Il progetto dell’Ospedale Unico è ancora un oggetto misterioso. Ieri, 6 maggio, abbiamo incontrato i proprietari delle aziende e dei terreni che, entro pochi anni, saranno oggetto degli espropri necessari per liberare l’area dove sorgerà il nosocomio. Si tocca con mano il clima di incertezza, quasi di incredulità, per un progetto che sembrava una chimera e che, improvvisamente, appare come una realtà.
Molti di coloro che abbiamo incontrato non erano a conoscenza del fatto che entro il prossimo 15 luglio, come annunciato dal Sindaco Mario Conio, l’amministrazione comunale di Taggia provvederà all’approvazione della modifica del piano regolatore, dando di fatto il via ufficiale all’iter per la realizzazione dell’Ospedale. Dopodiché l’area passerà all’Asl che avvierà le pratiche degli espropri.
Nell’area ci sono sì terreni abbandonati, ma anche tante serre e campagne. C’è di ci lavora da una vita, come il signor Lanteri, e guarda all’Ospedale come un’opportunità per i figli e i nipoti, non senza un velo di malinconia per un passato fatto di sacrifici e amore per la propria terra.
Ma c’è anche chi ha appena investito, con entusiasmo e passione, nel mercato dei fiori e delle piante, come Luca, e chi, come Giancarlo, lavora come dipendente. Guardano al futuro con preoccupazione, perché di lavoro non ce n’è e ricominciare da capo è un lusso che, nel mondo di oggi, non sempre ci si può permettere.
Nel servizio mancano i volti di chi non se l’è sentita di esporsi, non ancora, ma ci ha chiesto di far sentire la propria voce. Perché ci sono aziende agricole e imprese che hanno aperto da pochi mesi, investendo tutto, soldi e speranze, proprio in quell’area che, tra pochi anni, tre-quattro secondo il Sindaco Conio, sarà la sede dell’Ospedale Unico. “Cosa ne sarà di noi?“. Una domanda che giriamo alle istituzioni, nella speranza che nessuno resti indietro, ma si avanzi tutti, insieme, verso un futuro migliore.
Ospedale Unico, Taggia: espropri. Viaggio tra i proprietari di aziende e terreni
Lanteri
Nessuno dice niente che espropriano i terreni?
“Cosa vuole che dicano. Se gli espropriano non ci puoi fare niente. Uno si deve adeguare. Basta che li paghino.
Più di 30 anni fa per quest’area ho dato 30 milioni.
Adesso come coltivazione vale il tempo di raccoglierla. La campagna, se la prendono, hai tutto di guadagnato ai giorni d’oggi. Non ci si guadagna niente”.
Le dispiacerebbe perderlo?
“Dispiace. Però se devono fare un’opera per tutti è importante”.
Luca
“A me dispiace, ormai ci sono affezionato. Tanto lavoro che fai in quel fondo di terra dei genitori.
Ci sono delle motivazioni che sono valide, però una che lavora e si nutre di questo, deve pensare anche a cosa fare dopo. E’ tutta la tua vita.
La campagna la abbiamo da pochi anni, c’è un investimento di materiale, di piante, ci vogliono parecchi anni per rientrare nelle spese e avere i guadagni.
Non è facile ripartire da un’altra parte, come un ufficio. Puoi ricominciare, però è difficile. Esportiamo fogliame. Bisogna ricominciare da capo”.
Giancarlo
“Alla fine dopo tante parole…Che facciano quello che devono fare. Lavoro in questo settore da tutta una vita.
Ci sono tanti terreni. Sono anche serre attrezzate, strutture. È una cosa abbastanza impegnativa.
La struttura non è che la sposti cosi facilmente. Dove la sposti poi?
In questo momento ripartire è quasi impossibile, viste le condizioni economiche, sociali. Di giovani in questo settore non ce ne sono.
Alla fine si va un po’ a perdere quella che è stata un po’ la struttura della provincia. È stata la nostra storia.
Per coltivare il 2021-22 gli ordini sono già stati fatti. Va bene tutto, ma non posso ordinare 50 mila piante e poi non so dove piantarle. Mi informerò bene”.