Gospel e urban, provincia e grandi città, musica e moda. Sono tante le anime e le sfaccettature di Anna, in arte Anice, che confluiscono nelle sue canzoni.
Anna, 25enne imperiese, ha salutato Imperia dopo il liceo per scoprire gli Stati Uniti e poi andare a studiare Moda a Milano, ma nel cuore ha sempre avuto la musica. Complice il lockdown, che le ha dato il tempo di dedicarsi di più alla sua grande passione, Anna ha deciso di lanciarsi, esordendo con il singolo “Mina” seguito da “Carillon”, dando vita a un progetto musicale che serbava nel cassetto da molto tempo.
Dai suoi lavori traspare il suo amore per il gospel e l’hip-hop. Con la sua voce scura gioca con le parole e le rime in una combinazione di soul, RnB e urban-pop.
“Mina”, pubblicato per Polydor/Universal Music e prodotto da Iacopo Sinigaglia, in arte BRAIL, è il primo singolo. Il secondo, sempre prodotto da BRAIL, è “Carillon”, di cui è uscito un videoclip per la regia di Samuel Pescuma.
Ecco cosa ha raccontato Anice a ImperiaPost sui suoi primi due lavori.
Da Imperia a Milano: esordio di “Anice” nel mondo della musica
La musica è sempre stata la tua passione, qual è stato il momento in cui hai deciso di farla diventare anche il tuo lavoro?
“È stato durante il lockdown del 2020. Prima, a dir la verità, ci avevo un po’ rinunciato, mi ero concentrata sul ‘piano b’. Ho studiato Moda a Milano e dopo la laurea ho iniziato a lavorare in quel settore. Ho sempre avuto le mie canzoni nel computer e nel tempo libero tornavo sempre lì.
Quando è scoppiata la pandemia mi sono trovata a casa con tanto tempo libero e quindi la possibilità di lavorare a distanza con Jacopo, il mio produttore. Quando abbiamo terminato le demo è stato lui a dirmi ‘possiamo farcela’. All’inizio volevo fare l’autrice non ero sicura di espormi. Dopo alcune riunioni con le etichette è arrivata la proposta di Polydor Universal. Ci speravo, ma finchè non ho visto il contratto non ci credevo”.
Come ha influito il tuo essere “di provincia” nella creazione delle canzoni?
“Durante l’adolescenza ho patito il vivere in provincia. Sentivo il bisogno di andar via, scalciavo. All’inizio pensavo di andare all’estero, sono stata negli Stati Uniti, poi ho optato di studiare moda a Milano. Solo quando sono andata via ho iniziato a rivalutare Imperia.
In ‘Mina’ parlo di situazioni passate, vado a scavare nella memoria, nelle sensazioni che ho provato nelle ultimi anni a Imperia. La rabbia e la frustrazione di voler far musica e scontarsi con i limiti della provincia. Questi limiti a volte li usiamo come delle scuse. Infatti dico ‘serve il fiato se non sei Mina’. In realtà non serve essere Mina o dare la colpa a Imperia, bisogna crederci. Purtroppo è facile disilludersi, specialmente nel mondo della musica, un ambiente molto difficile.
Quando ho terminato il liceo non ho trovato subito il coraggio di buttarmi e ho preferito fare qualcosa di più ‘safe’, studiando moda, coltivando quindi sempre la mia vena creativa.
La moda fa parte del mio percorso e delle mie competenze. Grazie ai miei studi e al lavoro che ho fatto a Milano oggi mi ritrovo con degli strumenti che posso mettere in pratica per il mio progetto musicale”.
Nel video di ‘Mina’ sei vicino a una donna che sembra il tuo alter-ego con qualche anno in più. Cosa vuole comunicare questa immagine?
“Ho scoperto Lorella Pozzi su Instagram. È una bravissima ceramista che si è lanciata anche nella carriera di modella. Ho visto le sue splendide foto su Vanity Fair e ho subito pensato che potesse comparire nel video per interpretare la versione di me invecchiata. Il regista ha poi suggerito di usare una pedana per raccontare uno sdoppiamento di personalità.
In ‘Mina’ racconto la paura e, allo stesso tempo, la voglia di fare musica. La versione invecchiata rappresenta il timore di non riuscire a proiettare nel futuro i propri sogni, le proprie ambizioni, e, se vogliamo essere ottimisti, la soddisfazione di riuscire a fare quello che si ama per sempre”.
Il tuo secondo singolo è “Carillon”, come nasce?
“Anche ‘Carillon’ nasce in provincia. Io sono da sempre fan del gospel, che ho scoperto guardando ‘Sister Act’. L’idea era di unire i mondi urban e gospel, nella musica e nel linguaggio. Mi sono immaginata una ninna nanna per una bambina che si confonde con le sirene delle ambulanze. A Imperia vivevo sotto l’autostrada e le sentivo sempre di notte. Per questo c’è un immaginario notturno”.
Un consiglio per i giovani che vorrebbero lanciarsi nel mondo della musica?
“La chiave è il coraggio. Parte tutto da dentro. È stato solo nel momento in cui ho deciso di farlo veramente che i risultati sono arrivati, e anche in poco tempo. Bisogna visualizzare il proprio desiderio, più è chiaro più diventa raggiungibile.
I miei genitori ancora oggi sono increduli. Io voglio dimostrare che si può vivere di musica”.
Quali sono i tuoi progetti futuri e i tuoi sogni?
“Stiamo lavorando a nuova musica sia a Roma dal mio produttore sia a Napoli per le sessioni con gli autori. Spero in un’uscita estiva. L’idea è pubblicare una prima raccolta per raccontare il mio progetto sotto diversi aspetti e sfumature.
In questo momento sogno un concerto in acustico. Trovo molto rassicurante suonare il pianoforte, è la mia dimensione. È così che nascono le mie canzoni. Allo stesso tempo desidererei anche mettere in scena una vera e propria performance con una coreografia e con i coristi, sicuramente gospel. Un sogno in grande? Esibirmi all’Arena di Verona o in generale nei teatri antichi, hanno una magia particolare.
Spero, chissà, un giorno di cantare anche a Imperia, magari organizzando un concerto sul mare”.