, e procedere così alla revisione della patente.
Nell’inchiesta fu coinvolto anche l’allora comandante provinciale, Colonnello Luciano Zarbano. Dopo la condanna in primo grado, è stato assolto da tutte le accuse perché “il fatto non sussiste”. A riguardo, il Pg ne sostiene “l’estraneità“.
Imperia: mancato ritiro patente ex marito procuratore, Pg ricorre in Cassazione
Nel dettaglio, il ricorso si fonda sul riconoscimento della riqualificazione giuridica del reato, da abuso d’ufficio a rifiuto e omissione atti d’ufficio, già richiesta, e respinta, in sede di requisitoria in Corte d’Appello.
L’abuso d’ufficio
Egidi e Cabiddu sono stati assolti in Appello dall’accusa di abuso d’ufficio. Secondo i giudici la condotta dei due imputati sarebbe “illeggittima” e “censurabile sotto il profilo etico e professionale”, ma non sarebbe penalmente rilevante per “mancanza del carattere patrimoniale del vantaggio perseguito e assicurato“.
Solo nel caso in cui Cabiddu avesse utilizzato la patente per lo svolgimento di un’attività di impresa si sarebbe potuto configurare un vantaggio patrimoniale. Nel caso in esame secondo la Corte d’Appello, il mantenimento del titolo guida avrebbe rappresentato una “comodità“ per il marito dell’ex Procuratore dato che “non risulta che il Cabiddu esercitasse professionalmente alcuna attività che richiedesse, per il suo svolgimento, il possesso della patente di guida”.
Rifiuto e omissione atti d’ufficio
I giudici della Corte d’Appello hanno respinto la richiesta di riqualificazione del reato, da abuso d’ufficio a rifiuto e omissione atti d’ufficio, ritenendo di “non poter inquadrare la condotta omissiva […] perché il tenore letterale della norma prevederebbe, quale elemento caratterizzante la condotta, un rifiuto indebito e, nel caso di specie, ci sarebbe invece un ‘comportamento meramente omissivo e dilatorio, volto a procrastinare gli effetti dell’atto che si sarebbe dovuto notificare tempestivamente’.
Il Procuratore Zucca, con il ricorso in Cassazione, chiede l’annullamento della sentenza di assoluzione con rinvio, per l’istruzione di un processo d’appello bis. Secondo il Magistrato il reato di rifiuto e omissione atti d’ufficio, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, si configurerebbe.